Inchiesta Sartoria

Terrorizzato dal Covid avrebbe violato la privacy dei vicini con la complicità degli amici medici: «Datemi l’esito dei loro tamponi»

Tra le carte dell’inchiesta di Catanzaro spunta anche una vicenda di rivelazione di dati personali che mette nei guai due dirigenti del laboratorio di Virologia di Catanzaro e un agente di commercio

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di Alessia Truzzolillo
4 luglio 2024
14:35

Un vicino aveva contratto il Covid e la paura di un contagio aveva spinto Ciro Oliviero, rappresentante legale della Holyver Diagnostics e agente di commercio della Siemens Healthcare srl (con molti agganci all’interno dell’ospedale Pugliese Ciaccio di Catanzaro), a rivolgersi immediatamente al direttore facente funzione del laboratorio di Virologia e Microbiologia del Pugliese, Pasquale Minchella, e al dirigente medico dello stesso reparto Maria Vinci. E fin qui nulla di strano, se non fosse che la richiesta di Oliviero era quella di conoscere il risultato del tampone del suo vicino di casa. È il 27 febbraio 2021, è scritto tra i brogliacci dell’inchiesta della Guardia di finanza di Catanzaro, quando Oliverio informa Minchella che sua moglie era venuta a contatto con un ragazzino che viveva nel loro palazzo ed il cui padre forse era positivo al Covid.

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La richiesta: conoscere il risultato dei tamponi dei vicini

La richiesta è quella di conoscere il risultato dei tamponi dei propri vicini. «Mo chiamo, vediamo se abbiamo notizie, ti faccio sapere», gli risponde il medico il quale, celermente, nel corso della serata, gli annuncia che il vicino era risultato positivo al Covid mentre il ragazzino non si era ancora sottoposto al test, violando la segretezza su dati sensibili che ha portato oggi la Procura di Catanzaro – nell’ambito della più vasta inchiesta denominata Sartoria, a indagare Oliverio, Vinci e Minchella per rivelazione di segreto professionale e i soli Vinci e Minchella per accesso abusivo ad un sistema informatico.


«I figli faranno i tamponi oggi»

Ma Oliviero non prende pace: deve sapere se i figli del vicino sono stati contagiati. Il tre marzo 2021 il rappresentante contatta la dottoressa Vinci chiedendole informazioni circa il test del bambino «e anche la Vinci – è scritto nell’ordinanza del gip – si mette a sua disposizione informandolo che entrambi i figli del paziente già positivo avrebbero fatto il test quel giorno e l'esito lo si sarebbe saputo nel tardo pomeriggio». Quello stesso giorno Vinci informa Oliviero del fatto che entrambi i ragazzi erano risultati negativi e che a questo punto non era più essenziale che sua moglie si sottoponesse al test.

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Oliviero, appresa la notizia, chiama immediatamente la moglie e le suggerisce di avvisare anche gli stessi figli dei vicini che erano risultati negativi al test. Ma la donna «si pone il problema circa la riservatezza della informazione ipotizzando che la madre dei ragazzi si sarebbe potuta infastidire per la circolazione di sue notizie cosi personali».

Il gip: «Ha fatto leva sulle proprie conoscenze per avere informazioni riservate»

Secondo il gip «è evidente l'illiceità della condotta degli indagati con Oliviero che fa leva sulla conoscenza dei soggetti a capo della struttura abilitata ai tamponi per ottenere informazioni strettamente riservate per soli fini personali, ovvero per comprendere il rischio di una contrazione del virus da parte della moglie, nonché di Michella e Vinci che, nelle rispettive posizioni, sono titolari delle informazioni volute dall'amico, e acquisiscono le informazioni stesse e le forniscono al richiedente, non legittimato ad ottenerle essendo informazioni strettamente sensibili e del tutto personali».

Su questo articolo è giunta una nota di smentita del legale della dottoressa Vinci che potete leggere qui. 

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