La Suprema Corte, nelle motivazioni, scrive che il tribunale di Sorveglianza di Catanzaro non ha evidenziato elementi nuovi e sopravvenuti che giustifichino il rigetto della richiesta di proroga della misura alternativa alla detenzione
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La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni con cui ha annullato, con rinvio, l'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro riguardante Franco Muto, storico boss della ’ndrangheta di Cetraro, già condannato in via definitiva nel processo Frontiera.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dall’avvocato Michele Rizzo. La Procura generale presso la Corte di Cassazione, andando persino oltre le censure difensive, aveva invocato l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata dal legale di Franco Muto.
Il principio di umanità nella detenzione
Nella sentenza, la Prima Sezione Penale evidenzia che il differimento facoltativo dell’esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, previsto dall’art. 147, comma 1, n. 2 del codice penale, pur non richiedendo un’incompatibilità assoluta tra la patologia dell’imputato e la detenzione in carcere, presuppone che l’infermità o la malattia comportino un serio pericolo di vita, l’impossibilità di garantire cure adeguate in ambito carcerario o, comunque, un trattamento tale da determinare sofferenze aggiuntive, eccessive e ingiustificate, in aperta violazione del diritto alla salute e del principio di umanità cui deve conformarsi il trattamento dei detenuti.
Da Sassari a Catanzaro: il percorso processuale
Nel ricostruire il caso, la Cassazione rileva che il Tribunale di Sorveglianza di Sassari aveva concesso a Muto il differimento della pena con detenzione domiciliare, ritenendo il suo stato di salute incompatibile con il regime carcerario per un periodo di un anno, alla luce delle gravi patologie da cui è affetto.
Successivamente, tuttavia, il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro, pur confermando il quadro clinico del detenuto, ha deciso di non prorogare il differimento della pena, basandosi sull’indicazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, che aveva individuato quattro istituti carcerari in grado di garantire cure adeguate, e sulla pericolosità sociale del detenuto, come desumibile dai suoi precedenti penali e dall’informativa della Dda di Catanzaro.
Le lacune dell’ordinanza impugnata
La Corte di Cassazione ha osservato che il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro non ha motivato adeguatamente sul profilo della possibile violazione del principio di umanità, aspetto che invece era stato considerato determinante nella concessione del differimento della pena da parte del Tribunale di Sassari. Inoltre, non è stato evidenziato alcun significativo miglioramento delle condizioni di salute del detenuto, né sono state fornite spiegazioni sul mancato accoglimento della richiesta di una perizia medico-legale, avanzata dalla difesa.
Per quanto riguarda la valutazione della pericolosità sociale, la Cassazione ha rilevato che il Tribunale di Catanzaro non sembra aver preso in considerazione le informazioni fornite dall’autorità di polizia circa il rispetto delle prescrizioni da parte di Franco Muto durante la detenzione domiciliare. In sostanza, l’ordinanza impugnata non ha evidenziato elementi nuovi e sopravvenuti che giustifichino il rigetto della richiesta di proroga della misura alternativa alla detenzione.
Infine, la Suprema Corte ha sottolineato che l’indicazione dei quattro istituti carcerari da parte del Dap costituisce una valutazione potenziale, comunque subordinata a una dettagliata relazione sanitaria aggiornata, e non esime dal rispetto del principio di umanità nell’esecuzione della pena.
Il caso torna al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro
Ora, in piena autonomia decisionale, spetterà al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro rivalutare il caso e pronunciarsi nuovamente sulla posizione di Franco Muto.