Il Comune di Vibo Valentia è stato condannato dal Tar Calabria per la vicenda che riguarda un bimbo autistico. La sentenza dei giudici riguarda l'inadempienza dell'ente sui Progetti di vita (interventi di supporto e cura). I dettagli sono contenuti in una nota stampa inviata dal papà del bambino nella quale si ripercorre l'intera vicenda.

La sentenza

«Con una sentenza storica destinata a fare giurisprudenza e a dirimere una questione comunque normativamente chiara da tempo, oggi la Prima sezione del Tar Calabria ha condannato il Comune di Vibo Valentia che, da oltre 2 anni e mezzo, è inadempiente nella predisposizione e realizzazione di un Progetto di Vita, (richiesto ai sensi dell'art. 14 della Legge nazionale 328/2000 e dell'art. 6 della Legge Regionale 23/2003), per un minore con disturbo dello spettro autistico».

La vicenda del piccolo Giovanni Paolo

«Si tratta – racconta Enrico Mignolo -  di nostro figlio, Giovanni Paolo, che oggi ha 10 anni e mezzo e del quale siamo orgogliosamente genitori. E siamo orgogliosi anche del suo autismo, che è una condizione esistenziale che necessita di un supporto per lo sviluppo e per la partecipazione vera, concreta e produttiva nella vita sociale del contesto della sua città. Il Tribunale Amministrativo, su ricorso proposto contro l'inadempienza e il silenzio del Comune di Vibo Valentia, ha rimarcato il comportamento censurabile dell'Ente che, per oltre 2 anni e mezzo, ha sistematicamente rinviato alle responsabilità esclusiva di altri enti (Regione, Scuole e Asp) ciò che invece è un suo, proprio obbligo di legge, tanto che per i giudici "non è dato rinvenire la sussistenza di elementi di sorta tali da inverare un errore scusabile che possa escludere la responsabilità dell’Amministrazione"».

Gli inadempimenti del Comune di Vibo

E invece il «Tar – si evidenzia - ha specificato definitivamente quanto chiara sia la normativa nel sistema dei supporti delle disabilità, a partire dalla Convenzione Onu dei Diritti delle persone con disabilità fino ai dettagli del contenuto e dell'iter di gestione del progetto di vita individuale. Adempimenti e principi, questi, tutti palesemente violati dal Comune di Vibo Valentia».

Il percorso è durato ben oltre 2 anni e mezzo per la famiglia difesa dall’avvocato Felicia Cutuli, «impegnata in un continuo botta e risposta con il Settore politiche sociali del Comune di Vibo Valentia, con infinita disponibilità a fornire materiali, informazioni, dati e supporto al fine di creare il "sistema di rete" necessario per la predisposizione del Progetto di Vita, quale insieme di interventi di supporto (e non solo di cura) a una condizione esistenziale complessa come quella dell'Autismo. Con il risultato, invece, di aver ricevuto, per altrettante volte, solo rassicurazioni che si sarebbe fatto, salvo poi ammettere formalmente, come il dirigente delle Politiche sociali ha fatto il 25 settembre 2020 (cfr motivazioni della sentenza), e riconoscere la commissioni di errori formali e sostanziali, oltre che di mancate risposte, da parte del Comune».

Ma vi è di più: «Dopo che il Comune, nel corso dei 2 anni passati, si era reso inadempiente, il dirigente delle Politiche sociali – si evidenzia - ha avviato finalmente il procedimento amministrativo per la predisposizione del Progetto di Vita a Marzo 2021, fissandone il termine a maggio 2021, senza poi concluderlo. E lasciando quindi la famiglia nuovamente in balìa del silenzio amministrativo.

Silenzio – si fa rilevare - perpetrato anche dal segretario generale del Comune (cfr motivazioni della sentenza) che, in sostituzione, è stato adito per provvedere e gestire il procedimento di predisposizione e realizzazione del Progetto di Vita. Anche in questo caso l'amministrazione è stata completamente silente, confermando di fatto l'iniziale negazione di dover provvedere alla predisposizione del progetto, così come era stato fatto via pec da un dipendente del settore Politiche sociali del Comune il 13 settembre 2019».

La sentenza

Quindi l’epilogo della vicenda: «Oggi, dopo 913 giorni dalla richiesta iniziale, dopo oltre 2 anni e mezzo, il Tar ha finalmente stabilito l'esclusiva responsabilità del Comune provvedere all'organizzazione della rete di servizi a supporto delle disabilità e degli autismi. E lo ha fatto snocciolando i dettagli di ciò che gli uffici dovrebbero già fare, dovrebbero già saper fare, confermando interamente quello che la stessa famiglia di Giovanni Paolo ha sempre indicato, anche con il supporto dell'associazione di cui fa parte (io autentico OdV). La violazione della carta universale dei diritti di una persona con disabilità è un fatto grave per un Ente Locale deputato al compito. La sentenza odierna – si sottolinea - fa storia nel comune e fa giurisprudenza perchè sia chiaro che, indipendentemente dalle caratteristiche esistenziali (disabilità comprese), il sistema dei supporti alla persona va soddisfatto, se è avanzata apposita richiesta da una persona con disabilità. E soprattutto se è un minore. Perchè "la predisposizione del progetto individuale di vita costituisce un diritto indefettibile e primario del soggetto disabile"».

Il ruolo Asp e il dato politico

La sentenza interessa ovviamente anche la posizione della competente Asp di Vibo Valentia «anch'essa rimasta completamente silente nel corso degli anni». A giudizio dei familiari del piccolo Giovanni Paolo: «C'è anche un dato politico, non di poco conto, che deve far riflettere. Proprio negli ultimi 2 anni e mezzo si sono avvicendati ben 3 assessori alle Politiche sociali (ed altrettanti presidenti di Commissione consiliare competente), tutti sempre a conoscenza e direttamente coinvolti, su richiesta della famiglia e delle associazioni, a provvedere con atti di indirizzo politico che dessero modo a ben altri 20 Progetti di Vita per persone con disabilità (quasi tutti minori) di essere predisposti, avviati e gestiti dagli Uffici (e tutti con cospicui fondi regionali che periodicamente arrivano nelle casse del Comune capofila d'Ambito territoriale, anche con questa finalità, per la gestione operativa prevista dai Piani di Zona). Allo stesso modo – conclude la famiglia-  il fatto che nella Giunta ci sia una delega specifica per l'Autismo, avrebbe dovuto fare la differenza. Ma così non è stato».