«Il rapporto fra Aiello e Caridi non è riconducibile ad uno schema corruttivo. Più semplicemente appare sintomatico di un sistema criminale che si attiva anche per superare le morosità del Comune». Sono eloquenti le parole con cui il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha motivato il rigetto del ricorso degli avvocati difensori del senatore Antonio Caridi, cui è stata confermata la custodia cautelare in carcere, anche dopo l’annullamento con rinvio della Corte di Cassazione per una carenza di motivazione del precedente giudicato cautelare.

Questa volta, allora, il collegio del Riesame entra nel merito delle singole dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, fra cui spicca Salvatore Aiello, uno che è stato all’interno di quel sistema cui anche Caridi prese parte. Aiello era all’interno della società Fata Morgana ed ebbe con il senatore continui rapporti. Proprio le parole del collaboratore di giustizia sono state al centro di alcune contestazioni degli avvocati difensori, ritenendo che le stesse non potessero entrare nella fase cautelare. Il collegio ha risposto picche, inserendole a pieno titolo. E sono parole pesanti – già note ovviamente – ma che rimandano ad un passato in cui a palazzo San Giorgio vigeva quel modello Reggio di “scopellitiana memoria” che, ci dicono oggi le inchieste, era stato ispirato da Paolo Romeo, il vero dominus di quel periodo.

Fata Morgana e Caridi erano cosa loro

Lo spiega chiaramente, il pentito Aiello e i giudici lo riportano: «Fata Morgana era sentita dai De Stefano come cosa loro e oltre a pretendere una contribuzione/tangente mensile di 15mila euro, era utilizzata come serbatoio per assumere persone a loro gradite». Ma non solo la società che si occupava dei rifiuti era dei De Stefano. «Paolo Caponera – spiega Aiello – diceva che Caridi era cosa loro; concetto che per la verità mi ribadì anche a proposito della persona dell’allora sindaco Scopelliti. Ricordo che quando le pretese di Caridi diventano troppo pressanti andavo in difficoltà perché da un lato dovevo pagare lui ed assumere le persone che mi indicava lui o Scopelliti, dall’altra dovevo pagare i De Stefano». Aiello ricorda di aver corrisposto «personalmente a Caridi una cosa… come dire l’unica volta che diedi personalmente dei soldi in mano a Caridi… non ricordo più se erano 7mila o 6mila o 5mila euro».

Caridi incideva sui pagamenti comunali

Le parole di Aiello, già note ed oggetto di discovery, diventano oggi ancora una volta di grande attualità proprio perché vengono fortemente valorizzate dal Tribunale del Riesame. È storia nota quella riguardante i ritardi dei pagamenti da parte dell’amministrazione comunale dell’epoca. Ecco come il pentito riassume i passaggi salienti: Caridi «dato anche i suoi rapporti con la dottoressa Fallara, aveva anche la possibilità di incidere sulla tempistica del pagamenti del Comune all’azienda, in cambio di questi che lui definiva favori, pretendeva ad ogni pagamento somme di denaro che io stesso in più occasioni gli ho personalmente consegnato… io personalmente gli ho consegnato una volta fisicamente e qualche… qualche altra volta tramite…» i suoi collaboratori. Aggiungendo che «anche l’allora sindaco Scopelliti ci imponeva delle assunzioni, anche se lui si relazionava preferibilmente con Logoteta. Caridi diceva che la politica costa».

Caridi uomo di tutte le cosche

La dichiarazioni di Aiello e di altri collaboratori rappresentano una base solida di accuse contro Caridi. Ma anche senza alcune propalazioni, a giudizio del Riesame, ci si troverebbe comunque di fronte ad un quadro granitico. Ecco allora che, accertati i rapporti con i De Stefano, ma anche con i Raso-Gullace-Albanese, senza tralasciare le cosche della fascia jonica, i giudici affermano senza mezzi termini come «il ruolo di Caridi non si limita ai rapporti con i De Stefano, ma involge una serie di cointeressenze con numerose altre articolazioni della ‘ndrangheta unitaria di tutti e tre i mandamenti. Sono gravi e concordanti gli indizi di colpevolezza che lo inquadrano al servizio della ‘ndrangheta unitariamente intesa, con un ruolo di partecipe, dato che egli è consapevole e prende parte ad un più ampio piano criminale ideato da Paolo Romeo, che prevede la collocazione nelle istituzioni di uomini disposti a seguire le sue direttive, ma qualora ritengano di uscire dal seminato, sono prontamente eliminati dal circuito politico». In ciò viene ricordato come lo stesso Scopelliti rischiò di essere estromesso, per volontà di Romeo, nel caso in cui avesse fatto «il podestà», con parole nette: «Può morire anche politicamente». Per coloro che aderivano, invece, alle indicazioni che arrivavano dal direttorio degli invisibili vi era una «sicura ascesa politica, come di fatto accaduto nel caso di Caridi, eletto nel 2013 Senatore della Repubblica».

Consolato Minniti