Dall'inizio della crisi fino al fallimento, storia di una bancarotta fraudolenta. Registrati quasi 400 versamenti sui conti dell'amministratore della società mentre i dipendenti erano senza stipendio (e le tasse venivano evase)
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Più di 900mila euro sarebbero stati investiti nella commercializzazione di orologi e altri beni di lusso: importi tra 5mila e 25mila euro per gli acquisti; fino a 32mila euro per la vendita a una serie di società operanti nel settore dei preziosi. C’è anche questa tra le contestazioni della Procura di Catanzaro (l’inchiesta è firmata dal pm Stefania Caldarelli, dal procuratore aggiunto Giulia Pantano e dall’allora procuratore Nicola Gratteri) a Natale Figorilli, 45 anni, imprenditore nel settore della vigilanza privata finito questa mattina ai domiciliari. Figorilli è indagato assieme al padre Antonio, 79 anni. I due rispondono, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta, reati fiscali e autoriciclaggio. Al centro degli approfondimenti investigativi il fallimento della società “Istituto di vigilanza privata notturna e diurna srl”: passivo monstre da 47 milioni e oltre 3,5 milioni che, secondo l’accusa, sarebbero stati distratti e dissipati.
La crisi societaria e un «devastante quadro di illiceità»
Azienda a «gestione essenzialmente familiare» (molti dei dipendenti sarebbero stati imparentati con i Figorilli), l’Istituto di vigilanza implode tra il 2014 e il 2018: i debiti di natura previdenziale e tributaria aumentano a dismisura per qualche anno, come le istanze di fallimento di dipendenti e fornitori. Nel 2019 il Tribunale di Catanzaro dichiara il fallimento. Da quel momento in poi, gli accertamenti della Curatela fallimentare, assieme alle segnalazioni del revisore contabile e alle denunce dei dipendenti, fanno emergere quello che il gip Dalila Romano considera «un devastante quadro di illiceità compiute a più livelli e su più fronti di azione dal vertici aziendali e, più nel dettaglio, da Natale Figorilli, consigliere delegato ma vero regista dell'attività aziendale in primo piano e degli atti illeciti compiuti dietro le quinte».
Il primo a sollevare il caso è il revisore unico, che nel marzo 2019 segnala al Tribunale di Catanzaro un rapporto conflittuale con il management. Figorilli padre e figlio gli avrebbero reso impossibili le attività di controllo e vigilanza «omettendo ogni informazione dovuta» e finanche impedendogli «l'accesso nei locali della sede e la visione dei documenti fiscali e contabili». Il bilancio di esercizio del 2017 viene approvato nonostante l’espresso parere contrario del revisore, le indicazioni del tecnico per rimettere l’azienda nel giusto binario vengono ignorate.
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I versamenti sui conti correnti di Figorilli
Gli stipendi tardano ad arrivare, il pagamento dei contributi per i dipendenti salta. Ma gli accertamenti investigativi della Guardia di finanza portano alla luce «voci di bilancio anomale» e versamenti su conti correnti riconducibili a Natale Figorilli. Tra gli altri, gli investigatori segnalano «molteplici assegni disposti in uscita dal conto della società a valere su quello di Natale Figorilli con uscite complessive per l’importo di 956mila euro». Per i finanzieri «il quadro complessivo che si delinea è un sistematico o trasferimento distrattivo delle risorse finanziarle societarie in favore di un unico beneficiario, a danno delle pretese creditorie tributarie e previdenziali (con una perdurante omissione nei pagamenti) e della platea delle maestranze e fornitori». L’analisi degli atti, secondo l’accusa, restituisce movimenti bancari a senso unico: dall’istituto di vigilanza in crisi verso i conti del suo amministratore di fatto. Un prospetto – è il commento del giudice delle indagini preliminari – «sconcertante e sconfortante». Che delinea «come tale condotta sia stata evidentemente causalmente rilevante per tutte le problematiche finanziarie, economiche e patrimoniali che hanno investito l'azienda e la platea dei soggetti Interessati: dipendenti e fornitori nonché Erario».
Quasi 400 operazioni di accredito in tre anni mentre l'azienda è in crisi
L’elenco dei versamenti occupa nove pagine dell’ordinanza di custodia cautelare: «Si sono registrate – appunta il gip – 392 operazioni di accredito (mediante assegno circolare o bonifico bancario) di somme di denaro che vedono l'Istituto come la parte che ha disposto il pagamento, con addebiti sul vari conti della società, e Natale Figorilli come beneficiarlo». Il totale supera i 3,5 milioni di euro. Le operazioni sarebbero avvenute nel triennio 2016-2018, periodo in cui la società versava già in condizioni di decozione. Si tratta del «periodo sospetto ante fallimento». Il padre del principale indagato aveva indicato il 2011 come l’inizio del declino per le finanze della società. E invece in quei tre anni «vi sono quasi 400 operazioni che vedono il denaro transitare quasi impunemente dall’Istituto a Natale Figorilli: circa dieci operazioni al mese, circa un’operazione ogni tre giorni, movimentazioni fra i mille e i 30mila euro, che arricchiscono Figorilli». Come? Con «auto e barche di lusso» acquistate, secondo l’accusa, grazie a movimenti che «impoveriscono la società con dipendenti non pagati e tasse mai versate allo Stato». Una condotta «spregiudicata resa tale dal fatto che tutte le somme sono pacificamente confluite sui conti correnti di Natale Figorilli e della sua consorte (in realtà i due sono legalmente separati, ndr) Glenda Giglio», ex presidente dei Giovani industriali di Crotone, non indagata e già coinvolta (e assolta all’esito del processo di primo grado) nell’inchiesta Basso profilo.