Per due imprenditori disposto il divieto dall’esercizio dell’attività e per un commercialista quello di svolgere la professione. Nove gli indagati complessivamente. L'inchiesta coordinata dalla Procura di Catanzaro
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Questa mattina i militari del Comando provinciale della guardia di finanza di Catanzaro, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione a un’ordinanza con la quale il Gip del Tribunale del capoluogo ha disposto, per la durata di dodici mesi, l’applicazione di misure interdittive nei confronti di tre persone. Si tratta degli imprenditori Damiano Buonocore ed Enrico Dandolo e del commercialista Antonio Macrì.
I reati ipotizzati a vario titolo sono associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari e di truffa aggravata per il conseguimento di pubbliche erogazioni nel quadro di un illecito sfruttamento dei vantaggi fiscali previsti per l’attuazione delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19. Sono nove in totale gli indagati.
Per gli imprenditori è stata disposta la misura interdittiva dall’esercizio dell’attività imprenditoriale; per il commercialista è stata disposta quella del divieto temporaneo di svolgere attività professionale.
Contestualmente, è stata data esecuzione al sequestro preventivo di oltre 2,7 milioni euro corrispondenti al valore di crediti di imposta ipotizzati come inesistenti e di ulteriori 765.000 euro quale illecito profitto dei reati contestati. Nei confronti di Dandolo è stato disposto il sequestro di 414mila euro; 246mila euro la cifra sequestra a una sua società, la Dan Cables.
Dalle indagini sarebbe emersa un’associazione a delinquere che, attraverso un articolato sistema di emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, si sarebbe adoperata per acquisire, in modo fraudolento, crediti di imposta (a fronte di prestazioni mai effettuate di sanificazione e adeguamento dei locali commerciali in funzione anti-pandemica) successivamente utilizzati in compensazione di debiti tributari da parte di alcune società riconducibili a uno degli associati o “monetizzati” attraverso la cessione a terzi in buona fede, fra cui Poste Italiane spa (per circa un milione di euro), traendo in inganno l’Agenzia delle Entrate e causando un ingente danno per l’Erario. Il procedimento penale pende nella fase delle indagini preliminari.