Secondo l’accusa Francesco Gualtieri avrebbe agito «quale esponente della cosca mafiosa Catarisano». L’agguato eseguito con un kalashnikov, il pentito: «Qualcuno tradì la vittima»
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Il gup di Catanzaro ha rinviato a giudizio Francesco Gualtieri, 44 anni, di Borgia, accusato del duplice omicidio di Giuseppe Bruno e della moglie Caterina Raimondi avvenuto a Squillace il 18 febbraio 2013.
Secondo l’accusa, Gualtieri avrebbe agito «quale esponente della cosca mafiosa Catarisano» sparando con un fucile d’assalto kalashnikov (con matricola abrasa) contro i due coniugi, che si trovavano vicini alla propria abitazione, esplodendo nove colpi contro Bruno e un unico colpo alla testa, a distanza ravvicinata, contro la moglie Caterina Raimondi.
Il delitto – che verrà discusso davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro il prossimo 12 dicembre – rientrerebbe nella faida di mafia tra la cosca Bruno di Vallefiorita, di cui Giuseppe Bruno era esponente di vertice, e i Catarisano di Roccelletta di Borgia, per il controllo delle attività illecite. Il delitto è aggravato dalle modalità mafiose. Gualtieri, tra l’altro, è anche stato condannato in via definitiva per associazione mafiosa.
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L’imputato – difeso dall’avvocato Salvatore Staiano – è anche accusato di ricettazione aggravata per essersi procurato un fucile semiautomatico d’assalto, un kalashnikov calibro 7. 62x39 di fattura cecoslovacca con matricola abrasa, quindi di provenienza illecita. Sono riconosciute parte offese in questo procedimento, i prossimi congiunti di Bruno e Raimondi.
Di recente su questo omicidio si è espresso un nuovo collaboratore di giustizia, Sandro Ielapi, 49 anni, ex referente su Girifalco della cosca di Borgia Catarisano.
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Sandro Ielapi afferma che a organizzare l’omicidio sono stati in tre: Gualtieri, un autista il cui nome è omissato e lo stesso Ielapi che in quel periodo era sorvegliato speciale. Racconta che sono andati a far la posta alle vittime per diverse sere. «Nelle sere precedenti all'omicidio, noi ci limitavamo a guardare e non andavamo armati». Il 18 febbraio 2013 «siamo andati quella sera perché ci dissero che era quello il momento. È possibile che qualcuno tradì Bruno». Quella sera il commando era formato dai soliti tre e in più altre persone che attendevano in una macchina.