«La ndrangheta ha ormai proiezioni in tutto il mondo, ma ha e mantiene le sue radici in Calabria: non si limita però ad investire all’estero, ‘delocalizza’ direttamente anche le sue attività criminali». Lo ha sottolineato il procuratore di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, ascoltato in audizione davanti alla Commissione antimafia. «A lungo – ha spiegato il procuratore – altri Paesi hanno considerato i flussi finanziari illegali alla stregua di investimenti ma oggi non è più così e Paesi come Germania, Belgio, Australia o Canada chiedono e ottengono la nostra collaborazione: la cooperazione internazionale ha fatto grossi passi avanti, grazie soprattutto alle squadre investigative comuni, ed altri ne vanno fatti, ad esempio nell’allineamento degli standard legislativi in materia di intercettazioni». 

Per il procuratore di Reggio, la 'ndrangheta rappresenta ad oggi «uno dei fenomeni criminali più pericolosi e pervasivi a livello internazionale ma paradossalmente sembra destare più attenzione all'estero che nel nostro Paese: se ha potuto crescere fino a diventare il player più affidabile del narcotraffico nel mondo è anche per la sua capacità di mimetizzarsi favorita dai vincoli familistici e da una colpevole sottovalutazione. È come se quello che avviene in Calabria fosse meno importante, spesso non ha la necessaria attenzione da parte dell'opinione pubblica e questo rappresenta un problema», ha spiegato.

Nell'audizione, spazio poi al rapporto tra cosche e politica. «Una volta la ‘ndrangheta cercava i politici, oggi sono alcuni soggetti politici ad avvicinare le cosche e a cercarne il consenso che poi possa tradursi in voti - ha detto Bombardieri -. Le cosche sanno bene che l’elezione di un determinato candidato non è automatica, non se ne può avere certezza, e non a caso abbiamo riscontrato più casi di stesse cosche che appoggiano candidati di schieramenti diversi: se non viene eletto Tizio, viene eletto Caio, poco importa». 

Sul tema intercettazioni, Bombardieri ha detto: «Le comunicazioni tra gli appartenenti alle varie organizzazioni criminali sono sempre più criptate, difficili da intercettare: noi ci arriviamo quasi sempre dopo e questo condiziona i risultati delle indagini. Su questo punto – ha ammesso il procuratore – siamo indietro rispetto a Paesi come Francia, Olanda e Germania: abbiamo la migliore polizia giudiziaria al mondo ma questo è un handicap con cui fare i conti, bisogna investire più risorse».

Il procuratore di Reggio Calabria ha inoltre risposto a una domanda sul Ponte sullo Stretto. «Lo dico in chiave generale: non si può bloccare la realizzazione di opere solo per il rischio che siano oggetto di appetiti ‘ndranghetisti». E ha aggiunto: «Sicuramente da parte nostra c’è massima attenzione, la Procura fa il suo lavoro, accerta eventuali reati, ma preferisco che a fare i protocolli siano le prefetture, le associazioni di impresa, gli imprenditori, prime ‘sentinelle’ sul territorio. Bisogna fare estrema attenzione ai flussi di denaro destinati a certe opere a tutela degli investimenti dello Stato ma quando dico che lo Stato deve creare occasione di lavoro non mi riferisco solo alle opere pubbliche ma anche ad esempio alla gestione dei beni confiscati».