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«Per farle capire: c’è un altro elemento, vi dirò di più, il matrimonio Schimizzi Caterina è stato combinato».
È il 10 dicembre 2015, quando il pentito Mario Gennaro si presenta davanti al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino. Gennaro, collaboratore di giustizia preziosissimo per i magistrati reggini, conosce i dettagli delle dinamiche interne del clan Tegano. Perché lui, giovane cresciuto a pane e rapine, ha visto l’espansione della cosca, ha vissuto i cambiamenti più profondi e quell’evoluzione che l’ha portata ad essere da una mera ala militare, ad un agglomerato d’interessi economici di svariata natura.
Percorre fatti e personaggi, Mario Gennaro: da Pasquale Utano a Mario Audino, passando per l’ex consigliere comunale di Reggio Calabria, Dominique Suraci, con i quali intrattiene rapporti di natura economica. Ma fa anche di più: svela al pm Musolino un elenco di importanti imprenditori reggini che hanno avuto amicizie e cointeressenze con l’esponente politico di destra, molto in auge negli anni del “Modello Reggio”.
Quanto Utano accompagnava “l’uomo di pace” a firmare. Gennaro spiega ai magistrati come fosse solo Pasquale Utano ad accompagnare il boss Giovanni Tegano a firmare dai carabinieri, prima che avesse inizio la sua latitanza. «Solo lui», riferisce il pentito, rimarcando l’importanza rivestita da Utano: «Il suocero di Paolo Schimizzi, so che quest’anno ha avuto il processo ed è stato pure assolto, addirittura». Gennaro dimostra di conoscere la storia giudiziaria di Utano perché infatti l’uomo è stato scagionato da tutte le accuse. Lui, però, ha altre circostanze da raccontare: «In quel periodo, in cui Giovanni Tegano andava a firmare dai carabinieri, sarà stato ’90-’91 quello sarà il periodo o ’91-’92, comunque in quel periodo, Giovanni Tegano scendeva dai carabinieri accompagnato da Pasquale Utano». Ed è in questo passaggio che Gennaro svela un particolare interessante: «Per farle capire, ma non solo questo, c’è un altro elemento, vi dirò di più: il matrimonio Schimizzi Caterina è stato combinato». Lo stupore del pm Musolino sta tutto in un’espressione laconica: «Ah…». È di tutta evidenza come la notizia sia di particolare interesse per la Dda reggina, tenuto conto che si parla dell’ex reggente del clan Tegano, Paolo Schimizzi, scomparso per un presunto caso di lupara bianca ed il cui corpo non è mai stato ritrovato. Le indagini sulla sua scomparsa proseguono ancora oggi e forse proprio Mario Gennario ha potuto riferire qualcosa d’interessante, interamente coperto dagli “omissis” posti sulle copie dei verbali depositati al processo “Assenzio-Sistema”.
Utano, Audino e il nuovo sistema delle estorsioni: l’imposizione degli acquisti. «Pasquale Utano – spiega Gennaro – è un altro di quelli là che frequentava la casa dei Tegano dalla mattina alla sera… io mi ricordo che lui lavorava a Catanzaro, aveva qualche cosa (…) era “mpasturatu” in tutto e per tutto, un miliardo di incontri feci con Pasquale Utano, quando c’era il bonanima di Mario Audino, perché anche con Mario facevano business, si ricorda che Mario Audino ebbe un negozio di mozzarelle e cose… Pasquale l’ho visto un miliardo di volte io in queste situazioni». E aggiunge: « (Utano) veniva da noi, da me, da Franco, come personaggio molto vicino a Giovanni Tegano, che ne curò anche la latitanza, di Giovanni Tegano, almeno questo qua in quegli anni che le sto dicendo io, su questo ci siamo».
Ma parla anche del boss di San Giovannello, Mario Gennaro. Audino, infatti, ebbe un’ascesa notevole negli anni precedenti al suo omicidio: «Ci fu il periodo – spiega il pentito – che Mario era proprio strettissimo con Franco Benestare, con Giovanni Tegano». Dopo aver ricordato che Audino aveva rapporti strettissimi con Giuseppe De Stefano, Gennaro riporta un episodio che lo ha visto protagonista. Anche qui gli omissis coprono tutto, perché il fatto è oggetto di approfondimento investigativo. Così, il pm Musolino va ad approfondire un altro importante tassello, quello relativo all’attività economica di Pasquale Utano: «Lui – chiede il pm – agiva come un imprenditore qualsiasi sul territorio, alla stregua di tanti altri che potevano vendere latticini nella zona o il fatto di avere diciamo questo “background” diciamo così di ‘ndrangheta…».
La risposta del collaboratore è netta: «No, io non so se voi conoscete il personaggio Pasquale Utano, è un personaggio che è molto, come le posso dire… c’è la persona umile e la persona invece che si atteggia no, cioè che proprio, cioè Pasquale è una persona del genere, cioè le sue amicizie, i suoi vantaggi, se li è sempre presi tutti, in tutti i campi, quindi non esiste che va a vendere perché ha la mozzarella meglio di un altro, no, va a vendere perché è il cognato di… il socio probabilmente per come…». Ed è qui che Gennaro chiarisce il “sistema”: «Vanno a rivendere per modo di dire, le uova, i latticini o le mozzarelle dove vanno, nessuno gli dice no, indipendentemente dal prezzo, che poi loro dicono sempre ma noi “la vendiamo a un centesimo meno dell’altro e quello se la compra perché la vendiamo un centesimo” perché questo dicono tutti, non è vero un cazzo. Scusi. Perché se gliela fanno pure due centesimi in più quella è una scusa per dire, pure se gliela fanno due centesimi in più quella se la deve comprare la mozzarella, punto e basta e se non la compra, ehh perché se ha un supermercato lo chiuse, se ha un negozio di scarpe lo spostano, cioè utilizzano dei sistemi di estorsione, perché poi sono delle estorsioni, invece di chiedere i soldi glieli danno…».
La conoscenza con l’ex consigliere comunale Dominique Suraci. Mario Gennaro dichiara candidamente di aver avuto, ad un certo punto, la problematica di cambiare i soldi presi tramite una rapina: «Erano in serie, imbustati, tutti nuovi che puzzavano della madonna…». Ricorda di aver speso quelli non in serie a Montecarlo a giocare. Ma i soldi da cambiare erano circa 900 milioni di vecchie lire. «Quindi io dovevo trovare il metodo di cambiare questi soldi e ne parlai con Franco Benestare e Franco mi disse: «Parlane con Mario, vedi se Mario” (…) Mario mi indicò di parlarne con Dominique. Ok e come faccio? Io andai da sto Dominique. (…) Andai lì, gli dissi che avevo sta necessità che avevo sti soldi, sinceramente in quel momento non ci soffermammo sul… se sono della rapina o se erano di altre cose, vi dico la verità, non è che mi fece domande, no anche perché forse era assetato lui di soldi contanti, quindi non gliele fotteva niente…». Quale fu la risposta di Suraci alle richieste di Gennaro: «E che problemi ci sono». Il metodo era semplice: Gennaro diede 300 milioni cash a Suraci e lui – racconta il pentito - «mi fede degli assegni lui nella banca commerciale, che io mi feci cambiare tramite Abramo, quindi diciamo che sti soldi li ritornava, perché lui era in ottimi rapporto con sto Francesco Abramo».
Le amicizie importanti di Dominique e le strategie imprenditoriali. È in questa parte di verbale che Mario Gennaro fa una mappa dei contatti più rilevanti di Dominique Suraci. «Esco dal carcere e mi vedo con Dominique, allora che possiamo fare, che non possiamo fare, lui in quel momento mi disse “ora ti faccio fare un’operazione sul Ponte della Libertà, sto aprendo un’agenzia di scommesse, che ho preso una licenzia, ti metti anche tu, ti prendi una quota”».
Ed è proprio il settore delle scommesse quello costato caro a Mario Gennaro. È con l’operazione “Gambling”, infatti, che l’uomo del clan Tegano finisce nella rete della giustizia per aver messo su un sistema di giochi on line in barba alla legge. Sta di fatto che questo episodio conduce ad un altro di particolare interesse. Gennaro spiega che Suraci gli disse: «“Senti dobbiamo fare un favore ad una persona” e io gli faccio: “A chi?” “A Pino Richichi”. “A Pino Richichi? E vieni tu?”». Ma qual era questa richiesta? È lo stesso Gennaro a chiarirlo: «Quello che mi sembrò strano era che Dominique mi chiedeva di aiutare Pino Richichi per un prestito in quel momento, quando Pino Richichi era una persona da me riconosciuta come uno che problemi economici non ne doveva avere, come lo conoscevo io, perché era una persona che aveva finanziato sempre la cosca Tegano… cioè ogni mese gli mandava i soldi della… all’epoca mi pare quando c’era la guerra di mafia faceva edilizia, là aveva quel capannone ecc. ecc. quindi…».
A Gennaro sembrò strano che uno come Suraci chiedesse un favore per un soggetto che si sapeva essere vicino alla cosca Tegano. «Per gli ho detto: “che cosa serve?”, “no… 50mila euro” eravamo in euro, quindi già c’era stato il cambio, e vi dico la verità, io ce li avevo 50mila euro, anzi ne avevo 45 a dire la verità in quel momento, però Dominique mi disse “per un mese”, per un mese dice questa cosa, dice tempo un mese tanto tu, “poi facimu l’operazione là con il negozio della concessione eventualmente». Perché quei soldi a Pino Rechichi? Gennaro non lo sa con certezza, ma ipotizza: «Forse già la Multiservizi esisteva in quell’anno, se non ricordo male già esisteva anche sta Multiservizi, comunque può darsi pure che ricordo male, comunque andai sempre lì al deposito dove era lui, al primo piano ad Archi…».
Il palazzo in questione – è evidente – è quello dove aveva sede Multiservizi, considerate le specifiche fatte da Gennaro, in cui spiega che si trattava del palazzo «dove sta Carmelo Barbaro, sotto il ponte, dove sta Pasquale Utano (…) in via Vecchia provinciale ad Archi». E prosegue: «Gli diedi sti 50mila euro. Lui mi fece questo assegno alla banca Mediolanum e io continuavo a bazzicare, iniziamo in quel periodo, fresco uscito dal carcere, con Dominique, cose e inizio a vederlo frequentare questo Pino Rechichi, appunto le dico credo che in quel periodo ci furono le elezioni (inc.) no non ricordo precisamente o ci fu da lì a poco, perché inizio a vedere altri personaggi, diciamo non di ‘ndrangheta, come le posso dire, personaggi di ambienti più puliti per esempio mi ricordo un certo Franco Labate, ma Franco Labate, non Franco Labate dei Labate, Franco Labate che mi pare fosse un imprenditore edile, che se non sbaglio una volta andammo a trovare con Dominique, non so se aveva qualcosa a Pellaro, aveva la casa a Pellaro, va beh… non mi ricordo, comunque un personaggio che è più di ambienti politici, di ambienti diversi, come un altro Tibaldi, Michelangelo Tibaldi, insomma Dominique frequentava questi personaggi, Enzo Lo Giudice, insomma, io che ero appena uscito dal carcere, insomma mi vedevo con questi personaggi, però sa… fate finta che io ero messo là in macchina con Dominique, sentivo e non sentivo, sempre parlava di soldi, assegni lui (…) morale della favola dopo sto mese, sto Pino Rechichi, sti soldi non me li diede ed io andai da Dominique».
La risposta di Suraci fu di aspettare il prossimo mese Ma quando Gennaro andò a verificare scoprì «assegno conto chiuso». «Minchia, scassai!», esclama il pentito, che poi rincara la dose: «Me ne vado da Dominique e faccio il bordello non a Pino, a Dominique, perché per me Dominique era… Dominique mi disse “va bene”, mi vide molto incazzato perché tra l’altro era già nato un po’ di astio con lui, perché lui aveva fatto questa sala giochi sul corso ma non mi aveva messo nella società, mi aveva tenuto fuori». Ma chi c’era, quindi, in questa società? Gennaro li elenca: «Michi Cotroneo, Domininque, Enzo Lo Giudice aveva una quota, Massimo Arecchi uno che poi gestiva sta sala e adesso non ricordo se pure a Domenico Ventura diedero una quota, comunque a me sta quota…». Alla fine, dunque, fu Dominique Suraci a restituire i soldi a Gennaro.
Ma il pm Musolino pungola il pentito anche su altri aspetti come quello politico. «Ora qualche cosa sto cercando di ricordare in questi giorni però sì, c’era qualche cosa di politica, di appalti, di situazioni, per esempio mi ricordo di un commercialista Barrile che loro facevano riunioni pure da questo Barrile che aveva, questo Barrile, aveva lo studio a San Brunello, e più di una volta andai con Dominique da sto Barrile e facevano riunioni tutti, ma più… un altro personaggio che Dominique attingeva spesso era coso, questo qua faceva abbigliamento, era pure molto amico con Mario Audino e con Franco…».
Dopo qualche minuto di attesa per ricordare, ecco il nome: «Bartolo Bonavoglia si chiama… Bartolo, Bartolo». «Sinceramente – spiega Gennaro – non le so dire se c’erano rapporti anche imprenditoriali, non lo so, le direi una bugia. Bartolo ho avuto modo di conoscerlo, però non siamo mai entrati in questi argomenti. Però sono personaggi, come le posso dire, che sanno come funziona il sistema a Reggio, ecco questo lo voglio dire, non è che Bartolo Bonavoglia arriva e apre quindici negozi a Reggio Calabria così… Per esempio mi ricordo di Mario Audino, per esempio mi ricordo che fu coinvolto bel business del… ecco c’era pure Peppe coinvolto in questa cosa…». De Stefano, chiede il pm? E Gennaro risponde di sì, De Stefano e pure Pino Rechichi. «Sì, e c’era pure – prosegue – nell’operazione del centro commerciale di Villa San Giovanni, la ricordo perché ci fu una discussione nel carcere si chiacchierava di questa cosa».
Consolato Minniti