Il ragazzo di Soriano Calabro si trovava al posto sbagliato nel momento sbagliato: in auto con il vero bersaglio dei killer che lo hanno crivellato di colpi. Oggi il suo nome verrà letto, tra quello di oltre 1000 persone, alla manifestazione di Libera
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Nessun genitore dovrebbe sopravvivere a un figlio. Un peso enorme per una famiglia, aggravato mille volte se la morte arriva in modo violento, inaspettato, ingiusto. È quello che è accaduto alla famiglia di Martino Ceravolo, commerciante di Soriano Calabro che il 25 ottobre del 2012 si è visto portar via un figlio di appena 19 anni, Filippo, vittima innocente di una guerra di mafia tra due cosche del posto, Loielo ed Emanuele.
La contesa del potere mafioso è rimbalzato tra un clan e l’altro a colpi di calibro 12.
Il 25 ottobre 2012 Martino Ceravolo aspettava il ritorno del figlio a casa per guardare insieme la partita della Juventus. Il ragazzo era uscito con la sua fidanzata ma aveva lasciato la sua auto a casa per via di un guasto e aveva accettato il passaggio di Domenico Tassone. Martino e Filippo Ceravolo erano legatissimi: lavoravano insieme e insieme condividevano la passione per il calcio. Nel cassetto c’erano due biglietti per andare a vedere la partita dei bianconeri. Oggi quei biglietti sono un ricordo doloroso: non ci sarà nessuna trasferta per Martino e Filippo Ceravolo, nessuna avventura da raccontare. Non ci sarà nessun futuro per Filippo che, sulla via del ritorno a casa, verrà crivellato da una scarica di colpi destinati al proprio accompagnatore. Un agguato, portato a compimento da due killer nascosti nella vegetazione, spegnerà ogni sogno.
Filippo muore, Domenico Tassone, che si butta fuori dall’auto, resta ferito ma le sue dichiarazioni non consentono di identificare i killer. Alcuni testimoni raccontano di una Fiat Punto con due persone a bordo che ha sostato per diverso tempo a circa 250 metri dal luogo dell’agguato e che è ripartita «frettolosamente», dopo l’esplosione di alcuni colpi d’arma da fuoco, dirigendosi verso la strada provinciale 60. Probabilmente per recuperare gli assassini. Non vi sono dubbi sulla matrice mafiosa della sparatoria.
Una prima inchiesta verrà archiviata perché sui due indagati non esistono prove granitiche tali da sfidare un processo.
Per il dodicesimo anniversario della morte di Filippo l’avvocato della famiglia Martino, Michele Gigliotti, ha dichiarato: «Filippo è vittima di una guerra di ‘ndrangheta contrassegnata da una importante sequela di omicidi». La famiglia Martino resiste controvento mentre aspetta giustizia. Ma gli anniversari con le autorità (e poca popolazione) e le inaugurazioni non bastano più. Non basterà più, forse, neanche la manifestazione che Libera celebra oggi a Trapani dove leggerà il nome delle 1.101 vittime innocenti di mafia come Filippo. Serve una risposta, un risveglio delle coscienze. Su Facebook, solo pochi giorni fa, papà Martino descriveva tutto il peso di anni fatti solo di passerelle, tante promesse e zero risultati e, preso dallo sconforto, scriveva di confidare almeno nelle giustizia divina. Martino è un uomo che ha sempre lottato, a volte aggrappandosi al niente, per tenere viva l’attenzione sulla storia di suo figlio.
Perché, come come ha ripetuto anche nel giorno del dodicesimo anniversario della morte di Filippo, quest’uomo che ogni giorno sfida anche l’ostilità di certi suoi compaesani: «Io lotto anche per loro, perché quello che è successo a mio figlio può succedere a chiunque».