Ecco perché Domenico The Red fu estromesso dagli affari della cosca. Emanuele Mancuso: «Mio padre trattato come un dio in carcere in Argentina». Il tentativo di corrompere i funzionari per coprire i movimenti di denaro alla frontiera con il Brasile
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Ancora il collaboratore Emanuele Mancuso di scena nel maxiprocesso nato dalle operazioni Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium. Un esame condotto dal pm Antonio De Bernardo dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia che ha permesso di focalizzare l’attenzione sulla rete di protezione del clan Mancuso e sugli uomini più fidati pronti e reinvestire il denaro della cosca. «Assunto Megna prima stava con la fazione dei sette – il ramo ‘Mbrogghja – dei Mancuso, poi passò con il ramo degli undici guidato da Luigi Mancuso. È stato Assunto Megna ad occuparsi di organizzare un summit a Nicotera tra Marcello Pesce di Rosarno, all’epoca latitante, e Luigi Mancuso. Ricordo che in un’occasione Francesco Perfidio stava sotterrando in una campagna di Nicotera dei soldi provento dei traffici di droga e si accorse della presenza di alcune telecamere. Spaventato mi chiamò e io, andato sul posto, ho notato una telecamera che puntava sulla casa di Megna e il suo negozio di Ittica. Chiamai quindi Giuseppe D’Angelo per avvertire subito i Megna e Assunto Megna mi ringraziò dicendo che li avevo salvati. Ricordo che dopo tre giorni da questo episodio il latitante Marcello Pesce è stato scovato e arrestato. Dopo l’operazione Dinasty contro i Mancuso, il contabile del clan l’ha fatto Cupitò di Nicotera Marina, detto Pignuni, quello che faceva il pane, mentre il resto lo gestivano tutto Pasquale Gallone e Assunto Megna».
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The Red estromesso dal padre
«Si verificò un contrasto tra Domenico Mancuso, detto The Red, all’epoca in cui il padre Diego Mancuso era detenuto per Dinasty. Domenico Mancuso volle infatti imporre l’estorsione a un supermercato della mamma di Giuseppe De Certo e dei D’Aloi, tutta gente che era già protetta dalla mia famiglia. Cupitò e Megna – ha dichiarato il collaboratore – dissero a Domenico Mancuso di non fare l’estorsione, ma Domenico Mancuso fu irremovibile. Diego Mancuso dal carcere si arrabbiò ed ha estromesso il figlio da tutte le attività anche perché Domenico Mancuso sperperava i soldi della famiglia, comprava in continuazione barche e moto d’acqua. Ricordo – ha raccontato Emanuele Mancuso – che per festeggiare il suo compleanno una volta Domenico Mancuso ha portato la cantante Anna Tatangelo. Un’altra volta, invece, a Nicotera Marina si è tenuto un concerto di Gigi D’Alessio e nell’occasione Tinuccio Ranieli del Sayonara ha dato gratis a Ferraro e Rizzo, che erano associati a una radio, il terreno accanto al villaggio per l’esibizione. La cessione del terreno è avvenuta gratuitamente e al Sayonara hanno dato solo un certo numero di biglietti destinati a quanti soggiornavano nel villaggio».
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I contrasti tra le fazioni del clan
I contrasti tra le fazioni del clan Mancuso si verificano anche quando esce dal carcere Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, che si allea con il cugino Pantaleone Mancuso, alias l’Ingegnere, padre di Emanuele Mancuso. «Nella stessa fazione c’erano Assunto Megna, Cupitò e altre persone come i Piccolo di Nicotera che costituivano il gruppo di fuoco. Cupitò era un membro della famiglia Mancuso al cento per cento e spesso cambiava degli assegni provento di vari traffici. C’era una grande affinità tra mio padre e Cupitò tanto che mai con la mia famiglia hanno avuto contrasti per la vendita del pane che lui distribuiva ai negozi a Tropea e dintorni. Anche Assunto Megna cambiava assegni e da lui c’era la fila perché era sempre pronto a distribuire soldi. Altro personaggio legato a mio padre era Domenico Ciconte, detto Mimmo La Bestia, di Sorianello. Era il soggetto che investiva i soldi di mio papà, che ne sosteneva le spese durante la detenzione e che era legato a mio padre da un comparaggio. Era collocato con mio padre e con Diego Mancuso, riconoscendo poi il ruolo di Luigi Mancuso una volta che quest’ultimo è uscito dal carcere. Ricordo che in un’occasione mia mamma chiamò Nino Gallone, figlio di Pino Gallone di Nicotera, per farsi dare da Ciconte dei soldi».
«L’altra fazione era costituita – ha continuato Emanuele Mancuso – da Salvatore Cuturello, Giovanni Rizzo, Giuseppe Rizzo, Leo Rizzo, Mimmo Campisi, il figlio Totò Campisi, Salvatore Drommi e il figlio Nicola Drommi. Domenico Mancuso, figlio di Peppe ‘Mbrogghja, era quello che proteggeva Totò Campisi. Ci fu una lite tra le due fazioni, tanto che i Piccolo spararono a Cuturello ed a Campisi, mentre Domenico Mancuso ha fatto completamente incendiare la casa di Assunto Megna. In ogni caso dopo l’incendio Assunto Megna ricostruì la sua casa più bella di prima».
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La cattura di Pantaleone Mancuso in Sud America
Il collaboratore di giustizia è quindi passato a trattare la vicenda della cattura di Pantaleone Mancuso, alias l’Ingegnere, fermato nel 2014 al confine tra Argentina e Brasile. Due i soggetti che – secondo Emanuele Mancuso – si sarebbero interessati a “proteggere” in carcere in Argentina Pantaleone Mancuso prima dell’estradizione in Italia: un soggetto originario della provincia di Reggio Calabria, Ferdinando Saragò, e Assunto Megna.
«Grazie all’intervento di queste due persone, mio padre è stato trattato in carcere in Argentina come un gingillo, come un Dio, ed è stato quindi protetto in carcere trattandosi di un boss e, soprattutto, attraverso la corruzione la mia famiglia aveva pagato affinché altri detenuti lo proteggessero. Interesse della mia famiglia era anche quello di far risultare alle autorità italiane – sempre attraverso la corruzione di funzionari argentini – una somma inferiore ai centomila euro ritrovati nel borsone che mio padre portava con sé quando è stato fermato su un autobus al confine tra Argentina e Brasile. Altre persone che accompagnavano mio padre sull’autobus al momento della cattura non furono fermati e riuscirono a far passare in Brasile altri borsoni pieni di soldi».