«Ci fu un momento nel quale, a Reggio Calabria, il Ros si trovò, con una sezione a fare accordi con l’avvocato Marra per la cattura dei latitanti; con un’altra sezione che intercettava Antonio Marra e Paolo Romeo. Fu un periodo nel quale vi fu uno Stato opaco nella percezione pubblica. Vi furono dei burattinai che governarono, per interessi diversi, anche la macchina repressiva. Senza quei rapporti istituzionali la ‘ndrangheta non sarebbe l’organizzazione potente che conosciamo». Sono parole molto dure quelle pronunciate dal sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, nel corso della requisitoria del processo “Gotha”, in corso in queste ore nell’aula bunker di Reggio Calabria. Il magistrato sta passando in rassegna tutti i rapporti fra Paolo Romeo e l’avvocato Antonio Marra, non senza riferimenti agli invisibili della ‘Ndrangheta.

‘Ndrangheta, massoneria e i “quattru storti”

«Romeo stesso – afferma Musolino – dice di sapere cosa significa essere visibile e invisibile. È una maschera attorno alla quale in alcuni momenti si riunisce parte della cittadinanza. E che ci siano degli ‘ndranghetisti che non hanno capito niente è un fatto acclarato». A questo punto, il pubblico ministero fa riferimento all’intercettazione di Pantaleone Mancuso, il 7 ottobre del 2011, quando disse che «è rimasta la massoneria e quei quattro storti che credono alla ‘ndrangheta». E il pm, pur scusandosi in anticipo per le sue parole, individua sotto l’aspetto meramente processuale e funzionale, la figura di Domenico Marcianò, quale personaggio che, di fatto, si prefigura come “stortu” che si pone a disposizione degli invisibili, essendo lui uno dei visibili e prendendosi tutte le conseguenze delle azioni. «Romeo lo tratta come “un niente», tuona Musolino. «C’è la necessità di tenere distanti quei due mondi, Romeo evita Marcianò». E ricorda l’episodio del 2 luglio 2014, quando «il servo che non vale niente, Marcianò, deve prendere la macchina e consegnare l’auto che poi sarà utilizzata da Chirico e Romeo per tornare verso Gallico, mentre Marcianò deve chiamare la fidanzata per tornare. Non si può correre il rischio che vi sia accertamento in base al quale Romeo ha un contatto diretto con Marcianò, perché appunto questi due mondi, della massoneria infiltrata dalla ‘ndrangheta e dei vertici infiltrati, che non possono avere rapporti con la base militare».

I rapporti fra ‘ndrangheta e istituzioni

Musolino ripercorre le condotte di Romeo, le sue relazioni e la sua collocazione all’interno della ‘ndrangheta, affermando che «la necessità di segretezza deriva dal fatto che una serie di soggetti aveva rapporti istituzionali. Senza quei rapporti istituzionali la ‘ndrangheta sarebbe proprio fatta da quei “quattro storti”. Senza quei rapporti, non sarebbe stata la pericolosissima organizzazione che conosciamo». Musolino ricorda come «abbiamo sentito Marcello Fondacaro che parla di questa dimensione massonica nella quale oltre Paolo Romeo partecipavano personaggi come il generale Pellegrini, cioè l’investigatore d’eccellenza che ha condotto le indagini nel processo Olimpia e che però, ci dice Mammoliti, aveva rapporti di confidenza con lui, ne raccoglieva le confidenze; andava a trovare Paolo De Stefano quando era latitante per conversare con lui. Era il soggetto che attraverso l’avvocato Marra aveva rapporti con i Frascati». Musolino inserisce all’interno della sua disamina anche le figure dei collaboratori di giustizia Fondacaro e Russo che raccontano ai magistrati della partecipazione a questa loggia di Luigi Sorridente, personaggio che avrebbe garantito un collegamento con la P2. «In questa congrega massonica sia Fondacaro che Russo indicano don Stilo, sacerdote jonico defunto la cui eredità è stata assunta da don Pino Strangio. Russo non sa nulla di questa partecipazione massonica di don Strangio, ma lo qualifica come “malandrino” e quindi funzionale a sistemare e aggiustare determinate situazioni in cui la ‘ndrangheta ha bisogno di supporto».

Trattativa Stato-'ndrangheta: situazione opaca

Poi Musolino arriva al cuore della vicenda: «In questo processo succede una cosa strana. Succede che c’è un periodo in cui sono i Ros ad occuparsi delle intercettazioni di Marra e Romeo. Poi accade un problema: c’è una sezione dei Ros che faceva accordi per catturare i latitanti e una sezione che intercettava Marra. Con Giardina che era al vertice di questa istituzione che da una parte faceva patti e dall’altra indagava. Si dirà che tali patti – spiega Musolino – erano frutto di una eccentrica iniziativa del maresciallo Fichera. Il che ci può stare se fossero stati solo preliminari. Ma Dell’Aglio dice che sono andati decine di volte a Polsi e la trattativa era arrivata al punto tale da poter essere individuato come quello che aveva preso in giro i sanlucoti. E siccome emerge chiaramente che c’erano persone che dovevano essere trasferite da un istituto penitenziario all’altro, la possibilità che si tratti di una iniziativa di Fichera è pari a zero. È chiaro che questa trattativa finalizzata alla cattura dell’ultimo latitante rimasto della strage di Duisburg è qualcosa di molto serio. Allora, Fichera viene mandato a casa a farsi una vacanza. E Marra si trova in grande imbarazzo perché teme per la sua vita. Teme di più di essere arrestato».

Per Musolino, Marra pensava di essere garantivo dal sistema nel quale era inserito. Ed è qui che il pm inserisce una valutazione molto dura: «Ci siamo trovati di fronte ad uno Stato opaco nella percezione pubblica, perché vi è un Marra confidente dei carabinieri, ma che, contestualmente, per fare il confidente, deve avere i rapporti, altrimenti cosa gli racconta. Se non sei dentro un sistema che è radicalmente opaco, che sceglie chi aggredire e chi lasciare stare». Per il sostituto procuratore in quel momento ci sono «burattinai che governano, per interessi diversi, la macchina repressiva». Secondo il pm, però, questo modus operandi, fatto di rapporti fra Stato e ‘Ndrangheta non è un unicum nel panorama delle cosche reggine. «Cosa ci dicono i pentiti? Che lo facevano tutte le cosche. E la relazione Stato-‘ndrangheta era una relazione strutturalmente opaca e fa parte del capitale sociale della ‘ndrangheta». Musolino fa riferimento anche ad intercettazioni successive, risalenti al 17 marzo 2008, nel corso delle quali l’uomo dei servizi, Francesco Dell’Aglio, parla liberamente con Marra di tutte queste circostanze. Anche del fatto che Fichera gli aveva dato rassicurazione che persino i vertici dell’ufficio di Procura fossero a conoscenza di tutto questo. Considerazioni ovviamente tutte da provare e verificare. Si parla infatti di una visita di Fichera in Procura, dove avrebbe incontrato Gratteri, rimarca Musolino, mentre gli altri avrebbero incontrato Mollace. Ma quale era la ragione per portare avanti questa trattativa? «Marra dice che don Pino Strangio si era convinto che così si allentava la pressione nel paese. La pressione delle forze di polizia, in quel periodo particolarmente forte». Da arrestare, infatti, c’era l’ultimo dei ricercati per la strage di Duisburg.