Il “dossier sulla Lega” che è emerso dalle indagini della procura di Perugia sugli accessi abusivi alle banche dati della procura nazionale antimafia «è stato chiesto ufficialmente. L'input arrivava dalla Banca d'Italia tramite delle omologhe straniere», come ad esempio l'Agenzia di informazione finanziaria di San Marino. È quanto afferma Pasquale Striano, il tenente della Gdf al centro dell'inchiesta di Perugia, a La Verità. L'indicazione è arrivata solo dal Monte Titano? chiede La Verità. «Solo da lì… ma era bella grossa eh? Lì dentro c'era 'sto mondo e quell'altro. Pure la storia dell'ex sottosegretario Armando Siri» risponde Striano.

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L'ufficiale sostiene poi di aver fatto «tre appunti su Berlusconi. Tre o quattro». E anche questi «mi sono stati tutti chiesti. E non dai giornalisti. Non li ho fatti perché ho letto gli articoli del Domani. Li ho realizzati perché me li chiedeva il procuratore». Secondo il quotidiano «il procuratore di cui parla è soprattutto Laudati. Ma in un caso è Melillo».

Striano sostiene poi che «su richiesta di Melillo» ha «solo verificato perché le segnalazioni all'Antiriciclaggio non andassero a Reggio Calabria». «E io - prosegue - ho fatto un appunto e ho spiegato perché le cose andassero in quel modo. Io alcuni accessi li ho fatti anche per dare queste spiegazioni. Non temevo alcunché». Secondo il tenente «una questione tecnica che spiegherò in aula».

«Il programma - sostiene - non funzionava bene. Non “comprendeva” bene, per esempio, chi fosse la moglie di Dell'Utri e non riuscivano ad associarla a Berlusconi. Invece io lo facevo perché conoscevo questi rapporti. Era proprio il software a essere sbagliato. Quindi l'ho spiegato bene a Melillo: “Qui tocca rivedere tutto il sistema informatico”». Quindi il problema era Dell'Utri e non Berlusconi? chiede La Verità. «Sì, Dell’Utri» risponde Striano. «Però sappiamo tutti - aggiunge - che Dell'Utri per trent'anni ha preso l'assegno mensile da Berlusconi».