«Io affiliato? No, grazie». Ci fu un “gran rifiuto” in passato, da parte di Mario Gennaro, oggi collaboratore di giustizia, ma all’epoca persona molto vicina alle più importanti cosche di ‘ndrangheta. Ha deposto ieri al processo “Gotha”, in cui risultano imputati coloro che sono accusati di essere al vertice della componente invisibile della ‘ndrangheta.

Gennaro ha dapprima parlato della divisione della zona di Santa Caterina, dopo la seconda guerra di ‘ndrangheta. Una suddivisione già resa nota da altri pentiti, ossia quella fra De Stefano-Tegano da una parte e Condello dall’altra. «I referenti - ha raccontato Gennaro - erano Murina ed i fratelli Michele e Roberto Franco per i De Stefano-Tegano, ed i fratelli Stillitano per i Condello». Il pentito si è poi soffermato sulla sua situazione personale: «Non sono mai stato affiliato formalmente ad alcuna cosca, né ho mai partecipato a riti di affiliazione. Non avevo alcuna carica di ‘ndrangheta». Insomma, era di Archi e per questo conosceva tutti. E tutti lo conoscevano. Conservava anche rapporti ottimi con entrambe le famiglie. Il pentito ha portato l’esempio di Schimizzi, Canzonieri, Cartisano e Domenico Condello “gingomma”: «Facevo affari con loro, dalle rapine al riciclaggio di denaro, passando per le sale giochi e scommesse». È però durante la detenzione a Reggio Calabria che arriva la proposta di entrare ufficialmente nella ‘ndrangheta. A fargliela è Michele Franco, all’epoca anche lui ristretto in cella. Gli offrì il classico “fiore”, ma Gennaro declinò, preferendo rimanere esterno e vicino a tutti quanti, piuttosto che intraneo.

Un passaggio Gennaro lo ha dedicato anche a Dominique Suraci, l’ex consigliere comunale finito nell’inchiesta su ‘ndrangheta e grande distribuzioni alimentare: «Non pagava la classica mazzetta, non c’era alcuna estorsione nei suoi confronti». Però si sarebbe impegnato affinché i suoi supermercati si rifornissero di pane, frutta ed altro, da ditte di ‘ndrangheta, o comunque assumessero persone imposte dalla criminalità organizzata.