«Da un punto di vista documentale possiamo affermare che il voto di scambio esiste da quando c’è il diritto al voto. Possiamo documentarlo dal 1869, immediatamente dopo l’Unità d’Italia nel 1961. Man mano che sono passati i secoli, il rapporto faccendieri, picciotterie, mafie con la politica, con i raccoglitori di voti, si è evoluto, raffinato. Ma esiste dal 1869, quando venne sciolto il comune di Reggio Calabria per i tanti brogli chi ci furono». Così il procuratore di Napoli Nicola Gratteri che nel corso di un incontro a Montecitorio dal tema "Cyber organized crime - Le mafie nel cyberspace" curato dalla Fondazione Magna Grecia, ha risposto ad alcune domande di LaC News24 a margine dell’incontro.

Sugli arresti a orologeria

Arresti ad orologeria in funzione delle scadenze elettorali? Non è così per il procuratore Gratteri.
«Mediamente ogni anno ci sono elezioni in Italia – ha detto l’ex procuratore di Catanzaro –. Il secondo dato è che sempre più nelle indagini di mafia troviamo pubblica amministrazione e politica. Perché oggi le mafie sono più forti della politica, danno più risposte rispetto alla politica. Fatte queste doverose premesse – si chiede il magistrato – noi quando dovremmo fare le indagini? Soprattutto per quanto riguarda le indagini di competenza della Procura ordinaria, i termini sono sei mesi più sei mesi e, massimo altri sei mesi: 18 mesi. Noi cosa dovremmo fare? Fermarci? Non fare avvisi di garanzia, non eseguire ordinanze di custodia cautelare, non eseguire perquisizioni. Se si pensa che questo sia un fatto reale o che possa incidere sulla credibilità della magistratura allora, siccome in questi anni sono state fatte tante norme inutili e alcune dannose – se si spensa alle parti offese o alla velocizzazione dei processi – allora create una norma dove dite che 60 giorni prima delle elezioni non si possono fare arresti, non si possono eseguire perquisizioni e non si possono inviare avvisi di garanzia. Però poi questi termini li recuperiamo nella fase successiva».

Recuperare il gap nel contrasto alle mafie

Restando sul tema dell’incontro, secondo Gratteri «sul piano del contrasto alla criminalità organizzata e alle sue nuove forme, abbiamo perso molto know how: fino a sei o sette anni fa, le nostre forze dell'ordine erano le migliori, “davano le carte” in tutti i più importanti tavoli internazionali, oggi non è più così. E questo perché chi ha programmato il Paese negli ultimi dieci, quindici anni non ha avuto capacità di visione».
Come recuperare il gap? Il procuratore Nicola Gratteri ha messo in guardia il governo sull’importanza di investire in software e assumere ingegneri informatici oltre che coprire le piante organiche delle forze dell’ordine.

Hacker al servizio della criminalità e pericoli per le piccole e medie imprese

Secondo il professore Antonio Nicaso è emersa una realtà inquietante sul cyber crime dove trovano sempre più spazio hacker e pirati informatici. «Il mondo della pirateria informatica e quello della criminalità organizzata sono sempre più sovrapponibili. Nel capitale sociale delle mafie trovano sempre più spazio i drag designers, hackers e pirati informatici. C’è un’attenzione sempre più pregnante delle mafie verso un mondo che è ancora tutto da esplorare. E quindi nuove strategie di riciclaggio, nuove strategie di investimento. Viene fuori una sorta di vulnerabilità del sistema Paese soprattutto nell’ambito delle piccole e medie imprese. È una fragilità che va protetta e tutelata per evitare che le mafie possano trasformare il pizzo in attacchi di ransomware (cioè di programmi malevoli che possono infettare dispositivi digitali, ndr) e sostituire quella che chiamavano protezione con il riscatto di rilasciare i dati sensibili che riescono ad acquisire».

Foti: «Importante proteggere le piccole aziende»

Ma quali sono i dati più allarmanti che emergono dai rapporti forniti dalla fondazione Magna Grecia?
«Noi abbiamo fatto questo indice innovativo che misura proprio il rischio produttivo delle imprese e delle istituzioni – dice il presidente della fondazione, Nino Foti – per far sì che ci possa essere un aiuto nell’individuare in quali settori, segmenti e territori vi sono questi rischi. Non dimentichiamo che il nostro sistema produttivo è fatto al 94,5% di aziende da zero a nove dipendenti e molto spesso è difficile che si possano dotare di strumenti per difendersi dal cyber crime. È necessario che noi ci troviamo in un luogo come la Camera dei deputati proprio per segnalare questo vuoto legislativo».

Colosimo: «Legislazione ancora un po’ indietro»

Alla domanda se la criminalità organizzata, in termini di dotazioni informatiche, sia anni luce davanti allo Stato, la presidente della Commissione parlamentare antimafia, Chiara Colosimo, ridimensiona l’allarme lanciato da Gratteri: «La criminalità organizzata non è avanti anni luce – dice ai microfoni di LaC – il problema è che sempre più spesso utilizza le cripto-piattaforme, le cripto valute e metodi che passano sulle chat. Quello che noi dobbiamo fare è mettere magistrati straordinari e inquirenti straordinari nelle condizioni di poter utilizzare strumenti che già sanno utilizzare e che però oggi, spesso, non possono utilizzare perché la legislazione è ancora un po’ indietro. Il dl Cybersicurezza ha fatto grandissimi passi avanti e, grazie a quello, e non soltanto a quello, noi, ancora una volta riacchiapperemo tutti quelli della criminalità organizzata che si approfittano delle tecnologie».