Il collaboratore di giustizia racconta i suoi trascorsi con le cosche vibonesi e in particolare con l'uomo accusato di aver partecipato all'omicidio di Maria Chindamo. Il ricavato del narcotraffico sarebbe stato riciclato nell'edilizia
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Secondo il collaboratore di giustizia Antonino Belnome è un dato scontato, una pratica usuale: tutti gli ‘ndranghetisti mettono il denaro sottoterra, stando bene attenti a sigillarlo sottovuoto: «Tutti gli ‘ndranghetisti hanno i soldi interrati. Ce li avevamo interrati tutti nell’ambiente i soldi. Se facevi qualche affare con un santolucoto puzzavano di terra i soldi. Tutti i soldi erano sottovuoto e interrati, come le armi. Chi ha un potenziale di armi notevole mica le può tenere alla vista: interrate, dentro tubi, o sottovuoto. La stessa cosa con i soldi. Non è che puoi portare tre milioni di euro in banca o tenere in casa col rischio di perquisizioni. Uno ‘ndranghetista questo fa, lo facciamo tutti. È così in Calabria».
Antonino Belnome, famiglia calabrese ma nato e cresciuto in Brianza, è uno dei collaboratori di giustizia più importanti della ‘ndrangheta lombarda. Sentito nel corso del maxi-processo Maestrale, istruito dalla Dda di Catanzaro contro le cosche del Vibonese, ha parlato delle sue conoscenze con i clan calabresi.
’Ndrangheta | Emanuele Mancuso: «Due carabinieri passavano informazioni ad Ascone». Che in aula dice: «Sto malissimo, voglio curarmi»
Cocaina, investimenti immobiliari e usura
In particolare ha raccontato il suo rapporto di conoscenza con Salvatore Ascone, accusato di associazione mafiosa, in quanto intraneo alla cosca Mancuso, e anche di omicidio perché avrebbe partecipato al delitto dell’imprenditrice di Laureana di Borrello Maria Chindamo, avvenuto il 6 maggio 2016.
Belnome racconta che «Ascone portava ingenti quantitativi di cocaina la Nord. Ci siamo visti diverse volte in Brianza. Si trattavano partite di cocaina e lui aveva un grosso giro dove dietro c’era Luni Mancuso. Non so dire quale dei Luni Mancuso fosse. So che Ascone ebbe anche problemi con Luni a un certo punto, tanto che gli buttarono giù la casa».
Ma secondo Belnome la «bella disponibilità di denaro» che gestiva Ascone non veniva investita esclusivamente nel traffico di droga.
«Ascone riciclava soldi anche con investimenti immobiliari – dice il collaboratore –. C’era un cantiere fra Giussano e Mariano, l’ho visto io stesso. E poi prestava anche i denari a strozzo».
«Non puoi portare tre milioni di euro in banca»
Ma dove teneva tutti questi soldi?, chiede il pm Irene Crea. Il collaboratore afferma di non essere entrato nel merito di un particolare privato. Alla contestazione dell’accusa su alcuni verbali nei quali Belnome aveva dichiarato che i soldi erano interrati, il pentito risponde che il fatto che i denari frutto di proventi illeciti fossero interrati era un dato scontato perché così facevano tutti in Calabria: «Non è che puoi portare tre milioni di euro in banca o tenere in casa col rischio di perquisizioni. Uno ‘ndranghetista questo fa, lo facciamo tutti. È così in Calabria».