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Sono cifre da capogiro quelle rese note dall’operazione ‘Gambling’ della Dda di Reggio Calabria che ha svelato come la ‘ndrangheta avesse messo in piedi un semplice quanto efficace sistema per evadere il fisco e riciclare una quantità immane di denaro sporco. Il sistema, gestito dalla cosca Tegano di Reggio Calabria, era in grado di controllare, attraverso regolari imprese del circuito delle scommesse on line, il gioco d’azzardo in Calabria e in altri Stati europei. Un giro d’affari che gli inquirenti non sono ancora riusciti a stimare, basti pensare che il primo sequestro di 200mila euro era riferito all’attività di appena una settimana, gestita da una sola delle 1500 agenzie sequestrate di cui 11 operanti tra Malta, Austria, Romania e Spagna, 45 società operanti sul territorio italiano.
Un vero e proprio sistema di gioco "parallelo” grazie al quale, come ha spiegato il procuratore di Reggio Calabria De Raho “tutte le giocate avvenivano direttamente in contanti, attraverso il conto aperto dalla società estera al punto di commercializzazione”. I giocatori consegnavano il denaro contante direttamente in agenzia, così facendo eludevano i controlli in quanto il pagamento non avveniva per via telematica, ed era esente dai controlli dell’agenzia dei Monopoli di Stato. I proventi delle scommesse venivano poi inviati su conti in Spagna e a Malta, sedi della direzione amministrativa dell’associazione. Si chiamano “Centri di trasmissione dati” e sono siti con dominio “.com” gestiti da società con sede all’estero e che accettano soldi in contante e in quote superiori a quelle dei siti "controllati". Questi siti attraverso server situati all’estero eludevano i controlli dell’ Agenzia dei Monopoli di Stato.
“L'incidenza del volume di giochi sul Pil calabrese è pari a 800mila euro, cioè circa il 10% del Pil calabrese – ha spiegato il capocentro della Dia, Gaetano Scillia”. E per rendere l’idea della quantità di denaro gestito dai clan, il comandante della Guardia di Finanza Alessandro Barbera ha sottolineato che “a casa di un soggetto arrestato sono stati rinvenuti 160mila euro in contanti, di cui 20mila nascosti nella lavatrice”.
Al vertice della piramide c’era Mario Gennaro, conosciuto con il soprannome di “Mariolino”. Gli inquirenti lo definiscono come ”homo novus” della ‘ndrangheta. Mariolino era in grado di gestire il traffico denaro sporco dietro l’apparente legalità di marchi commerciali conosciuti in tutto il mondo. Era lui che dirigeva i centri scommesse BetuniQ in Italia e all’estero. Accanto a lui Domenico Lagrotteria, “ è a lui che si deve la decisione di spostare il sistema prima a Malaga e poi a Malta”.
Nonostante le società avessero sede all’estero, il centro decisionale e operativo era sempre a Reggio Calabria. Dalla città dello Stretto, gli affiliati alla cosca Tegano gestivano il business delle scommesse.
Negli ultimi anni l’attenzione degli investigatori si è concentrata sui continui viaggi di Mario Gennaro a Malta riuscendo a scoprire che dietro i tornei di ‘Texas holdem’ si nascondeva il riciclaggio di denaro sporco sia dei Tegano che delle altre cosche del reggino. I collegamenti con le ‘ndrine del territorio servivano anche per l’acquisizione delle agenzie compiacenti che, in molti casi venivano obbligate ad istallare i software necessari per connettersi ai siti gestiti dall’ organizzazione criminale.