Tutti i particolari emersi nell'ultima inchiesta della Dda di Reggio Calabria che ha svelato i nuovi assetti e traffici illeciti del potente clan di Rosarno. Ecco come la cosca controllava la terra e taglieggiava i proprietari
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
I “diritti” di guardiania e le creste sulle compravendite dei terreni, il censimento dei lotti da taglieggiare e i danneggiamenti a quelli che non vogliono pagare. Come anacronistici signorotti feudali, i Bellocco pretendevano di gestire i territori agricoli che consideravano di loro competenza avanzando ai reali proprietari pretese assurde.
Mazzette annuali, pizzo sulle alienazioni, percentuali di creste calcolate in base agli ettari posseduti: nella contrada Romano, scrigno agricolo della Rosarno che guarda verso Vibo, i Bellocco pretendevano di controllare ogni aspetto delle attività produttive legate alla terra. I particolari sono emersi nell'inchiesta coordinata dalla procura antimafia di Reggio Calabria denominata Blu notte, che ha portato all'arresto 63 persone, 47 in carcere e 16 ai domiciliari.
Le mani sulla terra
Quello del radicamento sul territorio è una costante in tutte le storie di crimine organizzato e, con gran parte degli uomini e delle donne del clan dietro le sbarre dopo le operazioni antimafia degli ultimi anni, i Bellocco erano tornati a sfruttare anche i canali legati al mondo rurale per stare al passo con i bisogni dei detenuti e le parcelle dei loro legali.
Uno dei modi che Francesco Benito Palaia – cognato e braccio operativo del presunto boss Umberto da cui riceveva le direttive direttamente al telefono – aveva messo in piedi per garantire un’altra entrata nelle casse del clan era quella di ottimizzare i taglieggiamenti su quella che, almeno in passato (prima delle multinazionali dei succhi che comprano il frutto a pochi centesimi al chilo) era stata la grande ricchezza del territorio: le coltivazioni di clementine e di kiwi. Migliaia di aziende agricole, la maggior parte delle quali a conduzioni familiare e con estensioni di terreno, in media, di un paio di ettari ognuna: la cosca non poteva lasciarsi scappare quella montagna di denaro.
Il censimento
«La si deve andare con un block notes e dire questo terreno è di Tizio, questo terreno è di Caio… questo terreno è di Tizio e quest’altro e di Caio». Ha le idee chiare Benito “Italiani” Palaia: suo cognato gli ha dato via libera per gestire al meglio i taglieggiamenti su contrada Romano e lui intende portare a termine il suo lavoro al meglio. «Vuole – sottolinea il gip – effettuare un censimento in contrada Romano di tutti i proprietari, al fine di non tralasciare nessuno nelle richieste estorsive». Sul piatto ci sono, tra le altre cose, i diritti di guardiania.
Le tariffe
«Girano, guardano, fanno finta che guardano, che passano che… a vedere magari che non rubano qualcosa, queste fesserie qua tanto che li vedono i proprietari che passano». È il collaboratore di giustizia Vincenzo Albanese a spiegare ai magistrati della distrettuale antimafia di Reggio come funziona il cappio che le cosche della Piana hanno stretto attorno ad una delle zone più fertili della Calabria. «Lì raccolgono mi pare 100 o 200 euro all’ettaro. C’è un tariffario si, anche per chi compra i mandarini c’è il tariffario. Non è che uno va e compra così, deve dare conto pure al guardiano. Là a Rosarno funziona così». Ma non tutti pagano, o almeno non con la regolarità che pretendono i Bellocco. Le estorsioni però sono così strutturate, si legge nelle oltre 2mila pagine di ordinanza, che anche in questi casi la procedura risulta standardizzata. Prima si convoca il ritardatario in casa del boss (nei casi più gravi si registra anche l’intervento di Umberto, ristretto nel settore di alta sicurezza del carcere di Lanciano, direttamente al telefono) per richiamarlo all’ordine «se vogliamo fare le cose educate», poi in caso contrario, si mette in moto la macchina dei danneggiamenti.
Controllo totale
Il controllo esercitato “militarmente” dai Bellocco sulle aziende agricole della zona si estende anche alla compravendita di terreni. Sono i Bellocco, attraverso i loro intermediari, a stabilire chi deve comprare quando un lotto viene conteso tra due diversi potenziali acquirenti. E sono loro a fissare le creste che entrambe le parti, venditore e acquirente, devono corrispondere al boss come balzello. Una regola che non conosce deroghe. Tutti devono pagare: a chiarirlo ci pensa ancora Palaia che, intercettato, non potrebbe essere più esplicito rispetto ad un imprenditore che ha acquistato un lotto e non ha ancora saldato con il boss. «Ora lo chiami e gli devi dire o di venire a parlare o ti restituisce la terra indietro, di lasciare la terra perché non è la sua… con tutti noi stiamo facendo così, perché lui non può andare e comprare».