Il Consiglio superiore della magistratura ha assolto il magistrato perché i fatti addebitategli sono inesistenti, chiudendo il procedimento disciplinare.  Un polverone sollevato per nulla.  Un castello accusatorio fondato su presunte commistioni ‘ndranghetiste tra magistrati e la cosca dei Mancuso di Limbadi, privo di consistenza. Ipotesi di violazioni del dovere di segretezza e che sono costate a Boninsegna l’iscrizione nel registro degli indagati. Il gip del Tribunale di Salerno Dolores Zarone aveva già  messo la parola fine pronunciandosi con un decreto di archiviazione così come richiesto dal pubblico ministero Rocco Alfano, per Boninsegna. Un verdetto che ha confermato le decisioni del gip del 29 novembre 2012 e del Tribunale del riesame del 4 febbraio 2013, bocciando la richiesta di interdizione dai pubblici uffici del magistrato:« non può essere esercitata l’azione penale». Non ci sono elementi che provino che Boninsegna abbia fornito notizie coperte dal segreto ad Antoni Galati, avvocato di fiducia di uno dei presunti appartenenti alla cosca dei Mancuso, facente capo a Pantaleone Mancuso. Anzi. Pare proprio che quelle fughe di notizie siano da attribuire a soggetti diversi dalla magistratura, «e certamente non con il concorso del magistrato».