VIDEO | Dall'inchiesta della guardia di finanza ricostruita la presunta spartizione delle estorsioni da parte delle cosche di San Leonardo di Cutro. Gli imprenditori hanno confermato i dati emersi nell'indagine
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I villaggi turistici del litorale ionico crotonese schiacciati dalle asfissianti richieste di denaro da parte delle cosche della locale di San Leonardo di Cutro. È il quadro che viene delineato nell’inchiesta denominata Operazione ionica, condotta dalla guardia di finanza che ha portato, nella mattinata di oggi, all’arresto di 10 persone accusate di estorsione, usura e una serie di altri delitti aggravati dalle modalità mafiose. In carcere sono finiti Felice Falcone, Albano Mannolo, Alfonso Mannolo, Antonio Mannolo, Carmelina Mannolo, Leonardo Mannolo, Remo Mannolo, Carmine Ranieri, Giuseppe Trapasso e Fiore Zoffreo.
«Un disegno criminale – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip distrettuale di Catanzaro - che si dirama dalla località Barco Vercillo del Comune di Cutro (provincia di Crotone) sino alla località San Vincenzo di Sellia Marina (provincia di Catanzaro), in cui sussistono molteplici strutture ricettive/turistiche, in un tratto di costa di circa quaranta chilometri».
Le indagini svolte dalle Fiamme gialle, coordinate dalla procura antimafia di Catanzaro, ricostruiscono la presunta spartizione del territorio fra le varie ‘ndrine Sanleonardesi componenti la locale, per la divisione delle quote estorsive.
La spartizione delle estorsioni
«A ciascuna famiglia – sostengono gli inquirenti - è affidato un determinato villaggio/complesso turistico da cui ricavare illecitamente introiti estorsivi. In sintesi, dalle escussioni degli imprenditori è emerso un progetto estorsivo di ben più vasta entità rispetto a quanto registrato dalle investigazioni svolte nell’ambito dell’inchiesta Malapianta che ha stretto nella sua morsa, in modo quasi sistematico, tutte le strutture del litorale ionico soggiacenti a San Leonardo di Cutro».
L’imposizione del pizzo da parte delle cosche Sanleonardesi si estendeva a tutti i villaggi turistico della fascia ionica crotonese fino a quella catanzarese: dal villaggio turistico Serené Village di Crotone, al Santa Monica di San Leonardo di Cutro, Triton, Triton Villas e Sirio a Sellia Marina. Tutti dovevano pagare, senza sconti, una quota annuale.
«I dati probatori evinti dalle nuove investigazioni – secondo quanto si legge nell’ordinanza - in particolar modo dalle risultanze dichiarative, dimostrano incontrovertibilmente l’ingerenza operata dal “locale di San Leonardo” nella gestione di strutture ricettive - ricadenti nella “giurisdizione”, attraverso costanti vessazioni previdenti l’imposizione di proventi estorsivi. L’asservimento dei villaggi è la sintesi di un progetto delinquenziale condiviso dalle consorterie operanti nella “circoscrizione” criminale di Cutro, in cui la fazione mafiosa Mannolo, Trapasso, Falcone e Zoffeo è risultata operare».
Il pizzo ai fornitori
La locale di ‘ndrangheta di San Leonardo, secondo gli inquirenti, effettuata un serrato controllo territoriale sulle strutture ricettive ricadenti nella propria giurisdizione criminale, attraverso la «concretazione di un progetto estorsivo di vasta portata che involgeva non solo i conduttori, a diverso titolo, dei villaggi, ma l’intero indotto costituito dai fornitori di beni e servizi serventi i plessi turistici. La predatoria attività estorsiva non si limitava nella assunzione di introiti economici derivati dalle società conduttrici delle strutture ma anche dai vari fornitori di beni e servizi».
Le denunce degli imprenditori
A dare corpo e sostanza all’inchiesta, ci sono anche le dichiarazioni degli imprenditori che avrebbero dovuto versare quote annuali ai membri della cosca, senza possibilità di potersi sottrarre alle richieste, neanche quando in cassa i denari scarseggiavano.
«La richiesta mi è stata fatta da Zoffreo Fiore – racconta il gestore di un villaggio turistico agli investigatori - Per l’annualità 2018 sono stato costretto a versare la somma estorsiva attraverso il pagamento di una fattura, emesso dalla ditta individuale Zoffreo Fiore nei confronti del villaggio Santa Monica per dei lavori mai eseguiti e per un importo ammontante a 10mila euro circa, oltre iva. Preciso che tra il mese di luglio ed il mese di agosto 2018, vista la mia difficoltà economica, proposi a Zoffreo Fiore un lavoro all’interno della struttura Santa Monica a lui o ad un suo familiare, piuttosto che versare la quota estorsiva in contanti senza alcuna giustificazione, poiché impossibilitato».
«Lavoro?, No vogliamo i soldi»
«Rammento – aggiunge l’imprenditore - che non avevo neanche la necessità di doverlo assumere. Lo stesso, che in un primo momento mi era apparso consenziente, si allontanò per un breve lasso temporale, per poi ritornare da me e rappresentarmi che le cose dovevano rimanere per come erano state pattuite in passato, ossia con il pagamento di una somma di denaro contante in cambio di nessuna prestazione lavorativa. A questo punto feci presente a Zoffreo Fiore di non avere nelle casse aziendali la somma contante richiesta, motivo per cui non riuscivo a soddisfare le sue pretese. Tuttavia ZoffreoFiore, al fine di incamerare comunque la quota annuale, mi impose di pagare una fattura che lui avrebbe emesso, attraverso omonima ditta individuale, per dei lavori di ristrutturazione edilizia all’interno del villaggio Santa Monica. Ovviamente, così come già anticipato, i lavori non sono mai stati eseguiti e ho dovuto comunque pagare la fattura. Mi riservo di esibire, a riprova di ciò, copia della fattura emessa ed il bonifico effettuato».
Le minacce
Quella del gestore del villaggio Santa Monica non l’unica denuncia che si ritrova nelle carte dell'inchiesta. Drammatica quella di F. R.: «Nel 2014 i figli di Pepè Mannolo – spiega l’imprenditore vennero da me io gli dissi esplicitamente che non ero tenuto più al pagamento, in quanto la somma doveva esser corrisposta dagli affittuari. Ricordo che si presentarono presso la mai abitazione in Sellia Marina.... Suonarono ripetutamente al cancello. Vidi una macchina rossa, credo, con targa olandese. Uscii e vidi due uomini che non avevo mai visto prima. Si presentarono, urlando, come i figli di Pepè (Mammolo ndr) e mi chiesero con veemenza di corrispondere le somme dovute. Io mi spaventai, ma dissi loro che non dovevo pagare più io in quanto avevo concluso un accordo con i gestori, ed era loro a dover pagare. I due fratelli mi urlarono contro, dicendo che a loro non interessavano gli accordi e che dovevo pagare».
«Videro le telecamere – aggiunge - e se ne fregarono. In particolare uno dei due mi disse esplicitamente che a lui non interessava nulla delle telecamere. Io li invitai ad andare via. Tornarono altre due volte presso la mia abitazione intimandomi di pagare con toni intimidatori e minacciosi. Non ricordo le parole esatte anche perché gridavano per intimorirmi. La oro presenza intimoriva. Non li feci mai entrare nel perimetro della mia abitazione. Gridavano rimanendo fuori dal cancello, ribadendo il fatto che ero tenuto a pagare l’estorsione».