«Essendo il De Stefano stato già condannato con la sentenza Olimpia per il reato di concorso esterno nell'associazione per delinquere denominata 'ndrangheta sino al 1991 (e tale condanna implica necessariamente la sua estraneità alla associazione criminale in detto periodo) ed essendo egli stato anche giudicato nel processo Caso Reggio, per il contributo da lui offerto all'associazione 'ndrangheta fino al 2005, la sentenza impugnata in questa sede deve, in relazione alla condotta contestata sino a tale anno compreso, essere annullata senza rinvio non potendo procedersi per ostacolo derivante da precedente giudicato». È quanto scrive la Corte di Cassazione nelle motivazioni della sentenza Gotha in merito alla posizione dell'avvocato Giorgio De Stefano, processato con il rito abbreviato e condannato in appello a 15 anni e 4 mesi di carcere. Una condanna che gli ermellini, con la sentenza del 10 marzo scorso, hanno annullato senza rinvio in relazione a tutti i fatti avvenuti fino al 2005. Per quanto riguarda, invece, la successiva condotta contestata dalla Procura, è stata annullata la sentenza di condanna nei confronti dell'avvocato De Stefano rinviando alla Corte d'Appello per un nuovo processo.

Con la stessa sentenza, la Cassazione ha annullato altre otto condanne inflitte dalla Corte d'Appello di cui una senza rinvio. In merito a una conversazione in cui Giorgio De Stefano e Paolo Romeo parlavano delle elezioni regionali del 2010, la Cassazione scrive che «non si fa alcun accenno all'utilizzo di metodi mafiosi per influire sul voto o ad un intervento della 'ndrangheta nella competizione elettorale» e «il voler ravvisare in tale conversazione una elaborazione della strategia della 'ndrangheta unitaria per influire sulla competizione elettorale regionale appare un'evidente forzatura logica».

La Cassazione bacchetta la Corte d'Appello di Reggio Calabria pure in merito alla cosiddetta associazione segreta. Secondo gli ermellini nella sentenza non si chiarisce «in cosa si sarebbe concretamente sostanziato il contributo arrecato dal De Stefano quale componente della struttura invisibile della 'ndrangheta unitaria. Per affermare la sussistenza della componente occulta della 'ndrangheta i giudici di appello si sono basati anche su collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni risalgono ad un periodo anteriore al 2006».

Per la Cassazione, i giudici della Corte d'Appello hanno sbagliato a considerare De Stefano «colpevole anche per il periodo successivo al 2005 sulla base di condotte che si assumono rivelatrici della sua appartenenza alla componente segreta e che, tuttavia, essendo collocate nel periodo coperto da giudicato, non possono essere valutate a tale scopo. Se la struttura invisibile - è precisato nelle motivazioni Cassazione - deve essere composta da soggetti la cui appartenenza alla 'ndrangheta è sconosciuta a coloro che compongono la struttura visibile ed operativa del sodalizio criminale, onde evitare che i componenti della struttura invisibile possano essere indicati quali appartenenti al sodalizio criminale da eventuali collaboratori di giustizia, appare illogico sostenere che Giorgio De Stefano potesse contemporaneamente far parte sia della struttura invisibile, sia della struttura visibile ed operativa in qualità, peraltro, di capo della cosca De Stefano».