Il procuratore di Catanzaro definisce «terrificanti» le ipotesi in discussione. Wanda Ferro da parte sua avverte un «calo di tensione» nella battaglia alla criminalità: «Serve politica coraggiosa» (ASCOLTA L'AUDIO)
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di Claudio Labate
«Questa riforma che si sta discutendo in questi giorni alla Camera è terrificante. Io domani mattina alle 9:30 sarò sentito alla Commissione giustizia della Camera e avrò solo 10 minuti per parlare. Sarò feroce, e sarò irriverente, perché la cosa che vorrei è che certi poteri politici avessero un po' di rossore, un po' di vergogna ad andare a commemorare Falcone e Borsellino, anche oggi. Vorrei che avessero il pudore di stare zitti, perché i morti non si possono vendere, non si possono difendere, i morti non parlano. Ma noi dobbiamo avere, e abbiamo la responsabilità, la coscienza, di dover urlare l'indignazione di quei morti, perché è inimmaginabile, è impossibile poter pensare a questo tipo di riforme che stiamo leggendo in questi giorni, che l'Appello dura due anni e la Cassazione dura un anno. Scusate, e io il processo Rinascita-Scott come lo faccio due anni in Appello e un anno in Cassazione? Saranno condannati quasi certamente in primo grado e poi? Poi si fermerà il processo».
Sono le dure parole del Procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, intervenuto questo pomeriggio al webinar organizzato dall’associazione studentesca “Sapienza in movimento”, dal titolo “Mafia, un potere da sconfiggere”. Un confronto a più voci sull’evoluzione del fenomeno mafioso in Italia che si è avvalso del contributo del preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo capitolino, Oliviero Diliberto, del docente di Antropologia criminale, Giulio Vasaturo, e della segretaria della Commissione parlamentare antimafia Wanda Ferro.
Condizionamenti a tutti i livelli
Ed è stato proprio Diliberto, in apertura, a descrivere la situazione paradossale che si sta vivendo in Italia dove la criminalità organizzata ha una specificità ed un impatto devastante non solo sulla società civile, ma anche su qualunque processo riformatore che si vuole portare a termine, come nel caso della Riforma della giustizia: «Un cancro – ha detto - che condizione pesantemente la vita delle persone e delle istituzioni».
Il professore Vasaturo, da parte sua, tra le altre cose, ha sentito l’esigenza di sfatare il mito del richiamo al fantomatico codice d’onore che serve a giustificare una certa distinzione tra vecchia mafia, buona, e la mafia stragista. Tesi sposata a pieno dallo stesso Gratteri secondo cui le mafie, tutte, sono il prodotto della società di quegli anni, perché le mafie non sono una struttura statica, ma si evolvono e mutano col mutare sociale: «Le mafie esistono perché c'è un bisogno di mafia, perché la società ha bisogno della mafia. Le mafie sono stata legittimate nella classe dirigente».
Riforma terrificante
Citando la famosa frase del giudice Falcone - La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine – Nicola Gratteri ha posto l’accento sul fenomeno e non sulla fine, osservando: «non ha detto che il fenomeno è un fenomeno umano a termine. È un fenomeno umano, punto. E quindi è questa la lettura monca che nessuno vuole dare, perché per forza di cose noi dobbiamo essere brillanti, ottimisti, evoluti, progressisti, e dire ogni volta che andrà tutto bene. Non è così, non andrà bene niente». Un inciso che gli serve per definire “terrificante” la Riforma della giustizia in discussione alla Camera, che per il procuratore sarà fatta non per migliorare il sistema ma per esigenze diverse: “E’ una follia, per me. Da italiano è umiliante dover dire dobbiamo fare le riforme perché sennò l'Europa non ci dà i soldi. Quindi tu fai le riforme non perché servono, perché sennò l'Europa non ti dà i soldi. Ma che logica è questa, che orgoglio di nazione è questa, dover abbassare la testa e quindi dipendere dai soldi dell'Europa? E le riforme, chi ha detto che queste sono le riforme da fare?»
Gratteri è un fiume in piena e punta l’indice sul sistema carcerario che non funziona e sui 250 magistrati fuori ruolo disseminati tra Ministeri e uffici. Il procuratore vorrebbe rivedere la geografia giudiziaria del Paese, ma soprattutto punta dritto all’informatizzazione del sistema e al processo a distanza, unico articolo della “sua” riforma accettato nel quadro generale.
Coraggio e sdegno
Sulla stessa lunghezza d’onda si ritrova Wanda Ferro che proprio in questi ultimi giorni ha rilanciato la propria candidatura alla presidenza della Regione, dopo le tensioni nate nella coalizione di centrodestra per via delle nomine Rai che hanno tagliato fuori il partito della Meloni.
Per la segretaria della Commissione antimafia in questa fase di dibattito sulla Riforma il messaggio che sta passando è quello di aver allentato la tensione, come se lo Stato stesse indietreggiando rispetto alla battaglia alla criminalità. Ripensando al periodo stragista la Ferro sottolinea come occorra ora più che mai mettere alla luce «tutta la verità nient'altro che la verità, ma nello stesso tempo non possiamo dimenticare che questi ultimi tempi sono stati contraddistinti non soltanto dalla sentenza della Corte che ha dichiarato incostituzionale l'ergastolo ostativo, quanto la volontà di procedere al cambiamento, in Parlamento o nel comitato dove stiamo lavorando in Antimafia, sul carcere cosiddetto duro». Insomma, «desecretare le tante pagine buie che in cittadini italiani devono poter conoscere» è l’imperativo che deve essere accompagnato da «una politica coraggiosa, che non significa una politica giustizialista, ma che sancisca che ci sia una pena, che questa pena venga scontata e che ci sia certezza della pena stessa, non cancellando quegli istituti che sono stati voluti fortemente anche un prezzo molto alto, semmai migliorandoli».
Servono più strumenti
Ma Wanda Ferro è convinta che la politica dovrebbe avere qualche strumento in più «perché ogni partito è stato vittima di incidenti di percorso, perché gli strumenti che oggi ha la politica non sono sufficienti a poter evitare al 100% questi percorsi». E proprio per questo motivo la Ferro ricorda di aver già proposto al governo un emendamento al Decreto elezioni che potesse consentire dei controlli che l'Antimafia fa sulle liste elettorali da effettuare a 90 giorni: «Dopo essere stato bocciato nel Decreto elezioni, se pure ammissibile, qualcuno ha deciso di ritenerlo valido, e lo abbiamo inserito nel Sostegni e all'attenzione dell'ufficio di presidenza della commissione antimafia, proponendo una modifica all’attuale regolamento. Tutto ciò che riguarda la politica – ha concluso - deve essere attenzionato, ma nello stesso tempo la bonifica da sola, in questo momento, può fare ben poco perché è l'anello debole e l'orgoglio di una società che neghi il consenso alla criminalità che combatta la mentalità mafiosa. Quella mentalità attraverso la quale un cittadino bisognoso deve rivolgersi al politico per una cosa dovuta quasi come fosse un favore».