Associazione mafiosa e traffico di droga, ma non solo. Gli affari dei clan confederati dei Pesce e dei Bellocco si estendevano anche all'interno del porto e nella grande distribuzione alimentare, allungandosi fino al pizzo sulla compravendita di terreni, soprattutto agricoli. Sono 23 le condanne (sei le assoluzioni) stabilite in Appello dal filone abbreviato dell’indagine “Handover”, coordinata dalla distrettuale antimafia dello Stretto e condotta sinergicamente da polizia, carabinieri e guardia di finanza.

Un’inchiesta importante che, nel 2021, aveva messo in luce come i tentacoli del clan egemone a Rosarno avessero infiltrato molte delle attività economiche dell’area. A partire dai lavori da effettuare all’interno del blindatissimo porto di Gioia, che secondo l’accusa erano finiti nel mirino della cosca. Le indagini poi avevano disvelato il piano portato avanti dagli uomini del clan per costituire una sorta di monopolio nel settore della grande distribuzione alimentare: favoriti da un gruppo “imprenditoriale” siciliano che aveva manifestato l’intenzione di espandere il proprio raggio d’influenza anche da questa parte dello Stretto, i Pesce e i Bellocco avrebbero stretto accordi per favorire l’ingresso dei siciliani per poi, grazie ad una serie di società di comodo, espandere la propria influenza anche alla gestione di tutte le attività connesse alla Gdo. Nel mirino della ‘ndrina rosarnese poi, hanno stabilito le indagini, ci erano finite anche le compravendite dei terreni agricoli della Piana che, prima di passare di mano, venivano “tassati” dagli esponenti del clan che in più occasioni si occupavano di stabilire, oltre al prezzo, anche il destinatario finale della vendita del terreno.

La corte d’Appello di Reggio Calabria, riformando parzialmente il giudizio del tribunale di Palmi in primo grado, ha condannato capi e capetti della cosca – da giorni finita sotto i riflettori per il caso dell’infiltrazione all’interno della curva dell’Inter che ha portato al clamoroso omicidio di Antonio Bellocco – a condanne complessive per più di 200 anni di reclusione. Le condanne più pesanti (il rito abbreviato prevede lo “sconto” di un terzo della pena) sono state inflitte a Antonino Pesce (classe 1991), Rocco Pesce e Antonino Pesce (classe 1992): per loro il giudice ha stabilito 20 anni di galera. Condannati poi: Savino Pesce (10 anni e 4 mesi), Domenico Bellocco (classe ’80, 6 anni e otto mesi), Gioacchino Bonarrigo (9,8 anni),Giuseppe Cacciola (11,4), Carmine Cannatà (9,4), Salvatore Coniglio (6,8), Luigi Fedele (3), Giuseppe Ferlazzo (1,4), Giuseppe Ferraro (10), Salvatore Ferraro (4,5), Giovanni Grasso (10,8), Pasquale Loiacono (8), Francesco Palaia (4,5), Domenico Preiti (2), Antonio Alessi (6), Rocco Bellocco (classe ’80, 8 anni), Giovanbattista Cacciola (12), Salvatore Corrao (1,8), Christian Pagano (9,4), Vincenzo Pesce (16). I giudici di piazza Castello hanno infine disposti l’assoluzione nei confronti di Marco Alviano, Michele Cimato, Antonio Megna, Rocco Morabito, Savino Pesce e Giuseppe Saladino.