«Ci vorrebbe un Ak 47 e a go-go sul grilletto, tempo ci vuole, ma soddisfazioni a modo nostro, a uno alla volta, ce le prendiamo. Almeno se la ride». Pregustavano così la morte delle vittime designate i quattro uomini fermati dal Ros su disposizione delle procure antimafia di Reggio Calabria e Ancona. A svelare una delle conversazioni che sono state acquisite all’indagine è stato il procuratore capo della città dello Stretto, Giovanni Bombardieri. Gli indiziati facevano riferimento al fucile mitragliatore da guerra, assaporando la vendetta da perseguire anche a distanza di tempo, ma che avrebbe reso felice il vecchio boss Teodoro Crea.

Un quadro a tinte fosche quello delineato dalle Procure distrettuali di Ancona e Reggio Calabria, che ha portato all’arresto di quattro persone legate alla cosca mafiosa Crea di Rizziconi, tre dei quali fortemente indiziati di essere gli esecutori materiali dell’omicidio di Marcello Bruzzese, avvenuto a Pesaro il giorno di Natale del 2018. I carabinieri del Ros ritengono di avere individuato quello che può definirsi come il “gruppo di fuoco” della cosca, «sempre pronti – ha detto Bombardieri – a dare soddisfazione ai loro capi in carcere».

Ak 47, esplosivi ad alto potenziale, secondo quanto riferito in conferenza stampa dagli inquirenti al comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, e persino un bazooka non ancora ritrovato, «certificano – ha detto il procuratore aggiunto Gaetano Paci – la pericolosità di questo gruppo mafioso. Da alcune conversazioni – ha detto Paci – abbiamo appreso che il gruppo criminale aveva intenzione di attaccare una vettura blindata, ed abbiamo ragione di credere che stessero per organizzare un attentato eclatante».

«Ciò ci ha spinto a intervenire sussistendo un pericolo concreto di fuga - ha detto Bombardieri - legato ad alcune conversazioni in cui gli stessi fermati affermavano di avere sia la disponibilità di documenti falsi sia la possibilità di espatriare in Belgio e in Olanda».

L’omicidio Bruzzese

Marcello Bruzzese, cinquantunenne calabrese di Rizziconi, fu ucciso in una strada angusta a pochi passi dal centro storico di Pesaro: erano le 16 del 25 dicembre 2018. Secondo i testimoni, fu un agguato velocissimo. Due killer, a volto coperto, attesero che la vittima entrasse nel garage sotto casa e lo freddarono usando pistole automatiche: la scientifica trovò a terra una trentina di bossoli calibro 9, la metà dei quali andarono a segno.

Bruzzese non ebbe tempo nemmeno di rendersi conto di quanto stava succedendo, evidentemente non si aspettava di essere nuovamente oggetto della vendetta della ‘ndrangheta, dopo che nel luglio del 1995, a Cittanova (Reggio Calabria), allora 28enne rimase gravemente ferito allo stomaco in un agguato che costò la vita al padre Domenico, braccio destro di Teodoro Crea, il potentissimo boss di Rizziconi, e al marito di una sorella, Antonio Madaferri.

Girolamo Biagio Bruzzese, fratello di Marcello, nel 2003 sparò un colpo in testa proprio a Teodoro Crea: credendolo morto, si consegnò alla polizia, ma il boss riuscì a salvarsi e a Girolamo non restò altro che diventare collaboratore di giustizia per farsi proteggere.

Per gli inquirenti, dunque, l’omicidio di Pesaro fu una vendetta trasversale, nell’interesse della Cosca Crea, della quale Girolamo Biagio Bruzzese svelò interessi e intrecci. In tre anni d'inchiesta, infatti, non sono emerse relazioni tra i killer e Marcello Bruzzese, che nel 2008 già abitò per un breve periodo a Pesaro, per poi trasferirsi in Francia. Nella cittadina marchigiana tornò nel 2015, insieme alla moglie e ai due figli. Non aveva cambiato nome, tanto da stamparlo anche sul citofono di casa e renderlo facilmente rintracciabile.