Inizierà domani all’aula bunker di Reggio Calabria la requisitoria dei pubblici ministeri Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Sara Amerio nel processo Ghota, celebrato con il rito ordinario, in cui sono imputati, a vario titolo – associazione mafiosa, concorso esterno, turbativa d’asta, violazione della legge Anselmi sulle società segrete, attentato a corpo dello Stato - una trentina di persone. Il tribunale collegiale, presieduto da Silvia Capone, ha da tempo fissato la tabella di marcia per consentire alle parti di intervenire, indicando la metà del prossimo luglio come data d’inizio della camera di consiglio.

Ex politici e professionisti figurano in questo troncone del dibattimento, tra i quali l’ex parlamentare del Psdi, l’avvocato Paolo Romeo, al quale la procura distrettuale di Reggio Calabria contesta il ruolo di capo e promotore di un’associazione segreta, una sorta di “camera di compensazione” per salvaguardare gli interessi masso-mafiosi e per influenzare la politica. Sono, tra gli altri, imputati l’ex assessore regionale alle riforme della giunta guidata da Giuseppe Scopelliti, l’avvocato Alberto Sarra; l’ex senatore del PdL Antonio Caridi; il sacerdote Giuseppe Strangio; l’ex presidente della Provincia Giuseppe Raffa; l’avvocato Antonio Marra; l’ex dirigente comunale, Marcello Cammera e i sanitari Rocco Zoccali e Vincenzo Amodeo.

Nel corso del dibattimento sono state raccolte e depositate dall’accusa le testimonianze di nuovi collaboratori di giustizia, come l’ex ispettore di polizia Sebastiano ‘Seby’ Vecchio, con un passato di amministratore del Comune di Reggio Calabria – è stato assessore e presidente del Consiglio comunale – che ha riferito, tra l’altro, di avere appreso dall’avvocato Sarra di una riunione a Roma nel 2006 nella sede di Alleanza nazionale, alla presenza di Gianfranco Fini e dell’ex sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino, per indurre l’ex sindaco di Reggio Calabria ed ex presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti, a tenere in conto le esigenze di tutte «le cosche della 'ndrangheta reggina e non solo dei De Stefano».

Sul tema, era stato escusso l’ex europarlamentare di Alleanza nazionale, Umberto Pirilli, il quale ha però negato in udienza di avere partecipato alla riunione romana, riferendo di avere incontrato Fini in altre occasioni «ma per parlare di politica e del partito». Giuseppe Valentino e Umberto Pirilli sono stati comunque indagati per reato connesso. Stando alle conclusioni della Dda, diretta da Giovanni Bombardieri, e riconfermate in massima parte dalla sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria per il troncone celebrato con il rito abbreviato, «grazie alla struttura degli “invisibili”, la ndrangheta avrebbe accresciuto il proprio potere accaparrandosi tutte le risorse pubbliche destinate allo sviluppo della città di Reggio Calabria, in un processo di osmotico interscambio di uomini e mezzi in cui convivono elementi di vertice del sodalizio criminale ed esponenti della società civile, dell’associazionismo, delle istituzioni, delle forze dell’ordine, della magistratura».