Il pentito si è soffermato sulla figura di Salvatore Ascone: «Voleva acquisire quelle aree con la violenza per ricevere contributi agricoli». Al boss di Limbadi Diego Mancuso sarebbe arrivato un telefono in carcere
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Deposizione del collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, nel maxiprocesso nato dalle operazioni Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. Nel corso dell’esame condotto in aula dal pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, il collaboratore – collegato in videoconferenza da un sito riservato – si è soffermato in particolare sulla figura di Salvatore Ascone, sull’interesse della famiglia Mancuso all’acquisizione dei terreni di Maria Chindamo e sull’uso di un telefonino in carcere da parte del boss di Limbadi Diego Mancuso.
«Ho conosciuto Salvatore Ascone, detto U Pinnularu o U Capraru, nell’autunno del 2006 all’interno della mia azienda sita a Vibo lungo la strada per Stefanaconi. Io mi trovavo agli arresti domiciliari in via Tiro a Segno a Vibo – ha dichiarato Mantella – ma ero stato autorizzato dal giudice a recarmi al lavoro nella mia azienda di allevamento di bestiame. È qui che per intercessione di Filippo Fiarè, elemento di vertice dell’omonimo clan di San Gregorio d’Ippona, ho incontrato Salvatore Ascone di Limbadi. Fiarè aveva preso appuntamento tramite Pasquale Franzè di Vibo, detto U Tarra, che aveva la masseria vicino la mia azienda. Nell’occasione – ha spiegato il collaboratore di giustizia – Salvatore Ascone si è fatto carico di un debito che avevano con me i fratelli Micarelli di Briatico, garantendo per loro».
Ascone e il narcotraffico
Secondo Andrea Mantella, Salvatore Ascone era un grosso trafficante di droga «e di lui – ha aggiunto il collaboratore – mi parlò anche Giuseppe Giampà di Lamezia Terme, figlio di Francesco Giampà, detto Il Professore, nonché nipote di mio cognato Pasquale Giampà. Giuseppe Giampà mi disse che Salvatore Ascone era attivo nel traffico di stupefacenti tra Lamezia e Nicotera. Ho anche saputo che Ascone trafficava droga per conto dei Mancuso, in particolare con Pantaleone Mancuso, detto l’Ingegnere, con Cuturello, Mimmo Campisi, Giovanni Rizzo, detto Mezzodente, e con Giuseppe Raguseo, quest’ultimo frequentatore del mio braccio-destro Francesco Scrugli. Scrugli era anche mio cognato ed è stato poi ucciso nel 2012».
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L’interesse per i terreni della Chindamo
Andrea Mantella si è quindi soffermato sull’interesse di Salvatore Ascone e dei Mancuso per i terreni di Maria Chindamo. «Ascone era interessato ad acquisire con la violenza dei terreni vicino alla sua proprietà a Limbadi per poter pascolare il gregge o ricevere contributi per le attività agricole. Ascone era collegato alla fazione di Peppe Mancuso, detto ‘Mbrogghja, ed ai suoi fratelli Francesco Mancuso, detto Tabacco, Pantaleone Mancuso detto l’Ingegnere, e Diego Mancuso. È stato proprio Diego Mancuso a riferirmi dello spessore criminale di Ascone – ha ricordato il collaboratore – durante un comune periodo di detenzione nel carcere di Viterbo dove eravamo detenuti unitamente ad Angelo Boccardelli, un Bellocco di Rosarno e un Giofrè di Seminara. Diego Mancuso, grazie all’avvocato Francesco Sabatino, disponeva di un telefonino in carcere e ogni mattina lo stesso Mancuso si recava nei locali delle docce del carcere per telefonare e tenersi aggiornato su quanto accadeva all’esterno».
«Diego Mancuso, che incontravo nei corridoi del carcere, in tali occasioni parlava male della fazione della sua famiglia facente capo a Luigi Mancuso ed a Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta. Diego Mancuso era convinto che lo zio Pantaleone Mancuso, alias Vetrinetta, si fosse venduto con la giustizia la persona di Giuseppe Mancuso per salvare Luigi Mancuso. In tale contesto - ha aggiunto Mantella – Diego Mancuso mi confidò che la fazione di Luigi e Pantaleone Mancuso si voleva impossessare dei terreni di Maria Chindamo che però non voleva cederli. Diego Mancuso mi raccontò – ha riferito ancora Mantella – che invece il marito della Chindamo aveva quasi ceduto per la cessione dei terreni alla fazione di Peppe Mancuso, avendo lo stesso Diego Mancuso chiesto l’intervento di Francesco Pesce di Rosarno, detto Ciccio Testuni, che era riuscito a convincere il marito della Chindamo, ma non la donna”. Stando alle confidenze che Diego Mancuso avrebbe fatto in carcere ad Andrea Mantella, nella vicenda si sarebbero quindi intromessi gli zii di Diego Mancuso – Luigi e Pantaleone, detto Vetrinetta, quest’ultimo attraverso il genero Maccarone – e alla fine i terreni sarebbero andati a Salvatore Ascone. “Diego Mancuso era però adirato con gli zii – ha concluso Mantella – in quanto sosteneva che in ogni caso Salvatore Ascone doveva stare con la sua fazione e non con quella degli zii. Si trattava di terreni piantati ad arance e kiwi che Maria Chindamo non voleva cedere».