Colpo di scena al termine del processo denominato Valle dell’Esaro dove l'imputato accusato di narcotraffico ha rilasciato dichiarazioni spontanee in merito alla sua scelta collaborativa
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Colpo di scena al termine del processo denominato Valle dell’Esaro. Il collaboratore di giustizia Roberto Presta, accusato di narcotraffico, ha rilasciato dichiarazioni spontanee in merito alla sua scelta collaborativa.
«Ho iniziato a collaborare per dare un futuro ai miei figli. Le mie attuali condizioni di salute sono molto precarie, ma mi legittimano a portare avanti la mia scelta, lasciando un segno alla mia vita. La vita nella ‘ndrangheta non porta a nulla, se non alla rovina. Rivolgo appello ai miei ex sodali di collaborare. Non so quanto tempo mi resta da vivere. La mia eredità morale è più importante di quella patrimoniale. Voglio dare quindi il mio contributo per accertare la verità, visto che mi resta poco da vivere», Roberto Presta è difeso dall'avvocato Maria Claudia Conidi.
Processo “Valle dell’Esaro”, chiesta la revoca del carcere per Antonio Presta
Prima dell’intervento di Roberto Presta, il collegio giudicante ha dato la parola all’avvocato Lucio Esbardo, difensore di Antonio Presta, principale imputato nel processo “Valle dell’Esaro”, le cui condizioni di salute – secondo la difesa – non sarebbero compatibile con il regime carcerario. L’avvocato Esbardo, ripercorrendo tutta la vicenda, ha sollecitato il tribunale collegiale di Cosenza, presieduto dal presidente Carmen Ciarcia (giudici a latere Urania Granata e Francesca Familiari) a revocare la custodia cautelare, applicando ad Antonio Presta gli arresti domiciliari con le necessarie prescrizioni in tema di salute, dando la possibilità all’uomo di Roggiano Gravina di essere assistito in modo adeguato. Il pm Alessandro Riello si è opposto alla richiesta di revoca della custodia cautelare in carcere. Il Tribunale, tuttavia, si è riservato di decidere.
Processo Valle dell’Esaro, sentiti i pentiti Foggetti, Lamanna e Impieri
L’istruttoria odierna verteva sull’escussione dei collaboratori di giustizia Luciano Impieri, Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti, ex partecipi e condannati in via definitiva per associazione mafiosa nell’ambito del processo “Rango-zingari”. I pentiti cosentini, limitatamente alla conoscenza di Antonio Presta, non hanno riferito sulle contestazioni in oggetto, quelle relative al narcotraffico, raccontando – nel caso di Foggetti e Lamanna – di aver conosciuto Antonio Presta in un momento in cui gli italiani e gli “zingari” dovevano assaltare un furgone portavalori in Sila. Evento delittuoso poi non portato a termine. Il “Biondo”, tuttavia, ha precisato che nel 2011 Francesco Patitucci – a seguito della “pax mafiosa” – gli avrebbe detto che i proventi delle estorsioni e della droga dovevano essere divisi nelle seguenti percentuali. 60% agli italiani (tra cui una quota destinata alla famiglia di Franco Presta), il 40% agli “zingari”. L’udienza infine è stata rinviata al 31 maggio per sentire altri testimoni del pubblico ministero.