VIDEO-FOTO | Il 72enne vive nel quartiere Ciccarello di Reggio Calabria: paralizzato, affetto da deficit mentale e intrappolato nella sua casa. Il disperato appello della moglie al Comune affinchè sia concessa loro un'abitazione più idonea: «Non chiedo favori, solo che vengano rispettati i diritti di una persona malata»
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«Mio marito può morire. Se non ci fossero altre persone ad aiutarmi, insieme ai miei figli, a trasportarlo quando sta male, rischierebbe di rimanere bloccato. E quando nessuno mi può aiutare? Io da sola non ce la faccio. Il Comune deve intervenire subito». La signora Concetta Arecchio è disperata. Suo marito Angelo Arcati ha 72 anni, malato psichico, con una disabilità invalidante al 100 per cento, paralizzato in un letto dove passa tutte le sue giornate. La coppia abita al quarto piano di una delle case popolari a Ciccarello, quartiere alla periferia sud di Reggio Calabria, uno dei più difficili a livello sociale.
L’ascensore non ha mai funzionato e c’è il rischio concreto che l’anziano non riesca ad essere soccorso. Da oltre quattro anni chiedono il cambio dell’alloggio e da Palazzo San Giorgio non hanno mai ricevuto alcuna risposta. «Io non so più come fare. È da tanto che combatto per avere questo cambio di alloggio e le istituzioni non si prendono le loro responsabilità. Devono fare qualcosa perché mio marito è come se fosse in galera. Sempre a letto, immobile, costretto a stare chiuso in questa camera». Una camera da cui il signor Angelo non può uscire. Le scale sono strettissime e una barella non ha lo spazio sufficiente per passare. «Qui l’ambulanza non riesce ad arrivare- ci dice la donna- se per caso mio marito dovesse sentirsi male, cosa che capita spesso, e se dovesse avere necessità di essere trasportato in ospedale nessuno riuscirebbe a portarlo. Questa non è vita». Concetta e il marito Angelo chiedono solo che venga rispettata la legge e che vengano rispettati i loro diritti. «Non sto chiedendo un favore, sto chiedendo- afferma con forza- che vengano rispettati i diritti di una persona malata. Io sono in regola con i pagamenti, con le tasse, quindi cosa devo fare di più? Dobbiamo aspettare che muoia per avere una casa idonea?». Concetta quindi, conduce una dura battaglia su due fronti. Da un lato contro le patologie invalidanti del marito e dall’altro contro le istituzioni che in questo caso, ma ce ne sono anche molti altri, non garantiscono il diritto alla salute, di condurre una vita dignitosa in una casa che rispetti le loro esigenze. La vicenda è costantemente monitorata dalle associazioni che fanno parte dell’osservatorio sul disagio abitativo e che da anni denunciano le inefficienze del Comune sul fronte dell’edilizia residenziale pubblica.
«Il caso di Angelo e Concetta non è un caso isolato- afferma alla nostra testata Giacomo Marino, dell’associazione “Un mondo di mondi” che fa parte dell’osservatorio. Saranno centinaia le richieste di cambio alloggio inevase nella città metropolitana. È una delle problematiche della cattiva gestione degli alloggi popolari che non trova soluzione negando il diritto ad un alloggio adeguato a molte famiglie assegnatarie. Dal 1996 il comune di Reggio Calabria e l’Aterp- prosegue Marino- non applicano le disposizione di legge per i cambi alloggio. Il cambio dell’ alloggio per disagi abitativi, per condizioni strutturali inadeguate alla salute degli assegnatari, per sovraffollamento e per sottoutilizzazione, così come al titolo quinto della legge regionale 32 del 1996. Si tratta di un’azione fondamentale della gestione degli alloggi popolari. Attraverso questa azione viene garantito nel tempo il diritto fondamentale ad una casa adeguata agli assegnatari». E la casa di Concetta e Angelo non è più adeguata. Angelo ha ricevuto questo immobile quando era in salute, ma si è ammalato e a causa di questa situazione per lui, e la sua famiglia, andare a fare i controlli a cui deve necessariamente sottoporsi è un vero e proprio calvario. «Il Comune e l’Aterp secondo quanto previsto dalla legge regionale, ha concluso Marino- avrebbero dovuto dal 1996 approvare ogni tre anni il programma di mobilità degli assegnatari e provvedere alla sua attuazione, fissandone tempi e criteri. In pratica, negli ultimi 22 anni, i due enti avrebbero dovuto, secondo la legge regionale, fissare la percentuale di riserva di alloggi da destinare ai cambi (aliquota massima del 25%), predisporre e ricevere le istanze degli assegnatari, costituire una Commissione con il compito di valutare le domande, redigere apposita graduatoria, considerando le priorità fissate dalla normativa, e quindi procedere ad effettuare i cambi degli alloggi con scorrimento della graduatoria. Di tutto questo, nulla è stato fatto».
Ed è per questo che la signora Concetta, insieme a tutte le associazione che fanno parte dell’osservatorio, chiede al primo cittadino Giuseppe Falcomatà una presa di posizione e soprattutto un intervento urgente. «Mi rivolgo al sindaco Falcomatà- chiosa la signora Concetta- che ci dia una casa idonea affinché mio marito possa vivere bene. E non lo chiedo solo per me, ma anche per tutti gli altri cittadini che sono nella mia stessa situazione»