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La conferenza episcopale calabrese ha presentato, questa mattina, nella sala Mons. Ferro della Curia Arcivescovile di Reggio Calabria, la nota pastorale contro la 'ndrangheta. Monsignor Salvatore Nunnari ha parlato dei rapporti tra chiesa e criminalità organizzata definendo quest’ultima come “qualcosa di disumano”.
“La realtà criminale – scrivono – ha raggiunto ormai una dimensione “globalizzata”, trovando in alcune frange della politica e dei poteri forti deviati connivenze e collusioni che le permettono di piegare ai propri fini i suoi alleati, tante volte prezzolati in termini di denaro pulito e sporco, di tangenti, di favori e di raccolta di voti e consensi. Dinanzi a questo scenario, la Chiesa si china sull'uomo ferito e grida il suo dolore e la sua indignazione». «Al potere mafioso, che permea ancora singoli e istituzioni – proseguono i presuli – dobbiamo opporre quel tanto auspicato e nuovo senso critico per discernere i valori evangelici e 'l'impegno dei cristiani nella “polis”, come espressione della carità e dell'amore che il credente vive in Cristo, senza disertare la politica, anche se casi di corruzione spingerebbero a cedere alla tentazione di farsi da parte”.
“Sappiamo – proseguono – che il cammino è lungo, ma intendiamo ribadire con forza che le mafie, di cui la 'ndrangheta è oggi la faccia più visibile e pericolosa, costituiscono un nemico per il presente e l'avvenire della nostra Calabria. Noi dobbiamo contrastarle, perché nemiche del Vangelo e della comunità umana. In nome del Vangelo, dobbiamo tracciare il cammino sicuro ai figli fedeli e recuperare i figli appartenenti alla mafia. Dalla presa di distanza alle forti denunce, dalla presa di coscienza alla testimonianza: è un cammino per arrivare oggi al deciso appello al pentimento, alla conversione, alla pacificazione del cuore di fronte alla luce del Vangelo che ci chiama alla testimonianza della verità”.
“La Chiesa calabrese – è scritto ancora nella pastorale – avverte il grido di un popolo e di un territorio ferito nella sua dignità; accompagna il cammino sofferente di chi porta sulle spalle il peso di frequenti ingiustizie e di atteggiamenti estorsivi dentro i quali la mancanza di lavoro si salda con la piaga del lavoro nero. Il ricatto e l'usura si sposano con la promessa di guadagni facili attraverso la chimera del gioco d'azzardo e, sulla frontiera devozionale, all'intercessione dei santi patroni del cielo si sostituisce l'affidamento ai “padrini” di questa terra. Ma accanto alla gramigna – scrivono i vescovi – silenziosamente cresce il campo del bene che si distingue per la sua luminosità e la sua coerenza. Un campo seminato dal lavoro capillare e feriale di pastori e di laici che, nella predicazione, nella catechesi, nell'impegno sociale, hanno dissodato e coltivano il terreno, perché cresca – concludono – il buon grano”.