VIDEO | Le indagini dei Ros hanno permesso di accertare la presenza di una locale legata alle cosche reggine Serraino, Iamonte e Paviglianiti. Le mani dei clan sulle cave di porfido e sulla politica del posto
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Nella mattinata odierna i Carabinieri del Ros e dei Comandi Carabinieri di Trento, Roma e Reggio Calabria hanno dato esecuzione a una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Tribunale di Trento, su richiesta della locale Procura della Repubblica, a carico di 19 soggetti indagati a vario titolo, tra gli altri, per i delitti di associazione mafiosa in quanto appartenenti alla ‘ndrangheta, scambio elettorale politico-mafioso, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e riduzione o mantenimento in schiavitù.
Contestualmente il Ros unitamente alla Polizia di Stato di Reggio Calabria, ha eseguito un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla locale Procura Distrettuale, a carico ulteriori di 5 soggetti pure indagati per associazione mafiosa e di altri gravi delitti, sui quali sono state registrate, in fase di indagine, convergenze investigative che hanno quindi portato al coordinamento investigativo, sotto l’egida della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, tra le Procure della Repubblica di Reggio Calabria e Trento.
La colonizzazione del Nord da parte delle cosche
Le indagini hanno fatto emergere l’esistenza di una locale di ‘ndrangheta a Lona Lases (TN) ma avente influenza sull’intera provincia di Trento, quale proiezione della omonima struttura operante in Cardeto (RC), in particolare delle cosche reggine Serraino, Iamonte e Paviglianiti. Gli investigatori parlano di una vera e propria colonizzazione, con il trasferimento di affiliati calabresi in altri territori precedentemente immuni da tali manifestazioni criminali, soprattutto nelle regioni del Nord Italia caratterizzate da un maggiore sviluppo economico e da un più ampio grado di ricchezza generale. In tali territori sono state, infatti, ricostituite le articolazioni criminali di base della ‘ndrangheta, definite Locali, le quali hanno mutuato da quelle calabresi le regole di funzionamento e le forme delle iniziative criminali. Le suddette ramificazioni, presenti in Italia ma anche all’estero, seppur dotate di una certa autonomia operativa, sono legate alla ‘ndrangheta dei territori calabresi di origine a cui rispondono del loro operato e dipendono sotto un profilo regolamentare ed organizzativo.
Le cave di porfido e i legami con la Locale reggina
Per quanto concerne il Trentino Alto Adige, la complessiva attività investigativa ha permesso di ricostruire come il processo di insediamento della ‘ndrangheta nella Val di Cembra sia collocabile tra gli anni 80 e 90, verosimilmente poiché attratta dalla ricca industria legata all’estrazione del porfido.
Le indagini, che si sono sviluppate a partire dal 2017 ed hanno impegnato le varie articolazioni del Ros presenti sul territorio nazionale, hanno inoltre consentito di definire:
- ruoli e funzioni degli affiliati all’interno della Locale trentina, al cui vertice è posto Innocenzio Macheda coadiuvato dagli altri esponenti di rilievo identificati in Domenico Ambrogio, dai fratelli Pietro e Giuseppe Battaglia, da Domenico Morello e da Demetrio Costantino, tutti imprenditori nel settore del porfido e dell’edilizia;
- gli assetti della Locale di Cardeto il cui vertice è stato individuato prima in Saverio Arfuso e successivamente in Antonino Fallanca, legato alla cosca Serraino;
- i costanti rapporti tra le due Locali, nelle persone dei Capi Locale, per la trattazione di problematiche associative e per la programmazione di attività illecite;
- il ruolo dell’associazione Magna Grecia che, formalmente centro di aggregazione culturale, è stata utilizzata come luogo di riunione dei sodali e strumento per la raccolta di fondi da destinare al sostentamento dei compartecipi arrestati.
Sotto il profilo delle attività criminali, è emerso come gli esponenti della Locale di ‘ndrangheta in Lona Lases (TN) abbiano assunto il controllo di fatto del settore dell’estrazione e della lavorazione del porfido, maggiore risorsa economica del luogo, attraverso un processo di progressiva infiltrazione del pertinente tessuto imprenditoriale, avviato da Giuseppe Battaglia. In tale ambito imprenditoriale, oltre a sistematiche attività di vessazione ed intimidazione sulle maestranze, è emerso come siano state avviate operazioni speculative attraverso la commercializzazione dei semilavorati in nero e la falsificazione dei bilanci di esercizio delle imprese a loro riferibili.
Le infiltrazioni negli enti locali
Inoltre, è stato riscontrato come sia stata pianificata la progressiva infiltrazione della politica locale attraverso l’inserimento dei sodali negli organi di governo comunale di Lona Lases all’evidente fine di condizionarne l’attività politica e amministrativa. In tale contesto, oltre ad aver intessuto una fitta rete di contatti con diversi ambiti della società civile (imprenditoria, istituzioni, politica), è stato anche offerto il sostegno elettorale ad alcuni candidati in vari appuntamenti elettorali per il rinnovo di vari enti locali.
Altresì, è stata accertata l’operatività di una seconda consorteria mafiosa attiva a Roma i cui membri, sotto la direzione di Domenico Morello organico alla Locale di Lona Lases, erano preposti alla gestione di diverse imprese operanti in Trentino e nel Lazio che, nei programmi degli indagati, sarebbero state funzionali all’esecuzione di articolate attività di riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, di fatturazioni per operazioni inesistenti e per permeare gli ambienti istituzionali. Da ultimo, il Ros unitamente alla Guardia di Finanza di Trento è stato delegato all’esecuzione di un decreto di sequestro di beni mobili e immobili, nonché rapporti bancari per un controvalore di 1.500.000 €, riconducibili ai soggetti destinatari del provvedimento cautelare emesso dal Tribunale di Trento.
Arrestato anche un carabiniere
C'è anche l'appuntato scelto dei carabinieri Fabrizio De Santis tra gli arrestati nell'ambito dell'inchiesta sulla 'Ndrangheta in Trentino. Carabiniere in servizio a Roma, De Santis ora si trova ai domiciliari. Secondo quanto hanno ricostruito gli investigatori, De Santis, 47 anni, sarebbe «parte del sodalizio criminale» e - scrivono gli inquirenti - «stabilmente a disposizione del sodalizio stesso con compiti essenziali quali quello di fornire- forte della sua carica e della sua funzione - informazioni su operazioni delle forze dell'ordine in corso, situazioni giudiziarie di amici e non servendosi abusivamente delle banche dati delle forze di polizia». In cambio, sempre secondo gli investigatori, De Santis sarebbe stato ricompensato con un lavoro in nero alle dipendenze di una delle imprese controllate con «congrua, sempre occulta, retribuzione». A Roma, secondo gli inquirenti, operava dunque una vera e propria costola sotto la direzione di Domenico Morello, organico della locale di Lona Lases. Morello, insieme ad altri sodali, intendeva sfruttare alcune società esistenti per articolate attività di riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, di fatturazioni per operazioni inesistenti e per permeare gli ambienti istituzionali. In questo quadro rientrerebbe il tentativo, tra il 2017 e il 2018, di accreditarsi con la Regione Lazio per automatizzare le procedure di gestione delle cartelle cliniche tramite società operanti in campo tecnologico e farmaceutico.