Un 26enne di origini gambiane è stato rinvenuto carbonizzato. Aveva lasciato il Cara a seguito del respingimento della richiesta di asilo. Decesso simile a quello di un giovane senegalese, vittima del rogo nella tendopoli della città della Piana
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Ha perso la vita in un incendio nella propria baracca un giovane gambiano di 26 anni, che risiedeva in maniera abusiva nel ghetto di Borgo Mezzanone, vicino Foggia.
Tra lamiere e legno, il corpo del giovane è stato rinvenuto carbonizzato al termine delle operazioni di spegnimento delle fiamme. Da poco nell’agglomerato abusivo, il 26enne in precedenza è stato ospite del Cara - Centro Richiedenti Asilo. Da pochi mesi aveva lasciato la struttura, a seguito della non accettazione della domanda di richiesta di asilo. E’ stata predisposta un’autopsia per accertare le cause della morte: se il decesso è avvenuto per asfissia da fumo o per altre cause.
Anche in Calabria un caso simile
Un caso che ci riporta tristemente ad un altro incendio, non molto lontano dalla Puglia. Nella nostra terra, a San Ferdinando in provincia di Reggio Calabria. Lo scorso marzo un incendio è divampato nella tendopoli gestita dal comune, in cui perse la vita un senegalese di 32 anni, Sylla Noumo. Si parlò di un corto circuito in una delle tende, che ha dato vita al rogo letale per l’uomo. La baracca, classificata come ignifuga e installata da circa due anni, era stata dichiarata idonea all’insediamento. Il corpo di Sylla è stato rinvenuto carbonizzato. Il coordinatore di Libera, al tempo dei fatti, dichiarò che è necessario integrare i migranti per arginare i disagi, invece che sistemarli in locazioni provvisorie, che si rivelano pericolose nonostante siano classificate come agibili.
Le dichiarazioni sul caso in Puglia
Intanto il ministro dell’Interno Salvini ha dichiarato, a proposito dell’incendio pugliese «Abbiamo il dovere di riportare sicurezza, ordine e legalità continuando con i controlli, gli sgomberi e i progressivi svuotamenti». A tal proposito è intervenuto anche il presidente della commissione antimafia Nicola Morra:
«Ogni morte ci appartiene, ci rattrista, sempre se siamo una società civile che sente il dovere di prendersi cura di tutti e soprattutto dei più deboli».
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