Quattro anni fa ci lasciava il fondatore e direttore del trisettimanale Il Crotonese che ha guidato dal 1980 al 2012
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Lunedì 2 aprile del 2018 se ne andava uno dei più acuti, coraggiosi e liberi giornalisti calabresi: Domenico Michele Napolitano, che come disse il presidente dell’Ordine dei giornalisti, Giuseppe Soluri: “ha segnato la storia del giornalismo in Calabria”.
Fondatore de Il Crotonese, che ha guidato dal 1980 al 2012, ottenendo un successo clamoroso, con una formula inedita di settimanale, poi bisettimanale e poi trisettimanale, di proprietà di un grosso numero di piccoli soci, il che rendeva impossibile scalare il giornale. Aveva 74 anni, gran parte dei quali passati a condurre grandi battaglie per il comprensorio crotonese e per la Calabria, alla testa di una redazione composta di soli giovani, e di una fitta rete di corrispondenti.
Quella del Crotonese è stata una vera e propria scuola di giornalismo, grazie alla quale tantissimi giovani sono stati formati per esercitare una professione, un mestiere, una passione, di fondamentale importanza per la democrazia di un paese.
Ci siamo formati alla scuola del Crotonese, e messi nelle condizioni di lavorare in piena libertà, senza alcun condizionamento. Ognuno di noi sapeva che il direttore non avrebbe mai lasciato alcuno da solo. Ma pretendeva da tutti di fare e di sostenere battaglie di verità e di libertà.
Tra quei ragazzi e per tanti anni ho trovato in Michele Napoletano un vero maestro, dal quale abbiamo appreso fondamentali lezioni di vita e insegnamenti professionali, utili per affrontare le insidie di questa terra e gli attacchi del potere, che mal sopporta un’informazione libera e indipendente.
Mi è venuta in mente la storia professionale di Michele Napolitano, non solo per anniversario della morte, ma perché credo che ogni organo di informazione dovrebbe seguire un modello come il suo, per molti aspetti da imitare.
La professione di giornalista in questa nostra terra è molto debole, i giornalisti sono spesso soli e senza alcuna rete di protezione, in balìa di eventi e in condizioni di lavoro molto difficili.
Domina l’insofferenza, la malignità, l’invidia tra colleghi, tra testate, tra organi di informazione. E questo è un male.
Ci sono operatori dell’informazione che finiscono per essere strumenti nelle mani di qualcuno, ma ce ne sono tanti sfruttati, mal pagati e ricattati. La Calabria in questo non è certamente un modello da imitare.
Michele Napolitano ha insegnato a essere sempre obiettivi, a dare spazio prima di tutto alla notizia, a separarla dai commenti e a tenere lontane le valutazioni personali.
Da ragazzo ho lavorato per diversi anni nella carta stampata e poi in televisione. E gli insegnamenti di Napolitano mi sono serviti tanto. Devo dire che in questi ultimi due anni in cui sto vivendo una bella esperienza professionale a LaC, ho trovato quello stesso clima di libertà e autonomia. Ho trovato un editore che sta investendo molto in un gruppo che cresce fra innovazioni coraggiose, importanti e moderni spazi di informazione e scelte editoriali di grande portata, a livello regionale e nazionale.
I diversi responsabili e direttori dei vari settori, pretendono qualità, ma non si impongono mai.
Sarebbe bello se tutti gli operatori dell’informazione di questa nostra terra, si parlassero tra loro, collaborassero, facessero rete. Ne guadagnerebbe molto la libertà di informazione in Calabria, purtroppo spesso vittima di una certa arroganza del potere e sotto minaccia di quella criminalità che pretenderebbe il silenzio e la sottomissione.