La Corte d’Appello di Bologna ha inflitto 13 condanne nell’ambito dell’inchiesta Grimilde che contempla la presenza della cosca Grande Aracri in Emilia Romagna e in particolare nel Comune di Brescello.
La condanna più pesante è andata a Francesco Grande Aracri, fratello del boss ergastolano Nicolino, detenuto in regime di 41bis.
Una pena a 24 anni di reclusione che vede inaspriti, in secondo grado, i 19 anni e sei mesi che erano stati comminati dal Tribunale di Reggio Emilia.

Nove anni sono stati inflitti a Paolo Grande Aracri, figlio di Francesco, in seguito a patteggiamento; 2 anni e 6 mesi a Gregorio Barberio; 6 anni e 4 mesi a Domenico Oppido; 3 anni e 8 mesi e Gaetano Oppido; 1 anno e 2 mesi a Francesco Paolo Passafaro; 1 anno e 2 mesi a Giuseppe Passafaro; 2 anni a Pietro Passafaro; 2 anni e 4 mesi a Matteo Pistis; 2 anni a Roberto Pistis; 1 anni e 4 mesi ad Antonio Rizzo; 8 mesi a Salvatore Caschetto; un anno e 10 mesi Nunzio Giordano (pena sospesa).

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L’operazione “Grimilde”, scattata il 25 giugno 2019 con 16 arresti eseguiti dalla Polizia di Stato, è stata considerata un duro colpo alla cellula della cosca Grande Aracri di Cutro basata a Brescello. Le indagini hanno portato alla luce l’uso di “teste di legno” per coprire affari illeciti, estorsioni ai danni di imprenditori, truffe e rapporti opachi con la politica locale.

Questa attività investigativa segue il blitz “Aemilia” del 2015, svelando come i Grande Aracri siano riusciti a dettare legge anche a Brescello, il primo comune dell’Emilia-Romagna sciolto per mafia. Il comune, che poi fu commissariato per mafia, noto per i racconti di Giovannino Guareschi, è stato identificato come un centro di attività affaristiche della ‘ndrina emiliana, autonoma ma strettamente legata alla casa madre di Cutro.