Non solo tarantella nel cuore della Sila. Ma anche danze di felicità in riva allo Stretto. Se la governatrice Santelli balla infischiandosene delle norme anti Covid, il riconfermato sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, non è stato da meno, e per festeggiare la vittoria elettorale ha dato sfogo agli istinti ballerini mettendo in scena la più classica coreografia da notte di San Silvestro: il fantozziano trenino. Che in piena pandemia non mette a rischio solo l’amor proprio, ma anche la salute pubblica.

 

E anche il sindaco non aveva la mascherina calata sul volto, ennesimo affronto all’ordinanza regionale che, in teoria, vietava ogni assembramento e imponeva l’uso del dispositivo di protezione ovunque già 10 giorni prima dell’ultimo Dpcm Conte. Ma, a quanto pare, il potere se ne fotte. A destra e a sinistra le norme sono buone solo per il popolo bue. E anche Falcomatà, che durante il lockdown andava in giro con il suo ufficio stampa per rimproverare i cittadini sorpresi fuori l’uscio di casa, oggi non si fa scrupolo di festeggiare l’elezione insieme a decine di altre persone tutte prive di mascherina e allegramente incolonnate in un trenino a rischio deragliamento a causa di un ostacolo invisibile.

 

Il messaggio implicito che ha lanciato il primo cittadino di centrosinistra della città più popolosa ed evocativa della Calabria, non è diverso da quello che promanava dalla scatenata tarantella della governatrice di centrodestra: noi possiamo, voi no. Noi possiamo festeggiare, riunirci, ballare e cantare. Voi, cittadini, a casa, e se vi becchiamo in giro senza mascherina vi facciamo anche la multa (da 400 a 1000 euro). Così mentre i calabresi, come tutti gli altri italiani, sono costretti a rimandare matrimoni, compleanni e battesimi, la politica festeggia le elezioni vinte (con il voto dei cittadini) nel totale spregio delle regole che essa stessa impone.

 

Cosa ci sia da festeggiare, poi, questo è un altro discorso. Essere eletti dovrebbe togliere il sonno per la responsabilità che implica governare una città o una regione. La chiamata allo scranno più alto farebbe tremare le vene ai polsi di una persona normale, soprattutto in frangenti storici come quello attuale, così carichi di incognite e pericoli. Ma la baldoria post elettorale dei vincitori segue la stessa logica dei manifesti su cui si scrive “Grazie!”, che spuntano come funghi dopo ogni tornata elettorale. Ma grazie di che? Il voto non è un regalo: dovrebbe essere un affanno. Cominciate subito a pedalare invece di ballare, che oggi, mentre i contagi salgono in maniera esponenziale e gli ospedali tornano ad affollarsi, da festeggiare c’è davvero ben poco.