«Con tutti i morti che ho fatto, potrei riempire un cimitero». Matteo Messina Denaro ripeteva spesso questa frase. Sono almeno settanta le vittime di cui, in veste di mandante o esecutore, il boss di Castelvetrano viene ritenuto responsabile. Nessuna pietà per donne incinte e bambini. È il caso del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e sciolto nell’acido l’11 gennaio del 1996, dopo una prigionia durata due anni. Una vendetta trasversale per punire il padre del ragazzino Santino che aveva deciso di pentirsi e collaborare con gli inquirenti. L’uomo, ora che il responsabile della morte di suo figlio, dopo trent’anni di latitanza, è stato finalmente arrestato e per quel crudele assassinio dovrà scontare l’ergastolo, affida all’avvocato Monica Genovese il proprio sfogo.

«Nulla potrà restituire in vita Giuseppe o compensare in qualunque modo la sua prematura scomparsa, ma di certo tutti coloro che hanno preso parte a questo efferato delitto, oltre a doverne rispondere davanti alla giustizia divina, dovranno farlo anche davanti a quella umana».

Era il 23 novembre del 1993, quando un commando di mafiosi travestiti da poliziotti andò a prelevare il bambino che si allenava in un maneggio. L'intento era costringere il padre a interrompere la collaborazione con la giustizia, ma i mesi passavano, Di Matteo non ritrattava le dichiarazioni ai magistrati, era diventato sempre più complicato gestire la prigionia del ragazzino e 779 giorni dopo il sequestro si decise di farlo fuori: gli strinsero una corda attorno al collo, poi sciolsero il corpo nell'acido. Anni dopo il pentito Gaspare Spatuzza si autoaccusò chiamando in causa anche i capimafia Messina Denaro e Giuseppe Graviano.

Giovanni Brusca, scarcerato per fine pena nella primavera del 2021, ha ammesso la sua responsabilità. In tutto negli anni per il delitto del piccolo di Matteo sono state condannate una quarantina di persone, tra mandanti, carcerieri ed esecutori materiali. «Mi hanno portato via il cuore», ha detto una volta la madre, Franca Castellese, che non ha mai voluto perdonare i carnefici di suo figlio.

«Non c'è soddisfazione nella famiglia per l'arresto di Messina Denaro - conclude l'avvocato Genovese - piuttosto la presa d'atto di uno straordinario successo della procura della Repubblica di Palermo, ed ennesima tappa - ricorda la penalista - del percorso per assicurare alla giustizia tutti coloro che hanno svolto un qualunque ruolo nel più grave delitto nella storia della mafia».