«Imprenditori collusi con le cosche». Così il gip di Reggio Calabria definisce Vincenzo classe 1935 e Gianfranco Ruggiero classe 1961, finiti ieri nella rete della guardia di finanza e del Ros dei carabinieri nell’inchiesta che ha svelato gli interessi della ‘ndrangheta nella gestione dei carburanti petroliferi. «In tale settore – rimarca il giudice riprendendo l’informativa di polizia giudiziaria – i Ruggiero sono gli imprenditori di riferimento della cosca dei Piromalli all’interno dell’area portuale gioiese e del territorio comunale, che hanno avuto “protezione” da parte dapprima di Mommo Molè, capobastone della cosca dei Molè, ed in seguito da parte dei Piromalli, fra cui Pino Piromalli cl. ’45, detto “facciazza”».

Il modus operandi

L’indagine della guardia di finanza, dunque, ha consentito di ricostruire i presunti affari illeciti dei Ruggiero a partire dal 2017, unitamente agli imprenditori Camastra, gestori del deposito Italpetroli srl di Locri, nonché insieme a vari broker calabresi, siciliani e campani, anch’essi inseriti in alcuni casi all’interno della criminalità organizzata, con particolare riferimento al settore delle frodi all’Iva e del riciclaggio. In particolare, i Ruggiero avrebbero messo in piedi delle società cartiere riconducibili a diversi indagati, all’interno dei un’associazione per delinquere attiva nel commercio di prodotti petroliferi, posta in essere allo scopo di evadere le imposte, in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo delle “dichiarazioni d’intento”.

Nell’inchiesta è emerso il ruolo della società Lacinia srl, divenuta poi Alfa Distribuzioni srl, di proprietà dei Ruggiero, il cui scopo era quello di costituire il deposito commerciale all’interno del quale sarebbe dovuto transitare artatamente il carburante petrolifero per essere destinato ai broker ed alle pompe di benzina. L’inchiesta ha però accertato come, in realtà, attraverso documentazione fittizia, il gasolio non transitava realmente nei depositi della società dei Ruggiero, ma veniva destinato direttamente ai clienti finali. È così che l’associazione ha potuto ottenere ingenti profitti, con la complicità degli imprenditori gioiesi, lucrando profitti dal mancato versamento dell’Iva e delle accise allo Stato italiano.

I Ruggiero incutono paura

Ad avviso degli investigatori, emblematica per dimostrare lo spessore criminale di Vincenzo e Gianfranco Ruggiero, è una conversazione captata nel 2018 fra due professionisti campani dove gli stessi discutono dell’atteggiamento di una persona – tale Enrico – che starebbe indispettendo non poco i Ruggiero. Giuseppe Lovaglio è colui che, curando gli affari dei Ruggiero, appare più preoccupato: «Stiamo giocando veramente con il fuoco», dice al suo interlocutore. E poi ancora: «Io se chiamo giù (in Calabria, ndr) lunedì vengono qua e vogliono parlare con questo Enrico e con questo Alfio e se li portano giù».

La preoccupazione aumenta: «Io ti voglio dire una cosa, Augusto, questi sono… adesso come si è messa la cosa, è una pericolosità a tutti gli effetti perché questo cristiano che poi parla senza sapere i piedi dove ce li ha, questo Enrico, io non mi sarei manco messo, pure se era un parente mio così in prima linea perché… (…) poi non sai da quest’altro lato chi sta comprando! Quello ancora deve capire chi sta comprando da quest’altra parte, che veramente se lo prendono e se lo portano dentro ad una caverna giù a Gioia Tauro! Ma per sfizio, solo per sfizio se lo portano!». Lovaglio non fa mistero di sapere a chi facciano riferimento i Ruggiero: «Sono la famiglia più anziana di Gioia Tauro, questi clienti miei di giù». E la famiglia più anziana, intesa in termini ‘ndranghetistici è ovviamente quella dei Piromalli.