Massimiliano D’Angelantonio, comandante del II Reparto investigativo: «Eravamo pronti, siamo riusciti a localizzarlo nella Cattedrale di San Lorenzo e abbiamo chiuso il cerchio». Ai carabinieri ha esibito un documento intestato a un cittadino originario di Sant’Onofrio (ASCOLTA L'AUDIO)
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Pasquale Bonavota tradito da un cellulare acceso per la prima volta ieri. Il racconto della cattura di uno dei latitanti più pericolosi d’Italia, l’unico che era sfuggito all’operazione Rinascita-Scott, considerato capo dell’omonima cosca di Sant’Onofrio, è raccontato dal colonnello Massimiliano D’Angelantonio, comandante del II Reparto investigativo del Ros del Carabinieri. Un rapporto di lunga data con il Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che grazie a questa cattura riesce a chiudere un altro tassello di un’inchiesta che ha segnato una svolta nella lotta alla ‘ndrangheta.
«Le indagini su Bonavota – ricorda il colonnello D’Angelantonio – sono state curate dal nucleo investigativo di Vibo, che ha seguito la parte di Rinascita Scott sul fronte associativo mafioso, e aveva realizzato già una parte della ricerca quando nel 2018 si era sottratto al provvedimento di cattura. A ottobre dello scorso anno il Procuratore Gratteri ci ha chiesto di subentrare, integrando il dispositivo del nucleo investigativo, e quindi abbiamo preso il coordinamento dell’attività, inserendo sul campo un team del Ros centrale».
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«Sin dalle prime fasi – prosegue il comandante del II Reparto investigativo del Ros – abbiamo acquisito delle evidenze tecniche che ci hanno portato a concludere che il ricercato potesse essere a Genova. Così, monitorando i parenti del latitante, abbiamo individuato alcune utenze telefoniche riservate che venivano utilizzate, una volta ogni tanto, da lui. Abbiamo messo sotto controllo queste utenze, che fino a ieri non erano state attivate, non avevano mai “parlato”. Ma ieri se ne è riattivata una: il nostro dispositivo, che era a Genova già da mesi, è riuscito a localizzare l’area dove sostava questa utenza. Abbiamo iniziato a fare una serie di verifiche ieri sera, fino a quando l’utenza si è spenta. Poi abbiamo ripreso questa mattina, quando si è riaccesa. Abbiamo frammentato quella che tecnicamente chiamiamo “cella” e abbiamo circoscritto alcuni luoghi pubblici che erano all’interno della stessa. Tra questi luoghi c’era la Cattedrale di San Lorenzo, dove abbiamo trovato Bonavota».
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«Addosso gli abbiamo trovato alcuni telefoni che stiamo verificando», prosegue D’Angelantonio. «Il latitante aveva un documento intestato a un cittadino italiano originario di Sant’Onofrio, e adesso stiamo facendo gli accertamenti. Abbiamo individuato anche l’abitazione dove riteniamo abbia vissuto, perlomeno negli ultimi due mesi, e la stiamo perquisendo».
Si tratta di un lavoro dove la tecnologia ha una parte importante: «Senza fonti, senza pentiti, ma solo con attività tecnica di pedinamento del dispositivo del Ros che ha operato con il supporto dei Comandi provinciali di Vibo e di Genova». Ormai il confronto è all’avanguardia: «Questi si dotano di criptofonini, di apparati non intercettabili, quindi il contrasto molto spesso si gioca sul piano tecnologico e il Ros ha apparati all’avanguardia». Il nucleo centrale del Ros miete successi, come la cattura di Matteo Messina Denaro: «Io ero a Palermo con il collega del I Reparto il 16 gennaio, lo stesso team che ha arrestato Rocco Morabito in Brasile. Siamo stati protagonisti delle catture nella Jonica con il Procuratore Gratteri: i Coluccio, gli Aquino, i Barbaro. È sempre quello il gruppo che si occupa di attività tecnicamente molto spinte: è uno dei motivi perché spesso subentriamo noi».