La Corte d'Appello ribalta la sentenza di primo grado e dà ragione al consigliere regionale. La vicenda risale al settembre 2014. Chiesto un risarcimento da 300mila euro
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La Corte di Appello di Catanzaro, prima sezione penale, presidente Loredana De Franco, accogliendo l’appello presentato dall’avvocato Guido Siciliano, difensore di Pino Gentile, in riforma della sentenza di assoluzione di primo grado emessa dal Giudice monocratico di Cosenza Claudia Pingitore, ha condannato il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto ritenendolo responsabile del reato diffamazione aggravata. Lo riporta una nota del legale Siciliano.
Questi i fatti. Nel settembre del 2014 erano in corso le presentazioni delle liste e dei candidati alla presidenza della Provincia Cosenza. I candidati alla presidenza erano: per il partito NCD il sindaco di Rende avv. Marcello Manna; per Forza Italia il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto e per il PD il sindaco di Cassano Gianni Papasso. Si lamentava l’Occhiuto che alcuni consigliere che prima avevano sottoscritto la sua candidatura, l’avevano successivamente ritirata per sottoscrivere quella dell’avv. Manna. La discesa in campo del sindaco di Rende rischiava quindi di compromettere la vittoria di Mario Occhiuto, il quale penso bene di pubblicare, sul proprio profilo facebook, un post al veleno contro Pino Gentile. Post dal titolo: “Elezioni provinciali Gentile adotta i suoi soliti metodi” , nel corpo dello scritto, Occhiuto, dopo aver riferito che “i consiglieri comunali non possono essere trattati come pedine da spostare da una parte all’altra” ed ancora “le adesioni ad un progetto e poi il voto devono essere libere e spontanee e non frutto di coercizioni false promesse e millanterie … bisogna opporsi ai sistemi di pressione mafiosa ”. Concludeva “se si vuole il bene della Calabria bisogna avere il coraggio politico di rifiutare per le elezioni regionali i voti della mafia e di Gentile”.
A Pino Gentile - continua la nota - non erano piaciuti i toni usati dal candidato Occhiuto, e in particolare l’accostamento della sua persona alla mafia, ritenendo lo scritto altamente diffamatorio per la sua persona. Immediatamente dava incarico al proprio legale avv. Guido Siciliano per proporre querela. La Procura di Cosenza, chiedeva per due volte l’archiviazione del procedimento penale, alla quale puntualmente si opponeva la difesa, fino ad ottenere l’emissione di una imputazione coatta dal parte del GIP del Tribunale di Cosenza. Il processo veniva celebrato davanti al Giudice monocratico di Cosenza, dott.ssa Pingitore e si concludeva su conforme richiesta della Procura con una sentenza di assoluzione perché il fatto veniva inquadrato nel diritto di critica politica. Il difensore di parte civile proponeva appello, non condividendo le motivazioni della sentenza e ritenendo pienamente integrato il reato di diffamazione aggravata a mezzo stampa. La Corte di Appello di Catanzaro,ieri, in riforma della sentenza di primo grado ha accolto l’appello condannando Mario Occhiuto.