Il capo clan di Maida chiamato a risolvere le controversie nella Piana, il potere dei Cerra-Torcasio-Gultieri e i Galiano che «raccolgono 100 milioni al mese di estorsioni»: nelle indagini della Dda i legami tra le realtà criminali calabresi
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I rapporti con la criminalità di Rosarno per l’approvvigionamento di cocaina, i legami con l’omonima cosca di Maierato e il testimone preso al volo dalla cosca Anello-Fruci di Filadelfia stroncata dall’inchiesta Imponimento. Dalla recente indagine della Dda di Catanzaro, Artemis – che ha portato ieri a 49 misure cautelari – emerge il rispetto mafioso che la cosca di Maida capeggiata da Domenico Cracolici, 53 anni, era riuscita a conquistare tra le realtà criminali calabresi. Tra queste non mancano le cosche presenti nella città di Lamezia Terme.
La diatriba per i posti da ambulante
I Cracolici erano diventati un punto di riferimento per redimere divergenze. Oltre che con esponenti della cosca Giampà sono stati «documentati – scrive la Dda di Catanzaro – rapporti con la cosca lametina “Cerra-Torcasio-Gualtieri”, come evidenziano i legami tra Domenico Cracolici e Pasquale Ventura (non indagato in questo procedimento, ndr), emersi in occasione della vicenda relativa all’intervento di Mimmo nella risoluzione della diatriba tra i Furfari e i Berlingeri per l’occupazione dei posti di vendita ambulante di frutta, verdura e legna». L’incontro chiarificatore per questa diatriba si terrà, registrano i carabinieri, il 29 marzo 2023.
Il furto in casa dei Bartuca a Cortale
E non sarà l’unico incontro nel quale Mimmo Cracolici, «in virtù della sua posizione di referente criminale della zona di Cortale», dovrà mediare.
Un’altra lite era sorta infatti a Cortale tra due fratelli Bertuca e Ventura in seguito al furto di preziosi a casa dei due germani. In causa vengono chiamati Cracolici e Ventura (accusato del furto nell’occasione in cui era ospite a Cortale). Cracolici informa uno dei due fratelli «che poco prima era stato chiamato a Lamezia Terme da “quelli che ci sono" - espressione per indicare coloro che in quel momento avevano il controllo mafioso sulla città…».
La proposta di pace dei lametini
All’esplicita domanda di Cracolici, Domenico Bertuca racconta di avere «puntato una pistola carica contro Ventura, specificando che, solo grazie al nipote Rocco, intervenuto per sottrargli di mano l’arma, non aveva esploso un colpo: “Deve ringraziare Rocco me l'ha tolta dalle mani... che già avevo messo il colpo pure !”».
Mimmo Cracolici fa da mediatore tra la fazione lametina e quella di Cortale. Dice a Bertuca che «a Nicastro non so se voi sapete chi gestisce... Nicastro e pure dintorni e tutti... lasciamo stare i nomi vecchi ... che ora quando sono in galera» e spiega che i lametini offrivano la possibilità a Bertuca «di prelevare gratuitamente merce preziosa dall’interno di alcuni negozi da loro posseduti, per meglio risarcire il danno subito».
«Se hanno bisogno, possono venire anche da noi e noi gli dobbiamo il favore, glielo dobbiamo noi !" [...] che risolvano in qualche cosa ... in qualche buona maniera ... eh ... lui non si deve preoccupare, ma se vogliono qualcosa ... facciamo noi, ci stringiamo noi le spalle – ha detto – che vengano al negozio", che hanno i negozi ... "che vengano al negozio, noi siamo ... li faccio padroni a casa mia, però lui non deve patire niente”», è il messaggio pacificatore.
Risolvere senza violenza
Tra l’altro, Mimmo Cracolici spiega che il motivo per cui era stato convocato dalle famiglie lametine «era dovuto al fatto che uno di loro, da poco scarcerato, aveva indicato il suo nome come referente mafioso della zona di Cortale».
L’incontro con Torcasio alias Giappone
Quella stessa sera Domenico Cracolici incontra Ventura che è in compagnia di Vincenzo Torcasio, alias Giappone, «esponente di spicco della criminalità organizzata lametina, già condannato per associazione mafiosa quale partecipe della cosca “lannazzo-Cannizzaro-Daponte”».
«L’incontro – sottolinea la Dda –, avente lo scopo di discutere della vicenda in esame, è di estrema importanza perché cristallizza ancora una volta la tipica dinamica che caratterizza i rapporti tra cosche di ‘ndrangheta, ciascuna avente una specifica “competenza territoriale”, ed il ruolo dei soggetti in posizione apicale nella risoluzione di eventuali contrasti insorti tra appartenenti a ‘ndrine diverse».
Cracolici si mostra grato a Ventura di avergli «dato modo di conoscere di persona soggetti della cosca Torcasio-Gualtieri, mai incontrati, a suo dire, prima di quel momento» – scrivono gli inquirenti – ma allo stesso tempo lamenta il fatto che troppe personalità sono state coinvolte in una vicenda quasi paragonata a un omicidio: «Però ascoltami un attimino... qua stiamo parlando tipo, tipo quasi quasi, quasi quasi di un omicidio... cioè c'è tutto, tutto il mondo un altro poco…».
Cerra-Torcasio-Gualtieri, «ora sono loro che girano, tutti…»
Dalle intercettazioni di qualche tempo dopo si percepisce che i propositi di vendetta di Bartuca si sono smorzati grazie all’intervento dei Torcasio e dei Ranieri, questi ultimi ritenuti accoscati con i Cerra.
Secondo Cracolici «ora sono loro che girano, tutti…», riferendosi ai Cerra-Torcasio-Gualtieri.
I Galiano e le estorsioni «100 milioni al mese»
Dalle conversazioni emerge una certa attività anche da parte della famiglia Galiano. Cracolici, nel corso di una conversazione captata il 23 febbraio 2022, si definisce vicino ai Galiano, capaci di «raccogliere circa 100 milioni di lire al mese di proventi estorsivi».
La Panda piena di contanti fatta seppellire da Francesco Giampà
Un fatto parecchio curioso, nel corso della stessa conversazione, emerge a proposito della cosca dei Giampà. Domenico Cracolici racconta «di aver conosciuto, quando aveva circa 17/18 anni, il boss Francesco Giampà e di essere a conoscenza che il suo gruppo criminale aveva sotterrato una Fiat Panda piena zeppa di denaro in contanti e che, nonostante il figlio di quest’ultimo, Giuseppe, si fosse pentito, l’autovettura non era stata ritrovata, non esimendosi dall’esternare sentimenti di disprezzo verso il collaboratore di giustizia».