È il 21 gennaio 2010. La visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Reggio Calabria viene turbata da una soffiata. Giovanni Zumbo, commercialista in odor di mafia e già collegato ai servizi segreti, riferisce ad un appuntato dei carabinieri che a poche centinaia di metri dall’aeroporto Tito Minniti, dove transiterà il Capo dello Stato, si trova un’auto carica di armi ed esplosivo. Intervengono carabinieri e artificieri: l’auto c’è, l’arsenale pure. Il professionista si accredita, così, come confidente anche della polizia giudiziaria, ma egli è solo la punta avanzata di una sofisticata messinscena, come le successive indagini sveleranno. Zumbo è infatti legato a doppio filo a Giovanni Ficara, boss dell’omonimo clan di Reggio Sud, il quale, indirizzando i carabinieri al clamoroso ritrovamento di quella santabarbara, avrebbe inteso far ricadere la colpa sul cugino Giuseppe, esponente apicale dei Ficara-Latella, e così toglierlo di mezzo per via giudiziaria.

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Quella formidabile microspia

Giovanni Zumbo

Quattro mesi e mezzo prima: è il 6 agosto 2009, ore 12:11. Nicola Gratteri, allora procuratore aggiunto di Reggio Calabria, dispone con urgenza che il Ros dei Carabinieri installi una microspia al civico 20 di via Borrello, a Bovalino. È la casa di Giuseppe Pelle detto “Gambazza”, ovvero il reggente dell’omonimo storico clan, dopo l’arresto, il precedente 12 giugno nell’ospedale di Polistena, del padre Antonio, uno dei più potenti capimafia della storia. Si arrovelleranno a lungo, i carabinieri del Ros, per trovare il modo di entrare come fantasmi in quella casa. Passeranno settimane, ma alla fine escogiteranno uno stratagemma e, il 25 febbraio 2010, inizieranno ad ascoltare, registrare e trascrivere. Quella cimice porterà Gratteri e l’élite dell’Arma nel cuore di trame inconfessabili: mafia, politica, infedeli. Giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, il Ros ascolta. È così importante, quell’attività tecnica, che viene prorogata con provvedimento del gip ad ogni scadenza.

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Le clamorose rivelazioni al boss

È il 20 marzo 2010: tre mesi dopo, dunque, la visita del Presidente della Repubblica a Reggio, ed un mese dopo l’avvio delle intercettazioni al numero 20 di via Borrello a Bovalino. Giovanni Zumbo e Giovanni Ficara, ovvero i due registi della messinscena che aveva condotto al ritrovamento dell’auto-arsenale, entrano in casa di Giuseppe Pelle. Zumbo spiffera qualcosa che ha dell’incredibile: scatteranno due colossali operazioni, una da Milano, una da Reggio Calabria. Azzecca tutto o quasi, Zumbo. L’operazione di Milano si chiamerà Infinito, ma la genesi fu, davvero, in un fascicolo denominato Tenacia. Quella di Reggio si chiamerà Crimine ma tutto ebbe inizio dall’indagine che, davvero, si chiamava Patriarca. Azzecca i principali indagati, iniziando da don Mico Oppedisano, il capo del Crimine di Polsi, custode delle regole della ‘ndrangheta. È formidabile, Zumbo. E sembra avere doti da chiaroveggente anche quando chiama l’operazione milanese «Rinascita». Ciò ben quattro anni prima che il fascicolo Rinascita venga aperto a Catanzaro e ben nove anni prima che la ciclopica operazione scattasse nel Vibonese. Una boutade? Una ininfluente coincidenza? Può darsi. O un lapsus freudiano? Misteri che porta ancora con sé.

Il «riservato» e i suoi misteri

Ma chi è davvero Zumbo? Sarà arrestato, processato e condannato a 11 anni di carcere. Aveva davvero rapporti coi servizi segreti, almeno fino al 2006. E, secondo i pentiti, sarebbe stato un «riservato» dei De Stefano, ovvero di uno dei clan della ‘ndrangheta più influenti di sempre, traghettato nel nuovo millennio dall’avvocato Giorgio De Stefano (cugino del defunto Paolo e dell’omonimo Giorgio, che dopo l’annullamento con rinvio della sua condanna al processo “Ghota” - nel quale lo si accusa di essere uno dei vertici della “cupola” di «invisibili» che domina Reggio e non solo – attende un nuovo processo d’appello).

Le strategie politiche del superboss

Una ‘ndrangheta che si è evoluta, in mezzo secolo, partendo dalla creazione della Santa, ovvero quella «dote» che avrebbe consentito agli ’ndranghetisti di accedere a relazioni con gli apparati delle istituzioni, della politica e della massoneria. Una ’ndrangheta non più coppola e lupara, ma capace di pianificare raffinate strategie per sedere essa stessa, attraverso i propri referenti, nei palazzi del potere. «La politica nostra – diceva Pelle in casa sua, intercettato da quella formidabile microspia – è sbagliata. Se noi eravamo una cosa più compatta dovevamo fare una cosa, quanti possono andare? Diciamo qua dalla ionica, quando raccogliete tutti i voti che avete, vanno tre persone. Altre tre vanno alla Piana e vanno già sei per il Consiglio regionale. La prossima volta quei sei, se si portavano bene andavano a Roma e andavano altri sei al posto di quelli».

L’intervista esclusiva a Staiano

Della Santa, degli invisibili, dei riservati, ma anche della organizzazione della ‘ndrangheta (società, doti, formule di iniziazione), si occuperà la prossima puntata di “Mammasantissima – Processo alla ‘ndrangheta”, in onda martedì prossimo 24 gennaio, alle 21:00, su LaC Tv (canale 11 del digitale terrestre, 411 di TivùSat, 820 di Sky), su LaC Play e su tutte le piattaforme web e social del network LaC.

Nel corso della prossima puntata sarà trasmessa l’intervista integrale, solo anticipata nella prima puntata, all’avvocato Salvatore Staiano, un’intervista esclusiva ed esplosiva, i cui contenuti sono prodromici all’archiviazione dell’inchiesta istruita dalla Procura di Salerno. Un’intervista ancora più intensa di quella mandata in onda nella prima edizione del programma “Rinascita Scott – Il maxiprocesso alla ‘ndrangheta”.

 Il programma scritto e condotto da Pietro Comito, la cui produzione è diretta dal direttore generale di Diemmecom Maria Grazia Falduto con l’impiego di tutti i reparti del network LaC, pertanto, punta a replicare il successo della serata d’esordio, quando ha registrato 187mila telespettatori e raggiunto, tra web e social, ben un milione di utenti. Insomma, un nuovo appuntamento da non perdere.