«Intendo rispondere e confermo la mia volontà di collaborare con la giustizia. Premetto che io ero un massone, maestro venerabile. La città di Vibo Valentia è l’epicentro della massoneria, sia di quella legale che di quella cosiddetta deviata».

Tra le decine di migliaia di atti assorbiti dalla maxinchiesta “Rinascita Scott”, i verbali che contengono le dichiarazioni rese da Cosimo Virgiglio sono certamente tra i più suggestivi. Il 25 novembre del 2016, a Roma, nel quartiere generale del Ros, viene interrogato da Giovanni Bombardieri e Camillo Falvo, in seguito designati al vertice delle Procure di Reggio Calabria e di Vibo Valentia ma allora magistrati in forza alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, impegnati nell’inchiesta che, tre anni dopo, sarebbe culminata con la retata che Nicola Gratteri definì come «la più grande operazione antimafia dopo quella che portò al maxiprocesso di Palermo», “Rinascita Scott” appunto.

La storia di Cosimo Virgiglio

Virgiglio arricchisce di dettagli inediti i racconti già resi alla magistratura requirente e poi confluiti nelle discovery dei procedimenti più importanti istruiti in Calabria nel nuovo millennio, da Maestro a Breakfast, fino a ‘Ndrangheta stragista. Nato a Rosarno, classe ’66, legato ai giganti dell’onorata società calabra che hanno cannibalizzato Gioia Tauro, il porto e il resto della Piana, l’ex venerabile pentito ha un profondo legame con il Vibonese, per due ragioni: di fatto crebbe in una delle roccaforti dei Mancuso, Nicotera, dove frequentò le scuole; e poi fu proprio a Vibo Valentia che la sua storia massonica ebbe un salto di qualità.

La sua affiliazione al Grande oriente d’Italia, e qui siamo nei ranghi della massoneria legale, avvenne tra il 1990 ed il 1993, a Messina, al termine degli studi universitari. Fu in quel periodo che entrò anche nel “Sacro Sepolcro”. «Sono stato sacrato in quel periodo, nel 1997-98 all’interno della Chiesa Sant’Anna del Vaticano – racconta ai pm Bombardieri e Falvo e ai carabinieri del Ros – mentre nel 2002 sono dovuto rientrare per forza nella massoneria riconosciuta, nella Gran Loggia dei Garibaldini d’Italia».

La loggia più «pulitissima di tutte»

Divenne maestro venerabile, quindi, e da qui ebbe un punto di osservazione privilegiato, dal quale acquisì quegli elementi che lo portano a riferire ai magistrati come «una delle logge più potenti a Vibo era la “Morelli”», mentre la sua, la «Gran loggia dei Garibaldini d’Italia è una delle più riconosciute e spendibili». E proprio sulla Gran loggia dei Garibaldini d’Italia, offre molti significativi dettagli. Gran Mestro («lo era, lo è e lo sarà», racconta Virgiglio) «il professor Giuseppe Francica». Insegnante di matematica e commercialista, «figlio di carabiniere e padre di un noto penalista», Francica viene descritto da Viriglio come una figura di elevato profilo morale, così come la sua loggia che «era la parte proprio pulitissima di tutta, e credo che ancora oggi lo sia… però è la più carismatica che esiste a livello nazionale». Godeva di un grande prestigio, questa loggia, perché «nel nostro tempio ci passò Giuseppe Garibaldi e ci lasciò proprio una bandiera intrisa di sangue dei garibaldini, il suo obolo, il “maglietto” e questa aveva una simbologia molto… era riconosciuta proprio dalla “Madre di Inghilterra”, in maniera insomma molto importante». 

 “Sussurrati all’orecchio” e “Sacrati sulla spada”

Premesso che i suoi ricordi si fermano al 2009, quando fu risucchiato in una delle inchieste giudiziarie che da Reggio colpirono al cuore i Piromalli-Molè, Cosimo Virgiglio spiega, quindi, la distinzione tra logge coperte e riconosciute: «Chi intendeva fare potere, si creava la famosa loggia coperta e cioè “Gli iniziati sulla spada” o “Sussurrati all’orecchio”». Non è un passaggio inedito, questo, ma è bene rammentarlo per contestualizzare meglio le successive dichiarazioni del collaboratore di giustizia: «Quelli “Sussurrati all’orecchio” erano personaggi che per la loro carica istituzionale non potevano entrare nella loggia, sia per la Legge Anselmi, sia per la tornata del 1993 che fu tenuta a Capo Verde…». Ad esempio, i magistrati, da allora non potevano più far parte della massoneria legale. Diversamente molti avrebbero fatto parte della massoneria coperta come “Sussurrati all’orecchio”.

I pm che lo interrogano sono molto interessati al profilo di Giancarlo Pittelli, importante penalista ed ex parlamentare della Repubblica, figura chiave dell’inchiesta “Rinascita Scott”, finito in carcere dallo scorso dicembre. Virgiglio racconta dell’appartenenza massonica di Pittelli ma elenca anche diverse personalità – magistrati, politici, imprenditori, esponenti delle forze dell’ordine – che avrebbero militato in logge borderline. Virgiglio, tra gli altri, pronunciava il nome di un «capitano» e di un «appuntato» della Guardia di finanza.

Altra categoria particolare, e qui siamo sempre nel campo delle logge coperte e, quindi, illegali, è quella dei “Sacrati sulla spada”, ovvero figure che «avevano avuto problemi con la giustizia o avevano avuto problemi con la vecchia Propaganda 2, di Licio (Gelli, nda)». 

 

Sistema di potere parallelo e occulto

Insomma, esiste, secondo Cosimo Virgiglio, un sistema di potere parallelo, coperto e, quindi, illegale, che proprio a Vibo Valentia, avrebbe il suo epicentro. Un sistema di potere che sin dal 1993 avrebbe inteso assorbire quanti più operatori della giustizia possibile: «Questo era un modo per veicolare e sistemare in appello o in Cassazione, il processo di primo grado… Questo era». Un apparato in grado, pertanto, di condizionare la giurisdizione, ma anche l’informazione, come quella volta che «che c’era il problema dei Bronzi di Riace, che li volevano portare negli Stati Uniti per un periodo». Secondo suo il racconto, a suo tempo l’ex governatore Chiaravalloti si sarebbe reso protagonista di uno scivolone legato al caso del trasferimento oltre oceano dei Bronzi e, pertanto, Virgiglio stesso fu interessato affinché contattasse l’editore di una importante agenzia di stampa e bloccasse la pubblicazione della notizia.

Il «figlioccio» vibonese di Ugolini

Questo sistema di potere, d’altro canto, avrebbe anche influito sulla gestione della cosa pubblica, in particolare nel corso delle elezioni. E i “Sacrati sulla spada” avrebbero giocato un ruolo chiave, secondo Cosimo Virgiglio. Tra questi vi sarebbe stato anche «Giovanni Mancuso», uno dei boss del casato di Limbadi e avrebbe fatto parte della «Gran Loggia di San Marino». Lo avrebbe conosciuto personalmente a Roma, dove si sarebbe recato assieme ad un suo «galoppino», nientemeno che un militare della Guardia di finanza la cui consorte avrebbe avuto – a dire del pentito – un pastificio. E lo stesso finanziere sarebbe stato addirittura «il figlioccio di Ugolini, il “capo supremo” di tutta la massoneria».

Vibo Valentia, elezioni 2002

A domanda del procuratore Falvo, poi, Cosimo Virgiglio – le cui memorie, lo ricordiamo, si fermano al 2009 ed i cui racconti, su diversi punti devono essere riscontrati – spiega come la massoneria si sarebbe mossa anche nelle tornate elettorali di Vibo città: «Ecco, non vorrei sbagliare il nome, era un ex magistrato, Costa, è possibile, che era nel Vibonese.  Tutte le logge diedero una mano all’epoca. O Costa o Tucci… Ah, ecco, Tucci era il maestro venerabile di Cosenza, sì».

Evidente il riferimento, siamo nel 2002, alla prima elezione come sindaco di Vibo Valentia di Elio Costa, che – per completezza e correttezza d’informazione – non è indagato nell’inchiesta “Rinascita Scott”, dalla quale è completamente estraneo, inoltre non esistono elementi che comprovano né la sua appartenenza o vicinanza ad ambienti massonici o controindicati.

«Ma si mossero facendo…», incalza il magistrato che lo interroga. «A spada tratta, dice “Muovetevi tutti, dobbiamo portare questo “fratello”, c’è stata una convention tra logge e quindi, come le ripeto, quando c’era quell’ordine, quella direttiva, ecco, tutti quanti ci si muoveva». E poi, un altro particolare: «Non ci si sceglieva sempre un solo candidato, cioè i voti non dovevano andare solo ad uno. A volte venivano divisi anche in parti opposte. Chi va ci rappresenta. Ma questo perché non dovevano essere concentrati su una sola persona».