La prima "Giornata della Memoria" in ricordo delle vittime dell'errore giudiziario indetta dalle Camere Penali calabresi, si è svolta ieri pomeriggio a Lamezia Terme. La manifestazione è stata caratterizzata dal ricordo di Rocco Greco, a cinque anni dal suicidio. Un imprenditore siciliano, originario di Gela, che dopo aver accusato chi gli chiedeva il "pizzo", finì nel mirino della magistratura, la quale avviò un procedimento riguardo a una misura di prevenzione nonostante fosse stato assolto nei due processi di merito. Il dibattito, che nella parte finale ha coinvolto anche la stampa, è stato moderato dall'avvocato Giuseppe Milicia, coordinatore delle Camere penali calabresi.

L'incontro a Lamezia

Sono intervenuti, tra gli altri, il presidente dell'Unione delle Camere Penali italiane, l'avvocato Francesco Petrelli, l'avvocato Valerio Murgano, componente della Giunta dell'Unione delle Camere Penali italiane e Francesco Greco, figlio dell'imprenditore Rocco Greco, intervistato dall'avvocato Francesco Iacopino, presidente della Camera Penale di Catanzaro. Nel corso dell'evento è stata proiettata anche l'intervista realizzata dai componenti dell'osservatorio carcere della Camera Penale di Cosenza, presente con tanti penalisti, a Beniamino Zuncheddu, vittima della giustizia ingiusta. Infine, "Il caso Marongiu", il docufilm realizzato dalla Camera Penale di Cagliari, e gli interventi dei presidenti delle Camere Penali calabresi, su temi caldi come le misure di prevenzione, il processo accusatorio e la norma cosiddetta "Bavaglio".

La mancata lettura del documento dei penalisti. Che protestano: «Censura bella e buona»

La giornata, tuttavia, è servita a far emergere la mancata lettura del documento di riflessione sull'errore giudiziario che i penalisti calabresi avrebbero voluto leggere nelle aule di giustizia da Reggio Calabria a Castrovillari. Ciò non è stato possibile a seguito di un provvedimento delle Corti d'Appello di Reggio Calabria e Catanzaro che non hanno autorizzato quanto voluto dagli avvocati calabresi, i quali non hanno nascosto tutto il loro disappunto parlando di «censura bella e buona».

Nel testo si faceva riferimento all'imprenditore Rocco Greco, «simbolo della lotta alla mafia, si toglie la vita all’interno della sua azienda, la Cosiam s.r.l., dopo aver letto l’ordinanza del Tar di Palermo con cui viene confermata una seconda interdittiva antimafia che paralizza l’impresa e, ancor più, l’Uomo», aggiungendo che «a distanza di cinque anni, ci rendiamo conto di quanto la prevenzione patrimoniale continui a “far male” e coinvolga l’intero sistema giustizia», ma anche a Beniamino Zuncheddu, «vittima innocente dello Stato, condannato all’ergastolo per un terribile delitto e assolto dalla Corte d’Appello di Roma lo scorso 26 gennaio, all’esito del processo di revisione, dopo trentatré anni di privazione della libertà, ci impone di fermarci e riflettere dinanzi al tema, delicato e complesso, dell’errore giudiziario. Un caso emblematico di eccezionale gravità, tutt’altro che isolato».

L'incontro a Lamezia

Per i penalisti dunque è arrivato il momento di «è il momento, allora, di tracciare il percorso comune della prevenzione dall’errore giudiziario. La memoria di tutte le vittime della giustizia - per ricordarne alcuni Enzo Tortora, Antonino Spanò, Daniele Barillà, Aldo Marongiu, Giuseppe Gulotta, Rocco Greco, Beniamino Zuncheddu - deve spingerci tutti a fermarci e a riflettere sullo stato di cose, diventando protagonisti di percorsi di cambiamento che possano migliorare la qualità della risposta che ogni giorno siamo chiamati a fornire a chi è in attesa di giustizia».

Le ragioni della Corte d’appello di Catanzaro

La Corte d'Appello di Catanzaro, invece, pur condividendo l'argomento, ha ritenuto che non fosse possibile leggere queste parole, e tante altre, davanti a un giudice, all'inizio di un "giusto processo". Così, nel caso di specie, il presidente facente funzioni della Corte d'Appello di Catanzaro, Gabriella Reillo, ha evidenziato che «è meritevole la sensibilizzazione su tali argomenti con iniziative di studio e confronto verso le quali la magistratura manifesta la massima disponibilità», tuttavia, si legge nella nota, «non può essere autorizzato quanto richiesto - sospensione udienze e lettura comunicato - non essendo l'udienza la sede adatta per confrontarsi su tali delicate materie. Trattasi, infatti, di una sede istituzionale nella quale sono usualmente consentite tematiche pacificamente condivise nell'ordinamento giudiziario e tale non può ritenersi la prospettata incostituzionalità delle misure di prevenzione».

In conclusione, la Reillo ha ribadito «la disponibilità della magistratura a partecipare ad iniziative sui temi indicati». Tutti i presidenti delle Camere Penali calabresi hanno espresso disappunto per questo documento, come l'avvocato Roberto Le Pera, l'avvocato Michele Donadio e, non ultimo, l'avvocato Valerio Murgano, che ha auspicato una dura presa di posizione rispetto a quanto scritto dalla togata catanzarese, pur apprezzandone la professionalità, ma non condividendo il contenuto. In precedenza, durante il breve intervento di Petrelli, l'avvocato Le Pera ha posto l'attenzione anche sui suicidi in carcere, 21 negli ultimi due mesi, ma soprattutto su quelle persone, come Rocco Greco, che fanno parte di un elenco silenzioso che spesso viene dimenticato.

Zuncheddu, 33 anni in carcere da innocente

Nella parte centrale della "Giornata della Memoria", hanno fatto un certo effetto le parole di Beniamino Zuncheddu che agli avvocati Antonella Rizzuto, Erika Rodrighero e Paolo Viceconte. L'uomo sardo, accompagnato dall'avvocato Mauro Trogu, conosciuto sette anni, il primo ad essere convinto della sua innocenza, dimostrata grazie ad indagini difensive, a cui ha dato peso e valore l'allora procuratore generale di Cagliari, Francesca Nanni, ha ricordato l'attimo in cui fu portato in carcere «per alcuni accertamenti» che, purtroppo, sono durati la bellezza di 33 anni. «Speravo ogni giorno che qualcuno aprisse la porta per farmi tornare a casa» ha aggiunto Zuncheddu che nonostante tutto quello che ha subito, non ha smesso di credere nel suo avvocato. «La giustizia deve essere giusta» ha detto il sardo, che alla magistratura ha rivolto questo messaggio: «Aiutate chi è davvero innocente, controllate bene e vedete la sua posizione senza fretta».