Prosegue la requisitoria del procuratore Lombardo che elenca anche tutti i nomi di coloro che fanno parte del circuito di relazionale di Paolo Romeo. Oggi pomeriggio formulerà le richieste di condanna (ASCOLTA L'AUDIO)
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«La componente apicale riservata trasforma la ‘Ndrangheta in un contropotere che allarga i suoi orizzonti operativi fino ad inglobare funzioni pubbliche che, solo in apparenza, continuano ad essere gestiti da organi amministrativi e politici, ma diventano paravento di logiche deviate ed evolute pensate e rese operative da sistema mafioso, la cui componente apicale opera stabilmente all’interno delle istituzioni». Così si esprime il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, nel corso della requisitoria del processo Gotha, in quello che è il giorno conclusivo dell’intervento dell’ufficio di Procura. Una requisitoria lunghissima che Lombardo ha vissuto assieme ai colleghi Musolino, Ignazitto e Pantano, ricostruendo gli assetti della ‘Ndrangheta anche nella sua componente riservata.
Romeo e De Stefano «Opinion maker»
Lombardo richiama un’intercettazione risalente al 20 marzo 2010, quando Paolo Romeo e Giorgio De Stefano vengono intercettati all’interno dello studio legale Tommasini. Quest’ultimo, rimarca doverosamente il pm, «faceva da testimone con commenti che non lo hanno mai trasformato in soggetto sul quale innestare una verifica processuale». Ed è nel corso di queste conversazioni che viene fuori come a Romeo e De Stefano, per loro stessa ammissione «compete il ruolo di opinion maker». E cioè «hanno il compito di consolidare situazioni, incrementarle e renderle funzionali», spiega il pubblico ministero. «Il problema è che sono opinion maker sì, forse, ma non di tipo politico, ma di tipo criminale, rispetto agli alti fini che la ‘Ndrangheta persegue da decenni». In quel momento che l’avvocato Tommasini dice qualcosa che Lombardo valorizza a dovere: «Certo che dovete fare questo, è pacifico, ma lo dovete fare in modo da non comparire». C’è, dunque, nella ricostruzione del pm, sempre un rimando a quella componente riservata della ‘Ndrangheta.
Circolo Posidonia come sede della loggia coperta
Il discorso del procuratore aggiunto di Reggio Calabria è chiaro: «Le acquisizioni di cui stiamo discutendo sono molto risalenti nel tempo, risalgono a circa 20 anni fa, eppure sembrano essere attualissime rispetto a dinamiche che non si sono mai interrotte». Non diventa casuale allora il materiale ritrovato all’interno del circolo Posidonia, che Lombardo definisce «come la sede di una loggia coperta che ha governato gli assetti connessi ad una componente riservata della ‘Ndrangheta. Questo è il circolo Posidonia».
Sovraesposizione come copertura
Ed è proprio all’interno di questo circolo che, nella ricostruzione della Procura, vengono assunte anche le strategie volte alla direzione strategico criminale della ‘Ndrangheta. «Romeo parla con qualcuno se intravede delle possibilità – spiega Lombardo – altrimenti opera direttamente, ovviamente nascondendosi dietro una serie di paraventi individuati nel capo d’imputazione, nella parte in cui ha compreso che cos’era quell’iperattivismo associativo che Romeo e gli imputati avevano ideato per un risultato ambiziosissimo e rischiosissimo, nonostante questo portato avanti, come ci spiega Marra: “Attento Paolo, che ho capito in che direzione vuoi andare. Ma la sovraesposizione che leggi come forma più evoluta di un determinato sistema e questa sovraesposizione diventa un rischio elevatissimo perché riescono ad ottenere una chiave di lettura e ci stanno con gli occhi addosso perché so che tipo di modifica è stata introdotta nel processo Meta”». Il riferimento è chiarissimo: è nel processo “Meta”, infatti, che per la prima volta il pubblico ministero contesta l’esistenza di una componente riservata della ‘Ndrangheta.
L’avvocato Marra comprende che qualcosa sta cambiando nella visione della ‘Ndrangheta, con l’attenzione verso quella componente invisibile. Ed allora ecco che, come rimarca Lombardo, «non è vero che la forma migliore di copertura è la sovraesposizione. Romeo dice che la chiave è la tutela del bene pubblico, ma Marra dice “capiranno che noi siamo ‘ndrangheta e non altro”».
Persino la festa del Mare, che in teoria doveva servire per la valorizzazione del territorio, «diventa ulteriore strumento per attuare programmi di politica criminale».
Lombardo va giù pesante: «Quando abbiamo effettuato indagini nell’inchiesta Mammasantissima, gli accertamenti patrimoniali legati ad aspetti patrimoniali, sapete cosa abbiamo trovato? Niente. Perché la ‘ndrangheta evoluta genera un sistema di potere che non porta all’arricchimento immediato. Ci sono protagonisti ed uomini chiave di questo modo nuovo che in tasca non hanno niente. Perché sanno bene che la traccia di un qualcosa diventa pericolosissima nel momento in cui il loro ruolo deve essere mantenuto riservato. Questo non è potere, non è desiderio di essere uomini di potere senza generare nessun tipo di vantaggio patrimonialmente apprezzabile per il singolo. Questi non sono vantaggi immediatamente attribuibili al singolo. Questa è la capacità di trasformare tutto. La ‘ndrangheta non deve gestire un vantaggio immediato, ma un vantaggio differito, mascherandolo da interesse pubblico».
Il circuito relazionale di Romeo
Proprio in questa fase dell’udienza, Lombardo tira fuori una serie di nomi che rappresentano il circuito relazionale di Paolo Romeo.
Eccolo in sequenza. «Bilardi Giovanni Emanuele, senatore. Caridi Antonio, senatore. Chizzoniti Aurelio, ex presidente commissione speciale vigilanza regione Calabria, oltre che soggetto politico più volte richiamato nel corso dell’istruttoria; Nucera Giovanni, ex consigliere regionale; Pontari Giovanni ex funzionario Regione; Fedele Luigi, ex assessore; Arena Demetrio, ex assessore; Imbalzano Candeloro, ex consigliere; Giordano Giuseppe, ex consigliere; Tripodi Pasquale, ex consigliere regionale e segretario regionale Centro Democratico; Naccari Carlizzi Demetrio, ex consigliere; Lopez Nicola, ex segretario generale del Consiglio regionale; Raffa Giuseppe; Laganà Maria, segretaria di Raffa; Rao Gaetano, assessore; Lamberti Castronuovo, assessore provincia; Cara Demetrio, consigliere provinciale; Verduci Giovanni, ex consigliere provicniale; Giannetta Domenico, ex assessore; Luppino Luigi, dirigente provincia; Borrata Annamaria, Pirrotta Giuseppe, Romeo Daniele, ex consigliere; Cammera Marcello, ex dirigente comunale; Macrì Domenico, funzionario comunale; Borrello Giovanni, funzionario; Quartuccio Giuseppe, responsabile urp del Comune; Dattilo Sandro, dirigente; Crucitti Pasquale addetto uffici di Cammera; Quattrone Giovanni, che effettuò un’intercessione con dirigenti comunali; Zema Franco, responsabile comunale ufficio asseverazioni; Foti Mario, su indicazione Romo interviene per risolvere problematiche; Nucera Carmelo, dirigente comune; Messina Antonio, ex vice sindaco di Villa San Giovanni; Morabito Francesco, responsabile ufficio tecnico comune di Villa S. G.; Canale Amedeo, ex assessore comunale; Tuccio Giuseppe, ex magistrato; Bisignano Michele ex assessore del Comune di Messina; Pietropaolo Domenico che nella sua associazione raccoglie 20 associazioni; Igea Onlus, composto tra gli altri da alcuni soggetti collegati a Romeo quale don Pino Strangio, il marchese Genoese Zerbi, Nuccio Idone, Paola Colombini e Pietropaolo. Filardo Vincenzo ex amministratore Atam; Munari Teresa, giornalista; Autolitano Salvatore dell’agenzia delle entrate; Bova Giuseppe, dirigente sollecitato per ottenere incontro; Marcianò Giuseppe, presidente consorzio; Vernaci Mario che si rivolge per gestire assunzioni relative alla Perla dello Stretto».
Questo il circuito relazionale indicato da Lombardo nel corso dell’udienza e che viene definito «un patrimonio impressionante per la sua capacità di garantire una funzionalità piena».
L’esempio emblematico portato è quello di Giovanni Nucera, ex consigliere regionale: «Quali comandi, Paolo», dice rispondendo alla telefonata. «Questo il quadro oggettivamente ricostruibile sulla base di una serie di acquisizioni univoche. Attenzione a non pensare che negli argomenti difensivi possa annidarsi una verità alternativa che non consenta di andare oltre il ragionevole dubbio rispetto all’inquadramento corretto da dare alle condotte. Questo errore non può farsi sulla base di un quadro probatorio sovrabbondante rispetto all’inquadramento del ruolo criminale di determinati soggetti».
Perché si parla di ‘Ndrangheta
«Dov’è la consapevolezza del Romeo e dei soggetti che ruotano intorno che parliamo pacificamente di ‘Ndrangheta?», si chiede Lombardo. Che risponde: «Sono tenuto ad argomentare sulla base di risultanze univoche. Romeo parla con Paola Colombini e compie una serie di riferimenti alla cosiddetta triade. La triade.
All’interno di un disegno particolarmente complesso, proprio per la sua vastità, trovare un punto di equilibrio non facile, è necessario trovare il posto per tutti e si deve considerare che c’è un soggetto che è genero di Giovanni Tegano. Non è un dato banale nel momento in cui si dice “attento, che su questo versante dobbiamo essere particolarmente oculati in relazione al ruolo che ci spetta di gestori ultimi di un determinato sistema, perché legato ad uno dei componenti della triade”. Il suocero fa parte della triade. “Hai capito quanto è complicato il ruolo che rivesto?”, dice Romeo. E l’interlocutore dice “comprendo”. Io la triade la gestisco su determinati versanti, ma non posso far finta che non ci sia. La triade è il crimine di Archi, composto da De Stefano, Condello, Tegano. Attenzione che la triade poi gestisce la terra di mezzo. E se le decisioni prese dalla componente riservata, nel passaggio attraverso la triade e le decisioni sfiorano uno dei componenti della triade, attenzione».
Lombardo non ha dubbi: «Possiamo valutare questo contenuto per comprendere se soggetti intercettati e in grado di generare questi contenuti siano in grado di far parte di questo tipo di sistema mafioso? Assolutamente sì. Si richiamano contenuti esclusivamente di mafia. E quando gestiti da soggetti che si trovano in quel sistema, devono essere inquadrati».
Del resto, il ragionamento è lineare: «Se io gestisco la triade non posso stare né fuori è sotto la triade. In caso contrario tutto quello che abbiamo vissuto sui fenomeni di tipo mafioso è servito a poco. E questo vale anche nei confronti di Chirico Francesco, nel momento in cui deve garantire le dinamiche riferibili al vertice della triade in relazione a vicende non agevoli. Il peso criminale della famiglia De Stefano è un problema ulteriore. Se si spacca il fronte interno alla famiglia De Stefano, cala il ruolo della componente apicale riservata. Componente che trasforma la ‘ndrangheta in un contropotere che allarga i suoi orizzonti operativi fino ad inglobare funzioni pubbliche che solo in apparenza continuano ad essere gestiti da organi amministrativi e politici, ma sono paravento di logiche deviate evolute pensate e rese operative da sistema mafioso, la cui componente apicale opera stabilmente all’interno delle istituzioni».
Ora c’è la massoneria
Nella sua disamina, il procuratore aggiunto rimarca, richiamando la deposizione del gran maestro Di Bernardo, come, quando fu sciolta la P2, venne sciolta una sigla, non un sistema «che non è stato intaccato. Non può accettarsi tutto questo, per quelle che sono le caratteristiche di uno Stato come il nostro che si eliminino le sigle e si tolga un’insegna».
Lombardo va diretto: «Cosa trascura Romeo rispetto al suo ruolo? Che tutto questo funziona fino quando non si è in grado di comprendere le dinamiche effettive del sistema mafioso, che lui pensava di non fornire mai e che invece ha ampiamente fornito. Qui va calata l’intercettazione di Pantaleone Mancuso».
Il riferimento è alla conversazione intercettata nel processo Purgatorio nel corso del quale Mancuso spiega che «la ‘ndrangheta non esiste più. La ‘ndrangheta fa parte della massoneria, è sotto la massoneria, però hanno le stesse regole e le stesse cose. Un contenuto che risale al 2012 ripercorre quello che i collaboratori di giustizia provenienti da questa area territoriale dicevano ai primi degli anni ’90. Hanno le stesse regole per la Santa, abbreviato di mammasantissima. Ora è rimasta, gliel’hanno lasciata agli zappatori e quei quattro storti che credono alla ‘ndrangheta». È qui che il pubblico ministero si sofferma: «Non dice “gliel’abbiamo”, ma “gliel’hanno lasciata”. Gliel’hanno chi? È questa la domanda in relazione a questo processo. Ecco perché è importante contestualizzare il ruolo di determinate famiglie. I Mancuso sono una famiglia importantissima, ma uno di loro dice gliel’hanno lasciata ai quattro storti, ammettendo l’esistenza di un livello di ‘Ndrangheta che va oltre la sua persona e la sua famiglia. Adesso sono quattro drogati. Ora sono rimasti quattro storti, è finita È caduta la democrazia (riferimento alla Democrazia cristiana)? E hanno fatto un altro partito Forza Italia. Bisogna modernizzarsi, non stare con le vecchie regole». Lombardo chiarisce: «Parliamo di massoneria irregolare, di logge coperte che avevano sede nel circolo Posidonia».
Per poi giungere ad un ulteriore riferimento: «E che Paolo Romeo sia preoccupato da Nino Lo Giudice non lo devo cogliere dai comportamenti che Romeo ha in questo processo. Perché non è questo dato che io ritengo di valorizzare. Ma i suoi commenti dopo che è diventato pubblico che Nino Lo Giudice ha scritto due memoriali. Romeo il 18 settembre 2013 si preoccupa di quello che dice Nino Lo Giudice. Parlando con l’avvocato Marra ti preoccupi di verificare cosa ha scritto Lo Giudice. Perché Marra sa che in relazione al contesto massonico della ‘ndrangheta, Lo Giudice ha detto delle cose che lo coinvolgono direttamente. Indicandolo come una sorta di incaricato tra il visibile e l’invisibile.
Romeo gli dice “che vuoi se sei massone…”. E Marra cosa dice: “Il bue dice cornuto all’asino”.
Poi parla con Munari Teresa e chiede “ma non è che hanno elementi di conferma rispetto a quello che dice Lo Giudice, perché sono rovinato”», sintetizza il pm con riferimento ai passaggi relativi alla massoneria.
Nel pomeriggio, il procuratore formulerà le richieste di condanna per tutti gli imputati.