Secondo il Tribunale del Riesame Simona Pozzi deve andare in carcere. Per i giudici fu proprio lei la mandante dell'omicidio del padre, avvenuto nel febbraio del 2016. Assoldò, dopo un primo tentativo di avvelenamento fallitol, un uomo intraneo alla criminalità organizzata.

 

Maurizio Pozzi, 69 anni, stimato titolare di uno storico negozio di scarpe nel quartiere Affori di Milano - negozio nel quale ha sempre lavorato anche la figlia - era tornato a casa nel pomeriggio. Il suo cadavere era stato trovato con grande orrore dalla moglie nella camera da letto della villa con "otto ferite lacero-contuse" alla testa, inferte "con un oggetto contundente". L’ipotesi della caduta accidentale durò ben poco. Le ferite erano troppo profonde e non uniformemente distribuite. Si capì da subito che il  cranio del 65enne era stato ripetutamente colpito con un oggetto contundente che era poi stato portato via.

 

I sospetti in breve si concentrarono sulla figlia dell'uomo, Paola. Nei mesi scorsi il gip Franco Cantù Rajnoldi ha negato l'arresto chiesto dai pm, sostenendo che c'era sì un quadro indiziario, ma mancava una prova oggettiva nei confronti della donna. Lo stesso gip, tra l'altro, non si era pronunciato sulla richiesta d'arresto formulata dai pm anche per il tentato omicidio del 2013, per il quale la donna avrebbe svolto sempre il ruolo di mandante. Ora il Riesame) su questa imputazione ha stabilito che i pm potranno di nuovo formulare una richiesta di custodia cautelare e il gip dovrà provvedere. È stato già arrestato, invece, a seguito delle indagini dei pm di Bergamo, Pasquale Tallarico, accusato del tentato omicidio di 5 anni fa.

 

Ma chi è Simona Pozzi? Di certo la figlia che nessuno vorrebbe avere. Secondo quanto emerso dalle indagini, condotte dalla Sezione omicidi della Squadra Mobile diretta da Achille Perone, che la donna avrebbe, nel giro di poco tempo, letteralmente "dilapidato il patrimonio del padre". Dalle sue mani bucate, tra il 2006 e il 2011, sarebbero scivolati quasi 800mila euro. Inoltre, secondo i giudici, la donna abitualmente "somministrava al padre alte dosi di tranquillanti", benzodiazepine in particolare, "per 'tenerlo buono' ed evitare le sfuriate aggressive che aveva quando si arrabbiava".