C’era chi andava a fare la spesa, chi a passeggiare e chi, ancora, a giocare ai videopoker e per assentarsi dal servizio avevano elaborato i più fantasiosi sistemi di timbratura, spesso affidando il proprio badge a colleghi compiacenti.

Sono questi alcuni degli oltre 2mila episodi che i militari del nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Catanzaro hanno documentato con telecamere nascoste e pedinamenti nell’ambito dell’indagine “Cartellino Rosso”, riscontrando in quattro mesi tra la fine del 2016 e l’inizio del 2017, 1800 ore di assenze ed un danno all’erario di 20mila euro.

Sono 57 gli indagati, tra dirigenti e dipendenti dell’Asp e dell’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. Insieme controllori e controllati. A quindici di loro le fiamme gialle hanno notificato una ordinanza di interdizione dal servizio da tre mesi a un anno. 

 

L'ombrello per "impallare" le telecamere

I reati contestati sono a vario titolo quelli di truffa ai danni di un ente pubblico e di fraudolenta attestazione della presenza in servizio. Gli indagati cercavano di mettere in atto ogni possibile escamotage per sfuggire ad eventuali controlli, tanto che un dipendente, evidentemente intento a timbrare il cartellino per conto di altri colleghi, è arrivato ad aprire l’ombrello nel chiuso dell’atrio della struttura per evitare di essere ripreso dai sistemi di videosorveglianza.

 

Nell’elenco degli indagati figurano anche due componenti dell’ufficio antimafia dell’Asp di Catanzaro istituito appena una settimana fa dalla terna commissariale con l’obiettivo di potenziare i controlli sui contratti in corso di rinnovo con le strutture private accreditate e sulle autorizzazioni delle Rsa. 
Uno di loro, Antonio Aloi, è tra i destinatari del provvedimento interdittivo, il secondo, Ivan Mancuso, ha ricevuto l’avviso di conclusione indagini.

 

In quel “sistema collettivo” in cui gli inquirenti hanno rilevato una «generalizzata sensazione di impunità» una importante funzione di controllo di legalità è stata affidata a chi è accusato di aver violato «i doveri di lealtà e probità inerenti il pubblico servizio svolto».

 

Le parole del generale Solombrino

 

«Le attività d’indagine – ha dichiarato il comandante provinciale della guardia di finanza di Catanzaro, il generale Dario Solombrino – hanno svelato condotte tipiche come il caso di un dipendente che timbra per conto di altri colleghi: siamo arrivati a contare sino a ben 5 badge utilizzati da un unico dipendente o di chi si è nascosto sotto un ombrello. Mai come in questo momento l’attenzione verso la spesa pubblica e la spesa sanitaria in particolare, resa ancora più drammatica per l’emergenza coronavirus, è altissima».

 

Lo sdegno del Codacons

 

«I Commissari hanno il preciso dovere di chiarire i criteri con cui hanno individuato i componenti dell’Ufficio Antimafia, ovvero i soggetti che dovevano garantire legalità e trasparenza e rendere effettiva l’attività di risanamento dell’Azienda». È il commento del presidente del Codacons Francesco Di Lieto, che in una nota parla di tre indagati dell’ufficio. «Ne abbiamo davvero le tasche piene – conclude – di nomine fatte in maniera imbarazzante».