Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Dal contenuto della lettera emerge chiaramente che si è trattato di omicidio e non di suicidio». Un nuovo scenario sul giallo di Madalina Pavlov, quello che emerge dalle parole del legale della famiglia Antonio Petrongolo del Crime Analysts team che solo di recente, indaga sulla vicenda della morte della ragazza romena, affiancato dalla criminologa Mary Petrillo, dalla psicologa Rossana Putignano e dal tecnico informatico Fabio Calvani.
L’inchiesta archiviata in fretta dagli inquirenti che all’epoca dei fatti parlarono di suicidio, potrebbe avere nuovi risvolti grazie al contenuto di una lettera anonima, consegnata direttamente a mano nello studio romano dell’avvocato, da una persona la cui identità rimane sconosciuta.
«Non posso divulgare il contenuto della lettera, ma posso dire che ciò che c’è scritto fa riferimento a persone, luoghi, cose, momenti e iniziative ben precise. Vi è una descrizione concentrata - seppur contenuta in una pagina – e molto esaustiva. Sulla base di quanto riportato, la Procura di Reggio Calabria ha incrementato l’attività di indagine», spiega Petrongolo a Lacnews24.
Il giallo. Madalina Pavlov muore il 21 settembre del 2012, il suo corpo viene trovato senza vita in via Bruno Buozzi a Reggio Calabria, sembra sia precipitato dalla finestra o dalla terrazza di un palazzo in cui però, nessuno conosce la ragazza romena.
Un volo mortale che gli inquirenti classificano come suicidio, ma che ben presto si rivela un giallo intricato. Una versione a cui non ha mai creduto la mamma di Madalina, Gabriella Cutulencu che da anni, si batte per cercare la verità.
«Mia figlia era una bellissima ragazza, tranquilla e sorridente, lavorava in una pizzeria, studiava all’Università, si manteneva da sola, aveva da poco preso la patente e voleva andare a Sidney in Australia. Tutti pensieri che non possono minimamente far pensare che Madalina volesse morire. Aveva tanti progetti ancora da realizzare», spiega la donna.
Bionda con gli occhi verdi, Madalina in passato aveva vinto anche la fascia di miss Amaranto, una bellezza acqua e sapone come dimostrano le tante fotografie, diventate un sorta di santuario in casa di Gabriella.
«Ogni mattina mi alzo, accendo una candela e chiedo a Dio di darmi verità e giustizia. Chi sa qualcosa anche in forma anonima, deve parlare perché non ce la faccio più a vivere con questo dolore immenso».
Gabriella è rimasta sola. Gli altri figli non vivono a Reggio Calabria, ma lei continua la sua incessabile battaglia. E i suoi ricordi vanno a quel 21 settembre e ai tanti interrogativi che continuano ad assillarla.
«Dubbi e sospetti ne ho veramente tanti. Magari chi ha fatto del male a mia figlia è qualcuno della sua comitiva di amici o qualcuno che la pedinava, qualcuno che la conosceva di vista. Ma ciò che più mi tormenta è: perché in quel palazzo? Come e perché era li? Perché le immagini delle telecamere non sono visionate? Perché non sono stati chiamati subito i RIS di Messina e soprattutto, perché il caso è stato chiuso così in fretta?», racconta la donna.
Tra i tanti misteri c’è quello della chiave. Addosso a Madalina è stata trovata solo la chiave del terrazzino, ma non quella del portone, chi le ha aperto? Con chi aveva appuntamento quel giorno? Ha citofonato a qualcuno? E ancora, lo stivale. La ragazza è caduta senza uno stivale, che poi è stato ritrovato poco lontano dal cadavere. E’ possibile che una scarpa di cuoio si riesca a sfilare con così tanta facilità? O è stata gettato successivamente?
Tutte domande che ad adesso non sembrano avere risposta e l’unica speranza di arrivare al bandolo della matassa, è la lettera anonima che potrebbe andare verso una direzione precisa. Per adesso, come direbbe qualcuno, Madalina è stata suicidata.
Dominella Trunfio