Nel pantano medico amministrativo venuto fuori con l’indagine Sua sanità – 90 indagati, due medici agli arresti (Lascala e Bombara), altri 5 (Argirò, Panetta, Zavettieri, Gratteri e Pascale) interdetti per 12 mesi – si intravede anche qualche spiraglio di luce. Ai tanti sanitari che abdicando «ad un corretto esercizio» della professione «a vantaggio dell’interesse di alcuni privati, oltre che di un proprio tornaconto in termini di dazioni di denaro o altre utilità» si sarebbero prestati alle manovre messe in campo dallo psichiatra Lascala, ci sono infatti anche medici che in quelle stesse corsie hanno saputo dire di no.

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Circostanza che Lascala, raccontano le intercettazioni, faceva fatica ad accettare. Sul piatto c’è un referto medico da manipolare a tavolino per ottenere un trasferimento vicino casa per un docente. Per completare la cartella clinica serve però una radiografia, propedeutica agli altri esami in agenda, ma le cose in quel reparto, da qualche tempo, sono cambiate. È lo stesso Lascala a lamentarsi con il suo “cliente” per quel medico che non vuole compiacerlo: «Voi mi dovete aiutare – dice il medico intercettato dagli uomini della guardia di finanza di Locri – nel senso che mi dovete portare una radiografia… lì ora è venuto il primario nuovo, lì a Locri, è venuto questo Paolo ed abbiamo finito di imbrogliare».

Oltre alla radiografia – che non sarà mai presentata nella cartella da inoltrare per l’accesso ai benefici della legge 104 – per la buona riuscita dell’affare servirebbe anche una diagnosi cardiologica che attesti del tutto arbitrariamente «una seconda classe di cardiopatia ipertensiva».

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Anche in questa occasione, raccontano le indagini, il piano di Lascala viene frustrato dalla mancata collaborazione dei suoi colleghi. «Quella visita – scrive il gip – non verrà svolta per difficoltà nel rintracciare un cardiologo compiacente, tanto che lo stesso Lascala, dopo avere tentato di convincere Gianni Rossi (medico in forza all’ospedale di Locri) e tale dottore Ragona, ancora confidava alla moglie “ora devo vedere di fargli l’elettrocardiogramma di quello… io posso mamma mia in quanti imbrogli mi devo mettere io”».

Spiragli di luce in un ambiente contorto come quello dell’ospedale di Locri che, nonostante decine di indagini, omicidi eccellenti e commissariamenti antimafia, sembra ricadere sempre nelle stesse sabbie mobili.