Il bilancio del magistrato che guida la Dda di Reggio Calabria. Le collaborazioni con gli investigatori in tutto il mondo e l’atavica carenza di risorse: «La polizia giudiziaria ha numeri inadeguati al fenomeno criminale da affrontare». L’allarme per la saldatura tra clan storici e gruppi di etnia rom
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Quello che ci lasciamo alle spalle è stato un anno particolarmente proficuo sotto il profilo giudiziario nella provincia di Reggio Calabria. La Procura reggina, infatti, ha portato a termine una serie di attività delicate e fondamentali per contrastare il lavoro strisciante della criminalità organizzata e prevenire il proliferare di nuove leve pronte a rigenerare e dare nuova linfa alle cosche di ‘ndrangheta. Difficile ricostruire tutto il lavoro svolto considerando le molte di attività che investigatori e inquirenti hanno messo in campo ma abbiamo chiesto al procuratore capo della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri di tracciare un bilancio guardando anche al futuro della città. Una realtà in continuo mutamento che chiede riscatto e vede sempre più persone e imprenditori onesti avere sete di giustizia e, dall’altra parte una rete pronta a intervenire per ridare ossigeno alla parte sana di questa città.
Procuratore, volendo tracciare un bilancio del 2023 quali sono le attività che hanno segnato il lavoro della magistratura reggina? Quelle che bisogna segnare in modo particolare perché più simboliche?
«Molte e molto importanti sono state le attività della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e dell'intera magistratura reggina nel 2023. Non voglio parlare di singole operazioni giudiziarie o di singoli processi ma sicuramente quella che è stata portata avanti nella medesima direzione degli anni passati, è stata una complessiva linea di deciso contrasto alla criminalità, e più in generale alla illegalità, sotto diversi profili, sia per quanto riguarda la Direzione distrettuale antimafia sia per quanto riguarda la Procura ordinaria.
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Da parte della Direzione distrettuale antimafia è proseguita, e anzi si è rafforzata, la linea di forte contrasto a livello nazionale ed internazionale alla ‘Ndrangheta. Ormai non ci sono indagini della nostra Direzione distrettuale antimafia che non abbiano collegamenti e non vedano il coordinamento, peraltro efficacemente promosso e diretto dalla Direzione nazionale antimafia ed antiterrorismo, con altre Dda nazionali e Autorità giudiziarie e di Polizia giudiziaria di altri Paesi europei ed extraeuropei. La ‘Ndrangheta si conferma una delle organizzazioni più pericolose a livello internazionale proprio per la sua pervasività, la sua capacità di infiltrazione nell’economia e nelle istituzioni, e la sua generale capacità a proiettarsi su scenari nazionali ed internazionali. Ho premesso che non voglio citare singoli procedimenti penali ma non posso non richiamare le indagini, ancora in corso di valutazione da parte dei giudici di merito, dell’operazione giudiziaria “Eureka”. Basti pensare che si è trattata di un’indagine che ha visto lavorare insieme per lungo tempo, con il coordinamento di Eurojust, una Procura italiana, la nostra di Reggio Calabria, e ben quattro Procure tedesche, nonché, distintamente ma in stretto collegamento, sempre la Direzione Distrettuale di Reggio Calabria e la Procura Federale belga. Con un lavoro comune svolto all’interno di due distinte squadre investigative comuni; e con la preziosa collaborazione di numerose altre Autorità giudiziarie e Polizie giudiziarie di altri Stati europe, come ad esempio Francia e Portogallo.
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Sempre più stretti sono, poi, i rapporti della nostra Direzione Distrettuale Antimafia con le Autorità australiane, canadesi, statunitensi e di alcuni Paesi del Sud America, oltre che con alcuni Stati africani e del Medio Oriente. Abbiamo acquisito una credibilità, anche internazionale, che ci rende destinatari di continue richieste di collaborazione e di assistenza giudiziaria nella fase investigativa, tutte finalizzate ad un obiettivo: il contrasto alla ‘Ndrangheta nelle sue varie proiezioni nazionali ed internazionali che hanno una comune origine e che riconoscono la centralità delle organizzazioni criminali ‘ndranghetiste della Provincia di Reggio Calabria.
Ma altrettanto importante è stato il lavoro della Procura ordinaria nel ripristino della legalità in vari settori, pubblici e privati.
Efficace è stato il lavoro a tutela delle cosiddette “fasce deboli” e in particolare nel contrasto alla violenza di genere con centinaia di interventi, anche cautelari, nella consapevolezza che tale contrasto non può certamente essere solo giudiziario ma, ancor prima, culturale. Numerosi gli interventi a tutela delle persone anziane, a volte con chiusura di strutture private (che trovano spazio anche grazie al vuoto lasciato dal sistema pubblico) improvvisate in un’assistenza finalizzata al lucro e che, invece, richiederebbe grande professionalità e sensibilità umana, nonché un costante controllo delle stesse strutture e degli operatori sa parte del sistema sanitario ed assistenziale pubblico. Indagini approfondite sono nate da denunce dei cittadini sul sistema sanitario. Numerose indagini hanno, inoltre, avuto come focus il reddito di cittadinanza indebitamente richiesto e percepito, che priva lo Stato di risorse destinate all’emergenza sociale.
Insomma una attività, quella della Procura ordinaria (a cui deve rendersi merito di operare in una situazione di grande difficoltà per le vacanze nell’organico), costante e continua a tutela della collettività che sa di potersi rivolgere a noi per la tutela dei propri diritti senza timore».
Dopo la nomina di due procuratori aggiunti, cosa occorre ancora alla Procura per completare il proprio organico?
«Sono mancati per oltre un anno e mezzo due procuratori aggiunti, che mi coadiuvavano nel lavoro di coordinamenti della Direzione Distrettuale Antimafia oltre che della Procura ordinaria ed in tutta una serie di Servizi dell’Ufficio che richiedono la direzione del Capo dell’Ufficio. A ciò occorre aggiungere che da circa 4 anni alla Procura di Reggio Calabria manca il Dirigente amministrativo, figura centrale nella gestione e direzione di tutto il personale amministrativo, per cui, in sua assenza, tutte le incombenze a questi relative ricadono sul Procuratore della Repubblica. Si aggiungano ancora le vacanze nell’organico dei Sostituti Procuratori, non essendo stato mai al completo l’organico dell’Ufficio, e le vacanze di alcune figure del personale amministrativo, in particolare quelle destinate all’assistenza del magistrato. Nonostante queste gravi difficoltà l’Ufficio ha svolto in pieno i suoi compiti con approfondimento e professionalità.
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Oggi con le recenti coperture dei posti vacanti dei Procuratori aggiunti è stato fatto un passo avanti nel rafforzamento dell’azione dell’Ufficio, ma purtroppo abbiamo ancora pesanti vacanze nell’organico dei Sostituti.
Infatti mancano ben 4 magistrati, e tali vacanze non consentono, allo stato, di coprire pienamente la Direzione Distrettuale Antimafia per non lasciare troppo “scoperta” la Procura ordinaria, che, come detto, non svolge compiti meno importanti della prima e si trova in una situazione di grave difficoltà numerica. È evidente che il permanere di tale situazione può finire per penalizzare, in futuro e se non si porrà rimedio, l’attività complessiva dell’Ufficio.
Ma quello che sicuramente è necessario, al di là delle vacanze segnalate, è il rafforzamento delle forze di Polizia giudiziaria. Attualmente, nonostante occorra dare atto dello sforzo che viene costantemente fatto dai vertici dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia di Stato, che hanno ben presente la gravità del fenomeno ‘ndranghetista e l’importanza del lavoro investigativo in questo territorio, i numeri delle forze di Polizia giudiziaria non sono adeguati al fenomeno criminale da affrontare.
Sbaglia chi svolge tale valutazione di adeguatezza parametrandola alla densità di abitanti e non alla densità ed alla natura dei fenomeni criminali, che, purtroppo, non ha pari in tutto il resto del Paese, e che come detto, non si ferma ai confini territoriali del Distretto.
Ed i numeri ci dicono che occorrono più investigatori della Polizia giudiziaria, indispensabili per dare ancora maggiore continuità all’azione repressiva del nostro Uffici: per accelerare i tempi delle investigazioni; per approfondire tutti i filoni investigativi, tutte le emergenze investigative che quotidianamente si presentano nel corso delle nostre indagini ed a cui gli uomini attualmente presenti, pure non risparmiandosi in alcun modo, pure sacrificando interessi personali e familiari, non possono far concretamente fronte».
È possibile tracciare una mappa o, per così dire, lo "stato di salute" della ‘ndrangheta a Reggio Calabria? Arresti, processi, condanne e sequestri in che misura hanno indebolito questa struttura multinazionale?
«L’azione dello Stato in questi anni è stata costante e tanti risultati si sono ottenuti. La ‘Ndrangheta è stata fortemente colpita dalle iniziative giudiziarie della Magistratura e delle Forze di Polizia Giudiziaria: ma questo non è bastato e non basta. La ‘Ndrangheta è ancora potente e lontana dall’essere “azzerata” o decimata. Lo Stato, che ha sicuramente fatto molto, può fare ancora di più, ad esempio investendo in questo territorio, come detto, in più uomini e mezzi.
Ma, in ogni caso, non è sufficiente solo questo. È indispensabile che ci sia una maggiore reazione della società civile. Ci vuole maggiore consapevolezza che la ‘Ndrangheta è un problema di tutti, non solo della Magistratura e non solo delle Forze di Polizia. Mi è capitato di ascoltare, nel passato, alcune conversazioni di imprenditori intercettati che, nel commentare le richieste di “pizzo” avanzate nei loro confronti dagli ‘ndranghetisti del posto, ben lontani da manifestare propositi di denuncia concludevano, alla fine, dicendo che quello era un problema non loro ma delle Forze di Polizia e della Magistratura, che erano “questi” a doversi occupare della cosa, peraltro, non si capiva come in assenza di denuncia. Purtroppo la realtà è ben diversa e complessa. Occorre convincersi della necessità della denuncia. Occorre convincersi che un imprenditore che denuncia può essere obiettivo delle intimidazioni delle cosche, ma tanti imprenditori che, denunciando, fanno fronte comune contro quelle stesse cosche costituiscono l’arma più efficace nel contrasto alla criminalità organizzata. Ed occorre, principalmente, che chi denuncia non venga lasciato solo dalla società civile.
Ed a questo proposito le Istituzioni possono ancora fare qualcosa. Se vogliamo veramente che gli imprenditori denuncino, allora è fondamentale rivedere alcuni meccanismi di tutela economica, oltre che personale, di questi imprenditori che hanno fatto una scelta coraggiosa.
Ad esempio, sono rimasto molto colpito dalle parole di un imprenditore, che coraggiosamente aveva denunciato ed era sottoposto a protezione, che raccontava di essere considerato dalle banche “soggetto a rischio”, a differenza dell’imprenditore, magari ‘ndranghetista, che garantiva solvibilità. Ecco, dobbiamo chiederci se uno Stato che invita a denunciare, peraltro nell’interesse di tutti, può consentire, senza approntare dei correttivi anche mediante garanzie proprie, che il sistema bancario, da esso stesso disciplinato, possa considerare “soggetto a rischio” l’imprenditore che, raccogliendo il suo invito, denuncia la cosca malavitosa che lo taglieggia.
Qualche giorno addietro leggevo un articolo, inviatomi da un imprenditore Testimone di giustizia, in cui l’autore svolgeva alcune condivisibili considerazioni.
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In particolare parlando, tra l’altro, “di economia malavitosa” e indicando la necessità per le Istituzioni “di far comprendere, con comportamenti coerenti ed azioni concrete, che il denunciante non è un infame”, osservava come la Costituzione assegni alla “Repubblica” il compito di “rimuovere gli ostacoli” “che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”, e ne faceva discendere, nel caso, appunto, di ostacoli “che impediscono ad un cittadino imprenditore di svolgere la propria attività in condizioni di parità effettiva con i propri concorrenti e senza il freno di un contesto sociale ostile”, la necessità di ‘azioni positive’, cioè di trattamenti differenziati e favorevoli che compensino ed annullino quelle discriminazioni e penalizzazioni subite in ragione del proprio andare contro corrente, mettendosi a fianco dello Stato”; richiamando, poi, l’esempio della approvazione da parte della Regione Calabria di una legge contenente delle previsioni di favore per le “imprese resistenti alla criminalità organizzata” e così auspicando, condivisibilmente, il necessario “cambio di paradigma, nel contrasto all’economia malavitosa, che privilegia il contributo delle forze sane della società rispetto all’azione repressiva delle Istituzioni”.
Ecco, da questo “cambio di strategia” abbiamo bisogno: non possiamo consentire che chi denuncia - e chi denuncia seriamente è una risorsa per lo Stato, non un problema - venga considerato “soggetto a rischio” dal nostro sistema bancario, senza che venga previsto alcun rimedio a tale “discriminazione e penalizzazione”».
Avete registrato reati emergenti, strani, diversi dai soliti e affiorati nel 2023 in città?
«Più che di reati parlerei di fenomeni criminali che abbiamo avuto modo di osservare e ricostruire sotto la lente delle indagini.
Infatti in città, a Reggio Calabria, è stato importante ricostruire un nuovo modo, pericoloso ed inquietante, di relazionarsi di alcune cosche di ‘Ndrangheta con alcuni gruppi criminali di etnia rom. Anche in passato ci sono state condanne di singoli soggetti di etnia rom per il loro diretto coinvolgimento in organizzazioni ‘ndranghetiste; oggi diversamente abbiamo ricostruito i rapporti “paritari” tra alcune cosche di ‘ndrangheta ed alcuni gruppi criminali a cui, in cambio di “servizi” e “disponibilità” varia, sono lasciati “liberi” nei reati di natura predatoria ed in alcune piazze di spaccio».
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Quali attività, anche in termini di prevenzione, avete in programma per il 2024? Quali settori pensate necessitino di un intervento più mirato?
«I propositi anche per le attività del prossimo anno non possono che essere in linea con il lavoro svolto negli ultimi anni: proseguire ed ampliare, per quanto riguarda la Direzione distrettuale antimafia, il coordinamento nazionale ed internazionale per contrastare la ‘Ndrangheta e le sue infiltrazioni e proiezioni; proseguire, per quanto riguarda la Procura ordinaria, a costituire punto di riferimento per la tutela dei diritti di tutti, perché il torto subito da ciascuno è per lui la vicenda più grave al mondo e merita la giusta attenzione investigativa.
E, poi, vogliamo proseguire nella attività dell’Ufficio in materia di Misure di prevenzione, che costituiscono un importante strumento nel contrasto ai patrimoni della criminalità organizzata. Vogliamo proseguire, in particolare, nella utilizzazione di quegli strumenti di “controllo” e di “amministrazione” previsti dalle nuove norme del Codice Antimafia, prima di giungere a veri e propri provvedimenti ablativi, considerata la notevole diffusione sul territorio di imprese che, pur non direttamente coinvolte nella realizzazione dei fini illeciti delle organizzazioni criminali, ne subiscono comunque il condizionamento.
E questo può costituire per gli imprenditori in “buona fede”, che non hanno nulla da nascondere, e che pure non avendo la forza di denunciare subiscono loro malgrado la “pressione” delle cosche di ‘ndrangheta, un mezzo efficace per tenere lontane le mire della stessa criminalità dalla propria azienda, riversando sulle Istituzioni e sul controllo dalle stesse svolte l’impossibilità di aderire alle loro illecite richieste».