Cesare Cesa Bianchi si rivolge al Governo chiedendo regolamenti più chiari e dichiara: «Nel gruppo non c'era nessuna guida alpina abilitata»
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La tragica vicenda del Raganello ha aperto un dibattito sulla regolamentazione del settore delle escursioni turistiche in luoghi particolarmente impervi e in zone a rischio come le gole sovrastate dal ponte dal Diavolo custodite nel cuore profondo del Parco del Pollino.
Sull’argomento è intervenuto, nelle scorse ore, il presidente del Collegio nazionale delle guide alpine italiane, chiedendo per l’ennesima volta che venga regolamentato un settore particolarmente delicato, che riguarda l’incolumità di escursionisti e accompagnatori in un paese orograficamente composito, attraversato in tutta la sua lunghezza dalla catena degli Appennini e soggetto ad alto rischio idrogeologico. «Nel mondo delle attività outdoor – dichiara Cesare Cesa Bianchi - vige da tempo il caos più assoluto, da dieci anni chiediamo ai governi di mettere mano per un riordino delle professioni del settore, è ora di fare qualcosa».
Il presidente fa poi riferimento diretto alla tragedia del Raganello: «Nessuna guida alpina - asserisce- faceva parte del gruppo, nessuna guida alpina è rimasta coinvolta. Eppure di 'guide' si sente parlare nei fatti accaduti, sebbene la legge italiana stabilisca che le attività outdoor che si svolgono a livello professionale in ambiente impervio o con utilizzo di dispositivi e di tecniche alpinistiche siano prerogativa esclusiva delle guide alpine. Fra queste rientra a tutti gli effetti l'attività del canyoning».