Dalle prime ore della mattinata è in corso, su gran parte del territorio nazionale, l’esecuzione di decine di ordinanze di custodia cautelare emesse dal Tribunale di Catanzaro e volte a neutralizzare una ramificata organizzazione criminale di stampo ‘ndranghetistico dai marcati profili internazionali, capace di far giungere in Italia tonnellate di marijuana dall’Albania

 

L’operazione “Stammer 2 - Melina” nasce da uno stralcio della nota operazione “Stammer” (NOMI INDAGATI CLICCA QUI), con cui sono state già colpite, nel mese di gennaio dello scorso anno, le ‘ndrine del vibonese solitamente impegnate nel business della cocaina, e costituisce un ampliamento delle indagini che hanno dimostrato come i trafficanti calabresi, fiutando la possibilità di ottenere a facili guadagni, investivano ingenti capitali in un imponente traffico di marijuana.

Gli affari del clan con i narcos albanesi

L’attività odierna documenta proprio come le potenti ‘ndrine vibonesi sono entrate in affari con i narcos albanesi, partner di provata efficienza, che, ad oggi, si possono considerare i più importanti produttori di marijuana del continente, vantando basi logistiche praticamente in tutta Europa.

In manette anche tre capi cosca

Le indagini hanno, di fatto, consentito di disarticolare un’organizzazione estremamente complessa, basata su un accordo criminoso tra le ‘ndrine Fiarè di San Gregorio d’Ippona, Pititto-Prostamo-Iannello di Mileto, Anello di Filadelfia e Franzè di Stefanaconi, tutte collegate alla più nota ed egemone cosca dei Mancuo di Limbadi. Tra gli elementi di spicco caduti nella rete della Guardia di finanza compaiono tre capi cosca del calibro di Rocco Anello, cl.’61, indiscusso boss di Filadelfia, Francesco Fiarè, alias “il dottore”, cl.’80, di San Gregorio d’Ippona, e Giovanni Franzè, cl.’62, di Stefanaconi, oltre ad altri soggetti di rilevanza come Pasquale Pititto, cl.’68 di Mileto, Antonio Prostamo, cl.’89, e Domenico Mancuso, cl.’75, di Limbadi. Clan calabresi assolutamente a loro agio nel contrattare con i potenti “Cartelli Albanesi” l’importazione, in poco meno di tre mesi, di circa cinque tonnellate di marijuana, in grado anche di saltare l’intermediazione delle compagini delinquenziali brindisine, storicamente “in affari” con i narcos di stanza nel Paese delle Aquile.

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Il sodalizio criminale calabrese, se in una prima fase sfruttava gli oramai collaudati rapporti, intessuti nel tempo, tra i trafficanti brindisini ed i produttori albanesi, una volta reperiti i contatti ed aver acquisito la fiducia dell’organizzazione albanese, riusciva, senza alcuna difficoltà, a scavalcare gli intermediari pugliesi per contrattare direttamente con i fornitori.